1973 marzo 26 Senza eredi l’abatino, la foca e il coniglio

1973 marzo 26 – Senza eredi l’abatino, la foca e il coniglio

Sono nati tutti e tre in agosto: Rivera sotto il segno del “Leone”,
Altafini e Corso sotto quello della “Vergine”. La prossima estate
Rivera avrà 30 anni, Corso 32, Altafini 35. Sono vecchi non
soltanto anagraficamente. Lo sono anche perché discussi e
vivisezionati, da sempre.
Vivere un’esistenza da “primi” ti spezza il sistema nervoso. In tutti i
settori della vita, gli “er più” pagano un prezzo. Quello del football è
il prezzo del divismo, secondo il quale nessun protagonista
appartiene a se stesso ed è invece una specie di “res nullius”, una
cosa di nessuno, quindi proprietà di tutti, uomo della strada,
tecnico, dirigente, giornalista.
Ma, nonostante età e logorio, restano loro, maggiorati del calcio
come Rivera Altafini e Corso, l’anima ingualcibile del campionato.
Gianni Brera definì Rivera “abatino”, per frigidità agonistica; Gipo
Viani chiamò Altafini “coniglio”, per vaghezza temperamentale; e,
recentemente a San Siro durante l’ultimo derby, ho sentito urlare
“foca” a Corso, per palleggi senza corsa. Nemmeno gli “er più” si
vedono sempre riconosciuta la loro cilindrata extra-lusso: eppure
mai come ora dobbiamo porci una domanda: chi dopo loro? Quanti
sono gli eredi?
“Rari”, risponde Sandro Ciotti. Rarissimi, risponde il campionato
che, domenica dietro domenica, cammina o sosta sempre perché
loro, vecchi fossilizzati “er più”, camminano o sostano. Gli esempi
di ieri sembrano uscire da un disegno della provvidenza pedatoria.
Rivera frustra HH e segna due volte, sommando 14 gol, quota da
match-winner di professione, più che da rifinitore, alla periferia
d’area. Applaudito a Budapest, Altafini tocca ancora a rete, ancora
di testa, ogni volta lasciando sull’erba uno dei radi capelli. E
Corso? Corso l’hanno lasciato a casa, perché lento, superato,
pleonastico, dannoso: l’Inter dei giovani perde 4-0, non aveva mai
perso tanto male, senza nobiltà.
Finché li abbiamo avuti tutti interi, non abbiamo perdonato nulla,
fino a spaccare ogni pedata al microscopio, non sempre
serenamente. Cominciamo a sentirli come indispensabili attori e
amici proprio ora, verso il tramonto. Oltre che rimpianto, il nostro è
unanime mea culpa. Lasciandoli un po’ più tranquilli, ci avrebbero
persino dato qualcosa in più? E’ un dubbio senza soluzione. Ma un
dubbio. Onora loro, più che noi.