1973 settembre 27 Da Neruda a Valcareggi

1973 settembre 27 – Da Neruda a Valcareggi

“… nella mia patria / i minatori conoscono le carceri e i soldati /
danno ordini ai giudici.
Ma io amo anche le radici / del mio piccolo gelido paese.
Se dovessi morire mille volte:
io là vorrei morire.
Se dovessi mille volte nascere,
là vorrei nascere… ”
Sono versi di Pablo Neruda, violente a tenera voce del Cile, morto
qualche giorno fa in un ospedale di Santiago. nella stessa notte,
tra domenica e lunedì, la sua casa veniva saccheggiata, i suoi libri
bruciati. Cacciatori di ricordi? Militari? Estremisti?
Fisico nucleare, padre della bomba H
russa, membro
dell’Accademia sovietica delle scienze, Andrej Sakharov conferma
che, in Urss, i dissidenti vengono in gran parte trattati in cliniche
psichiatriche e drogati con l’Alopiridolo. Per la solidarietà verso
Solženicyn e Amal’rik, Sakharov viene interrogato e “avvertito”
dalla Procura di Stato, a Mosca.
Neruda e Sakharov sono due notizie distanti migliaia di chilometri,
distanti per il tipo di società, etnos e cultura. Ma sono notizie che
giorno dietro giorno testimoniano il saccheggio della libertà e il
riemergere di essa, nonostanti attentati e inquisitori. La libertà non
come slogan borghese, elettoralistico, ma come rischio, oltraggio
al Potere repressivo, modo elementare per cominciare ad essere
uomini e per tentare la grande libertà, quella dal bisogno.
Neruda e Sakharov non sono personaggi per pochi intimi.
Riempiono le pagine di tutti i giornali; entrano nel circuito di ciò che
dobbiamo sapere. Ma, nei giornali, cronaca quotidiana di vita, c’è
anche lo Sport. Voltando pagina, da Neruda a Sakharov, si arriva
dunque a Biasiolo, a Sogliano, a Boninsegna, per un’unica storia,
questa volta di rossore.
Il primo protesta per l’esclusione dal Milan-tipo, il secondo idem, il
terzo critica il Ct. per la non-convocazione in Nazionale. Nessuno
dei tre ha insultato qualcuno: le loro sono opinioni. Eppure
vengono puniti, non per ciò che hanno detto, ma soltanto per aver
detto qualcosa. Il Milan multa Biasiolo; Sogliano risibilmente ritratta
(“giuro che non ho parlato ufficialmente”); Boninsegna viene
“avvertito” da Valcareggi (“si sta pestando i piedi da solo”).
Mi chiedo: nel tempo in cui viviamo, un fatto accanto all’altro, una
pagina dietro l’altra, Neruda e Sakharov e Boninsegna in titoli

affiancati, è mai possibile che gente di sport non avverta la
vergogna per questa zona franca riservata alla meschinità: dove
proprio tutto è piccino piccino, la multa, la pressione psicologica,
football dette da un
l’intolleranza per quattro parole di
professionista di football, capace di votare, pagare le tasse, tenere
la famiglia e rispettare i codici? E’ mai possibile che la libertà, oltre
che stritolata un po’ ovunque, debba subire persino il ridicolo, che
non è soltanto del football ma un po’ di tutto lo sport italiano,
conformista e piagnone, refrattario alle salivazioni che non siano
gradite al potere?
Nemmeno l’essere testimoni a carico ci sottrae da una sorta di
fastidiosa complicità.