1974 agosto 5 Tiriac ha battuto Tiriac

1974 agosto 5 – Tiriac ha battuto Tiriac

Giovanni Tiriac diresti che ammalato non può essere mai. È alto 1 e 85, ha un 44 di piede, i baffi sono
due rostri, quando ride sembra sfottere, quando è serio minaccia. Viene da una città rumena di 170
mila abitanti, Brasov, ed è professore di educazione fisica. “Che pezzo d’uomo” sussurra una
quarantenne al bar.
Ma il pezzo d’uomo ha la bua. Non la duodenite di certi macerati della letteratura. Una colica, una
colica delle reni, le redi che tengono in piedi, come due supplementari dorsali, i longilinei.
È una bua cronica, portata in giro da Tiriac negli Usa e in Europa. Tre ore e mezza di “doppio” sono
ormai troppe per quest’orso di pelo nero, 35 anni, soprattutto perché l’estate italiana ha posato al
Coppa Davis sui 40 gradi, umidissimi e senza aliti.
Dal “doppio” Tiriac era uscito con la zampa strascicata, le gocce di sudore sulle palpebre, quattro
chili lasciati sulla terra rossa del Tennis culb Mestre. Gli avessero garantito l’aria condizionata di
certe indoor non avrebbe fatto una piega. Invece, ieri notte si era alzato tastando le reni, aveva sentito
le vecchie fitte, vecchie quanto lui, croniche quanto il suo mestiere di tennista.
Ha presentato un certificato medico, Giovanni Tiriac, tentando di stare in albergo a vedere Barazzutti
in televisione. Ma nessuno gli ha creduto, né i dirigenti, né i medici, ne gli analisti di urine, né la
gente e, forse, nemmeno gli amici suoi se ne ha.
La faccia di Tiriac è una maschera. Di cultura latina, conosce Plauto, i fescennini, la mimica, i giochi,
le allusioni. Se sbaglia un tiro, allarga la mano come per dire “calma signori”. Se aspetta un servizio,
dondola tanto che non sai mai se smetterà. Se una palla sfiora i confini del campo, rifila occhiate
sbieche per dire “un momento che vedo io”. Non scatta mai, né quando gioca, né quando protesta: il
reclamo di Gardini è un tic nervoso, quello di Tiriac un brontolio pieno di scetticismo, goldoniano
senza saperlo.
Anche per questo, soprattutto per questo, nessuno gli ha creduto. E l’hanno tolto dall’albergo perchè
andasse a perdere, lasciando sul comodino il certificato medico. Forse è la prima volta che Tiriac non
ha fatto teatro, soffrendo i residui di un “doppio” che per Gianni Clerici equivale, in minuti giocati, a
quattro partite di football. Ma la “prima volta”, nella vita come nello sport, si paga sempre. E Tiriac
l’ha pagata in set perduti e in credibilità.
Quando Bertolucci uscì dal campo del “doppio” con i crampi, la gamba destra sollevata da terra e il
braccio aggrappato a una spalla amica, tutti l’abbiamo applaudito: “Con quel caldo, con quel terribile
set, povero ragazzo”, sussurrava Federica. A Bertolucci, toscano, avevamo concesso tutto, anche il
diritto di giocare soltanto il doppio, nl giorno dei suoi 23 anni. A Tiriac no, al vecchio orso di
Romania, “malato cronico” come rivela il suo manager, non siamo riusciti a regalar nulla.
Ci ha preso il rimorso dopo, dopo i 6 a 0 del tabellone, dopo la prova che forse avevano ragione lui e
quello sghignazzato certificato medico: “colica renale”.
Della sua Caterina, Henry James scriveva: “il fatto che non sia una stupida non le impedirà di essere
virtuosa”. Il fatto di essere accreditato come un commediante, personaggio più che atleta, ha invece
impedito a Tiriac di essere preso sul serio. Alla fine di tutto, di punteggi sminuzzati, come mani di
poker, anche una Coppa Devis può essere soltanto un fatto psicologico, un gioco della verità più che
di palle incrociate. Tiriac ha battuto Tiriac, non altri.