1973 novembre 8 Milan nei quarti con due gol di Bigon

1973 novembre 8 – Milan nei quarti con due gol di Bigon

Peccato che la televisione italiana non vi abbia mostrato questa
partita: un ambiente
infatti desolante, peggiore di quanto
sospettassi. Nonostante il basso costo dei biglietti, c’erano 5000
spettatori in tutto, dei quali 300-400 italiani. Uno stadiolo che basta
e avanza per il calcio austriaco in stato di pauroso tramonto. Ora si
capisce perché né il Rapid né nessuno vada al Prater: sarebbe
come giocare nel deserto. Allo spopolamento degli stadi
contribuisce la Tv che, per esempio, trasmette oggi due volte la
cronaca di Rapid-Milan.
Ieri pioveva, ora il cielo è secco e livido. Un freddo boia. Un vento
longitudinale. Tra campo corto e vento, chi capisce di tenere il
pallone a terra e di battere rapidamente a rete, ha già in tasca il 50
per cento della chiave tecnica del match.
L’arbitro è alla seconda partita importante della sua carriera:
comincia fischiando strane punizioni contro il Milan. Zignoli sta su
Lorenz, Sabadini marca Starek: questa è l’unica marcatura non
prevista. Il Milan parte con il vento a favore ma non prova a
sfruttarlo con lunghe botte, magari di Benetti. Gli austriaci lanciano
alto e il pallone beccheggia in aria con paurose frenate. Il Rapid
dovrebbe andare tutto rasoterra ma non lo capisce. Rocco toglie
Zignoli da Lorenz in fretta e lo dà ad Anquilletti: nei primi minuti,
stranamente, Zignoli gioca più avanti di Sabadini. In area, Dolci è
un martello, soprattutto di testa. Perciò Vecchi tocca il primo
pallone sul destro lungo del terzino Krauze, da fuori area. Il
contropiede del Milan cerca di svilupparsi rapidamente ma passa
quasi sempre sull’ultima rifinitura di Bigon, perfetto nello smarcarsi
ma impreciso: un paio di palle-gol le avrebbe potuto servire subito
a Rivera e Zignoli, non fosse stato per tocchi sbagliati di qualche
metro.
Rocco vede la partita da fondo campo: dove generalmente stanno
le panchine degli allenatori, siamo invece piazzati noi giornalisti.
Ed è questa la prima volta che mi capita di vedere una partita
importante come la vedono gli allenatori. Viste da qua, le facce dei
giocatori sono straordinariamente tirate: in particolare quelle di
Biasiolo e Zignoli. Il freddo intontisce le tibie e rende un po’ tutti
cauti nei tackle. Longilineo e nasone, con l’undici sulla schiena e la
posizione tattica dell’inglese Peters, Hof rifila però una bordata
carognina a Rivera: e il Gianni, impaurito dal ricordo-Riva, avverte
l’arbitro con un’espressione più eloquente di un discorso in russo.

Dopo mezz’ora vedo affaticato Schnellinger (che buca un rasoterra
molle). Rivera va un po’ a vuoto in cerca di una posizione
accettabile. Piano piano, Rivera si sposta nella postazione di
centravanti con Bigon a destra e Bergamaschi a sinistra. E’ con
questo triangolo che il Milan segna l’1 a 0, molto bello, anzi la
prima cosa esteticamente preziosa del match.
Rivera ruba un passaggio austriaco ed allarga un dribbling a
sinistra. Con uno slalom soffice come solo lui sa, Rivera smarca
Bergamaschi: e il veronese va dentro con quel suo slancio sottile
per il quale ne avevano fatto una specie di Riverino di provincia:
Bergamaschi calcia in diagonale e un terzino ribatte; Bergamaschi,
cadendo, riprende e mette ancora al centro dove Bigon, di
rarissimo fiuto-gol, batte in rete un po’ perplesso: forse pensava
d’essere in offside che, invece, non esisteva proprio.
La lezione è sempre la stessa: appena entra in orbita Rivera, il
gioco nasce e il Milan segna. C’è poco da fare: anche questo
passaggio ai quarti di finale di Coppa Coppe porta la firma dello
schema-Rivera.
Dopo l’1 a 0, Vecchi vola all’incrocio dei pali come non vedevo dai
tempi di Giorgio Ghezzi, evitando il pareggio di Starek su
punizione, ma è ancora il triangolo Rivera-Bergamaschi-Bigon a
fare in fretta il 2 a 0. Stavolta Rivera è all’ala destra: solleva una
punizione alta di destro. Bergamaschi si lancia toccando di piatto
sinistro, da campione, al volo: Bigon è ancora al centro, ancora
smarcato, ancora pronto a deviare dentro. Due gol veramente
gemelli e di grande intelligenza.
Dopo il primo gol, gli austriaci non ci stavano proprio a perdere e
hanno cominciato a picchiare. Rivera è finito di brutto proprio
addosso alla rete dietro la quale scrivevo: si è toccata la coscia
sinistra, con sospetto di stiramentino, sospetto per altro subito
superato con commozione di Bearzot (in tribuna) che deve
consegnare a Valcareggi un Rivera intatto per Inghilterra-Italia.
Nell’intervallo, hanno promesso premi speciali agli austriaci per
tentare il 3 a 2, con il vento a favore. Ma nemmeno il Ministero del
Tesoro avrebbe potuto far vincere questo Rapid dove tutti corrono
senza che si riesca a capire chi sono i migliori e chi i più modesti.
Paiono tutti uguali e forse lo sono: cioè soltanto atleti di scarsa
dotazione tecnica e privi di almeno un gioiellino. La loro insomma è
onesta bigiotteria di terza mano. L’unica pietra vera, era Rivera. Ci
ha messo un po’ a rompere il fiato ma, eseguita l’operazione, ha
dato la firma ai due gol e, nel secondo tempo, quando il ritmo ha

perso violenza, s’è dedicato a divertire il pubblico televisivo e a
farsi applaudire dai pochi infreddoliti spettatori.
Rivera sembrava fare della didascalie di calcio sul prato: questo è
il tunnel, questo è il colpo di tacco, questo è il surplace, questa è la
finta, questo il lancio smarcante, questo il disimpegno in difesa.
L’ho visto insomma imperiale regista del 2 a 0. Chiaro che, con
quel risultato e con quel Rapid, era anche abbastanza facile fare
da mattatore: ma ciò che ha mostrato è delizioso.
Nemmeno nel secondo tempo, la difesa del Milan è stata
veramente compressa. Vecchi ha toccato raramente il pallone e ha
rischiato gol soltanto per una battutaccia maligna di Anquilletti.
E’ stato un Milan gelato per pochi minuti: ma poi ben tosto e
sempre più organizzato. Sabadini centrocampista aggiunto è come
aver vinto già in partenza un po’ di partita. Ci fosse stata la ripresa
televisiva forse non vi sareste accorti molto di lui, ma il volume
della sua corsa è sempre stato altissimo; ha intercettato fra l’altro
su un sacco di gente, consentendo la cosa più importante: liberare
i polmoni di Rivera e non inciucchire Benetti. Non avevamo
sbagliato a intuire la tattica di Rocco e non ha sbagliato Nereo
lasciando perdere Turini e l’idea che i gol siano proporzionati agli
attaccanti di ruolo mandati in campo.
Era il Milan l’ultima spiaggia del calcio nostrano nel cartellone
europeo: il Milan non ha tradito la nostra fiducia. Il Milan,
tecnicamente parlando, vale tre Rapid. Ma, per vincere le
inquietudini di ogni trasferta europea, ha tirato fuori il solito
inconfondibile mestiere, esperienza e savoir-faire.
Tutto sommato, ha concesso al Rapid soltanto il primo quarto d’ora
e l’ultimo: cioè i pezzi di partita per gli umili, quelli nei quali si tenta
di vincere con l’aggressività e di recuperare con le ultime briciole
di orgoglio. Coppa a parte, questo 2 a 0 serve forse anche al
campionato: Rivera sta rifacendosi la spina dorsale ed è pronto
per Wembley. Dolci dimostra di valere più di quanto non siamo
abituati a concedergli. Bergamaschi, infine, ha perso qualche
battuta in chiusura di match ma ha offerto scampoli del suo vero
standard: è un giocatore di qualità non un oggetto misterioso
calato a San Siro dalla provincia. Avrà ancora molte cose da
imparare.
Il Milan salva insomma la faccia al calcio italiano e ritorna da
Vienna con qualcosa in più, per il suo sospiratissimo scudetto. E’
anche giusto che Vienna sia stata tanto generosa con Nereo
Rocco: una cortesia tra austriaci, no?