1975 gennaio 29 Da Rovigo una lezione di sport, da Trieste una lezione di demagogia

1975 gennaio 29 – Da Rovigo una lezione di sport, da Trieste
una lezione di demagogia

Dalla Serie A fino alla Terza categoria, cresce la violenza negli
football che si sottragga
stadi. Non c’è domenica del
all’imbrattamento della cronaca nera, ma il tossico si sta facendo
quotidiano, dalle partite agli allenamenti: è proprio di ieri il pugno di
Petrelli in faccia a un tifoso durante un’azione di disturbo alla
Lazio, rea di aver perduto ad Ascoli.
Il tema è stato oggetto anche di un’inchiesta del Sindacato
Calciatori: “processo al pubblico” dice un titolo dell’ultimo numero
del giornale di Campana, Il Calciatore. In uno dei servizi, un
giovane magistrato di Vicenza, De Silvestri, analizza i riflessi
penali del fenomeno di “deresponsabilizzazione” del pubblico.
Un fenomeno quest’ultimo, scrive il magistrato, “che per svariati
fattori (il sentirsi spalleggiato dagli altri, con i quali si ritiene di poter
dividere le proprie colpe, che pertanto sembrano sfumare, ovvero
la consapevolezza che, date le condizioni in cui si opera, con ogni
probabilità si riuscirà a non essere individuati e quindi a garantirsi
l’impunità) conduce l’individuo a commettere con maggiore facilità
azioni antisociali quando si trova inserito in un gruppo omogeneo,
come appunto accade nel caso di più sostenitori di uno stesso
Club”.
Personalmente non ho mai accettato la visione corporativa del
pubblico calcistico. Il pubblico degli stadi non è un’entità originale
che nasce e muore nello spazio di novanta minuti di partita. La
gente che paga per vedere calcio è fatta di uomini quotidiani, di
persone che portano allo stadio tutte le abitudini della Società
civile in cui vivono.
Il pubblico degli stadi è spesso violento, volgare, cieco perché
coagula nell’istinto di branco il ciarpame di una Società violenta,
volgare, ingiusta. In prospettiva e in profondità, per migliorare il
pubblico degli stadi occorre cambiare la Società: questo è il punto.
Il resto è illusione, come quelle società convinte, con l’appoggio
dato ai Clubs di tifosi, d’aver creato una sorta di blocco d’ordine,
una milizia della non-violenza. La recente, rabbiosa antitesi tra il
Torino e i suoi fans organizzati ha dimostrato che l’equazione non
è invece sempre automatica. Il tifo può diventare un’arma
addirittura a doppio taglio.
Il quadro non è roseo, anche perché molti dirigenti sono prigionieri
della demagogia più sfrenata. Come a Trieste dove, dopo il

fermata alle

teppistico assalto dell’arbitro da parte di un gruppuscolo di
spettatori, il Consiglio direttivo ha dato le dimissioni protestando
contro Rai e stampa piuttosto che contro i picchiatori, e dove,
incredibile ma vero, il presidente Belrosso dichiara: “la protesta si
intenzioni. Qualche vetro rotto, una porta
è
sfondata…” e, aggiungiamo noi, una
testata allo stomaco
dell’arbitro che riesce a mettersi
fuori
tiro soltanto perché
arciprotetto da giocatori, forze dell’ordine e dirigenti. “Intenzioni”,
per il presidente, sarebbero vetri rotti, porte a pezzi, testate e
caccia all’uomo!
Il quadro non è roseo ma non dobbiamo cader vittime dello
scoramento e del nichilismo. L’orizzonte non è tutto buio: gli
sportivi esistono ancora ed esistono anche i tifosi senza veleno. Ci
sono tifosi da ricordare come quelli, ed è soltanto un esempio
naturalmente, del Juve Club Bettega di Rovigo, presieduto da un
farmacista, Enzo Chiarato.
Oltre a organizzare trasferte al seguito della Juve, questo Club di
Rovigo ha istituito borse di studio per studenti meritevoli o
bisognosi delle scuole elementari, ha offerto un viaggio premio a
Belgrado per Juve-Ajax a uno studente meritevole accompagnato
da un familiare, ha aperto una sottoscrizione a favore di un
ammalato di reni e, a Natale, ha bandito un concorso tra gli
studenti delle terze classi delle scuole medie di Rovigo.
Un concorso che proponeva un tema da svolgere e che già nella
scelta del tema, testimonia una ricchezza veramente rara per un
Club di tifosi. Questo infatti il tema che ha avuto in Stefania
Rubello il miglior svolgimento: “Talvolta lo sport perde la sua
caratteristica di svago piacevole, appassionante ed educativo, per
assumere deprecabili forme di fanatica esaltazione, non tanto
imputabili agli atleti, quanto ad alcuni tifosi. Esponi le tue
impressioni…”.
In tutto ciò si legge stile, autocritica, lo sport non separato dalla
ragione. Da Rovigo parte una lezione: impararla o no significa
lievitare o degenerare il calcio.