1976 febbraio 7 Primato del malcostume

1976 febbraio 7 – Primato del malcostume

Il Coni è un ente di diritto pubblico, i suoi dipendenti sono parastatali: la Fisi è una delle federazioni
affiliate al Coni; Mario Cotelli, dt delle squadre di sci alpino, è un dipendente della Fisi: non si
tratta di una sciarada ma di una puntualizzazione necessaria a sottolineare la responsabilità e ruolo
di alcuni organi e di alcune cariche dello sport italiano. La vicenda che in questi giorni ha visto
Cotelli scatenarsi contro i materiali da anni a disposizione della sua celebratissima “valanga
azzurra” si presta a molte interpretazioni e si concluderà soltanto dopo la chiusura dell’Olimpiade di
Innsbruck. Non va in ogni caso trascurato l’aspetto “politico” della polemica; aspetto che dovrebbe
interessare direttamente il ministero dell’Industria, il ministero del Commercio con l’estero e gli
stessi sindacati.

Quando Cotelli, sbagliando tempo e modo, brutalizza gli sci Spalding – Persenico, regolarmente
inseriti nel “pool” delle ditte fornitrici della Nazionale, non soltanto arreca un danno enorme alla
credibilità di quella ditta ma coinvolge nel danno tutta l’industria italiana che vede, per contrasto,
pubblicizzate con un abnorme trionfalismo l’austriaca Fischer o la francese Rossignol.

Tanto per restare alla Spalding – Persenico, il 55 per cento della sua produzione viene venduto
all’estero: Svizzera, Germania, Francia, Scandinavia, Giappone, Usa. Come dire che l’attacco
portato in maniera tanto grossolana, sull’insuperabile sfondo di una Olimpiade, ha riflessi che
toccano direttamente le esportazioni, la bilancia dei pagamenti, i posti di lavoro.

Non è un mistero per nessuno che lo sci coinvolge interessi enormi anche in Italia dove, dopo il
rallentamento per l’austerity e la scarsità di neve, si assiste oggi ad un sensazionale boom di tutto
ciò che si lega a tale sport. Non soltanto per una sorta di “lealtà” nei confronti del pool ma per
garantire una “voce” di rilievo nazionale nè Cotelli nè altri avrebbero dovuto aprir bocca a
Innsbruck. Semmai molto prima o dopo, con discrezione, classe e senso di una graduatoria di valori
del Paese.

Invece, dal j’accuse di Cotelli al titubante avallo di Vaghi (presidente della fisi) e di Onesti
(presidente del Coni), ognuno ha pensato ai fatti propri, alle proprie poltrone, ai proprio alibi come
se dietro quei gesti clamorosi non si celassero brutti rimbalzi sulla produzione italiana dei prossimi
mesi e anni. Tutto ciò mentre i cambi della lira sono chiusi e le esportazioni sono l’ultima ancora di
salvezza per la nostra economia. Ci vuole una buona dose di sventatezza e di asocialità per non
valutare appieno il peso di dichiarazioni come questa: “O gli uomini o i motori non vanno quindi
cambiamo i motori”, dove i motori sono gli sci e, naturalmente, ad andare benissimo sarebbero
soltanto quelli stranieri, da importare.

Nessuno che faccia le conferenze stampa per dire che le decisive solette della Fischer, Rossignol e
Spalding sono uguali, dello stesso mazzo fornito dall’Intermontana di Innsbruck e che dunque le
presunte differenze di rendimento nascono nell’utilizzo delle solette, nella sciolinatura, dunque in
apparati tecnico – organizzativi che soltanto i “radiati” di Besson. Anzi contestavano vivacemente
alla Fisi e che proprio Cotelli a suo tempo negò!

Per difendersi dal rischio di vedere i discesisti correre con altre marche, quelli del pool hanno
minacciato la pubblicazione dei contratti sottobanco, contratti che farebbero squalificare a vista
Thoeni e chicchessia. Il professionismo da noi ripetutamente denunciato viene a galla ritorsioni e

colpi bassi anche qui proponendo inquietanti interrogativi al ministro delle Finanze, in un momento
di stretta fiscale.

A Innsbruck vinceremo sicuramente delle bellissime medaglie, come quella di Plank, ma il record
del cattivo gusto l’abbiamo già battuto.