1975 settembre 26 Lo scatto inutile di Battaglin

1975 settembre 26 – Lo scatto inutile di Battaglin

Claudia Volpe Pasini, romana tra i vitigni dei colli orientali, ci accoglie
nella sua cantina versando delicatamente del Pinot. Il sottoportico è
rosso mattone, l’aria una forte mistura di bianchi in fermentazione.
Siamo a Togliano di Cividale, dopo un’ottantina di chilometri del giro:
il cielo è di pioggia ingrugnita, di precoce ottobre; i trattori e un tiro di
cavalloni portano carretti d’uva nera.
Questo è i momento rituale per il Friuli, il momento in cui oltre che
quotidiano fratello il vino diventa arte, sequela di gesti filtrati da
sempre e che, con insipida parola, chiamano produzione. In realtà,
qui ogni azienda imbottiglia un pezzetto di sé e della propria terra.
Giovanni Battaglin di Marostica parla un vicentino marcato, vive in
campagna, fuori asfalto, senza telefono. Queste cose le capisce
benissimo, si sente a proprio agio anche se ha definito “inadatto” il
percorso. La faccia rasata con pignoleria, le gambe che paiono di
Ugo Koblet, Battaglin fa un sorriso largo una spanna quando gli
rammentano che sarebbe un gran bene se a vincere fosse proprio lui.
E Battaglin ci ha provato più di tutti, anzi se c’è uno che questo giro
l’ha tentato in ogni maniera, è Battaglin. Quest’anno ha vinto otto
corse, la nona gli sarebbe andata bene anche come dono di nozze
visto che a fine ottobre sposa una ragazza di Fontaniva. Dalle parti di
Sequals, terra di Primo Carnera, ha tirato molto in testa; sul Bornass,
rifugio che evoca sciacquii di sorgenti, è passato quinto, gli occhietti
furbi, la schiena bassa.
In pianura, con il sole tornato maturo, Battaglin ha piantato lo scatto
per vincere. L’ho visto scansarsi con la silhouette dal bordo destro
della strada a sinistra, l’attimo tecnicamente più nitido del giro, ma gli
sono rimasti impegolati addosso in due, tra i quali un “vecchio” di
quasi 35 anni, che ha vinto.
Sceso dalla bici dopo lo sprint, Battaglin deve aver pensato ai chili di
sudore perduto, alla morosa senza regalo ma, forse, anche alla
stagione che finisce e che, per esser ricca d’umori e di nerbo
campagnolo, doveva per forza passare da queste parti, tra assaggi di
Pinot, carri d’uva, orizzonti di mosto.
Arrivederci, Friuli.