1977 aprile 4 Un grigio pareggio fra mille colori

1977 aprile 4 – Un grigio pareggio fra mille colori

TORINO – Ho assistito a un dramma, sia pure di vita minima.
Quello di un paio di bagarini che, un quarto d’ora prima del derby,
si aggiravano a offrire biglietti di curva con un lamentoso “2.000
lire, anche 1.500!” il che significa sottocosto. Dopo le quotazioni di
una tribuna laterale fino alla mattana di 200mila, i professionisti
dell’accaparramento sono stati vittima del battage di questi giorni
che invitava la gente a non andare allo stadio se sprovvista di
biglietto. La campagna di stampa ha allontanato gli illusi dell’ultima
ora e il “derby più importante delle vita”, come l’aveva per suo
conto definito Gigi Radice, ha per paradosso potuto ridursi a
minuscoli crack finanziari.
La tranquillità e i super-controlli del fuori-stadio sono stati cancellati
dal dentro-stadio: con un derby concitassimo e con una
coreografia che non capita tutti i giorni di cogliere, nemmeno a
Napoli o Roma, le città che più riescono a fare del calcio un
enorme teatro popolare.
I giocatori sono usciti da una lunga gabbia di rete metallica e non
avevano nulla di moderno, quasi portassero addosso invisibili
armature, da torneo del Cinquecento. Le bandiere del Torino erano
un grande affresco di sangue, dipinto da un Guttuso. Le fumate
arancione, le lunghe volute del cielo, i rissosi tam-tam, i fischi
come un vento, migliaia di braccia impugnate nell’aria, l’urlo di
massa, tutto riconduceva ad un misterioso senso di tribù perduta,
di rituale che sfugge alla ragione. Croci e bare, persino falli di
cartone sollevati verso gli avversari, hanno creato attorno al derby
una cassa di risonanza dove non c’era più tanto spazio per le
finezze dei giocatori.
Torino e Juve sono stati coerenti con l’habitat che li circondava.
Hanno giocato una partita a tam-tam, fatta di impulsi più che di
schemi, seducente nel ritmo non tanto nella classe. Una partita
che, con tanti occhi e tante telecamere addosso, aveva soltanto
una poltrona vuota: quella del vicepresidente del Torino, il
costruttore edile Giuseppe Navone, ancora in mano ai rapitori.
Tutto è stato colore in questa partita, fino ai guanti pistacchio del
portiere Zoff e al sanguigno berretto di Castellini. Di grigio, in
termini di classifica, rimane soltanto il pareggio. Anche se la Juve
si rallegra dello status quo che la vede leader nel ’77, l’ombra del
Torino non scompare. Nemmeno una certa stanchezza dei

tremendisti di Radice elide lo scudetto e, soprattutto, la possibilità
finale di uno spareggio!
Quel giorno sarebbe come rifare un derby senza appello, una
corrida dalla quale si esce stesi o con l’orecchio del toro nella
mano. Un derby da arbitro spagnolo, con nacchere e chitarre, vale
a dire soltanto un sogno perché i nostri tam-tam coprirebbero tutto.
Noi tutti della tribù-calcio ignoriamo lo spettacolo dello scudetto:
vogliamo soltanto vincerlo.