1972 Ottobre 7 Abbasso i pigri

1972 Ottobre 7 – Abbasso i pigri

L’altro giorno, dopo l’allenamento di Varese, un cronista fa a Spinosi: “Ma lei ha giocato quasi
sempre in avanti, a destra”.

Risponde Spinosi, con fiatone: “Eh si, oggi ho fatto più l’ala che il terzino. Quanto ho corso!”.

Cronista: “E’ un modulo studiato anche per gli incontri ufficiali?”.

Spinosi: “No, no. In partita io non mi muovo dall’uomo. Mi becco l’ala di punta e via”.

Siamo in Lussemburgo, foyer dell’europeismo, per le prime pedate ufficiali della Coppa Fifa 1974 e
forse non è cambiato ancora granchè nel calcio italiano. La cosa più impressionante dell’ Ajax non
sono né Cruyff né Keizer, ma i terzini, lo stopper, il mediano. Non ci sono parassiti, “per carità, io
avanti? No, ho soltanto scherzato, non succederà mai più”, ci sono invece atleti che tengono fisico e
mentalità capaci di ridurre la tattica a molla piuttosto che a gabbia.

Non a caso, l’allenatore dell’Ajax è il danubiano Kovacs, della tradizione che nobilitò generazioni
di calciatori italiani dei due dopoguerra.

Se non importiamo assi (quelli che secondo Omar Sivori furono, per vent’anni, il succo del
campionato), almeno dovremmo importare le esperienze più constatate, come l’allenamento più
severo, gli schemi più disinvolti, la selezione atletica. Stamattina in pullman, mentre ci recavamo
allo stadio, uno dei nostri giovani trainer, Corsini, osserva: “ In serie A arrivano giocatori più maturi
che, da anni e anni, hanno sentito dire che è meglio risparmiarsi durante la settimana per dare il
massimo alla domenica! Con questa mentalità, è difficile per noi aumentare la preparazione”.

Ma se non lo aumenteremo e se non faremo lo sciacquo del cervello a ragazzotti come Spinozi, a
Monaco ’74 non otteremo nemmeno la metà di quanto un teologico catenaccio ottenne in Messico.
Nel ’70 il catenaccio era la nostra algebra quotidiana e in essa concentravamo tutta l’esperienza dei
giocatori. Nati per impedire il gol. Almeno in quello erano campioni. Tanto più redditizi quanto più
detestati dal pubblico di tutto il mondo.

Oggi i grandi bunker non li abbiamo più. Marchetti non è ancora Facchetti e Spinosi non sarà mai
Burgnich. Lo stesso Burgnich sopravvive, a 33 anni, con la pellaccia logora, e le ginocchia di
Rosato sono sempre più convesse. Il mediano brutale, cioè Bertini, è più svagato dell’ Ofelia
Shakespeariana. E, dunque, sarebbe anacronismo rivangare il passato, schemi avari che si
reggevano perché interpretati da scientifici battitori, tutti i figli di Armando Picchi, del quale
potrebbe essere ora rampollo autentico soltanto Bellugi, lanciato un giorno da Heriberto su
segnalazione di Invernizzi. Istruttore dei Boys dell’ Inter.

Un libero come Burgnich in Lussemburgo; entrambi i terzini rigidi con Spinosi e Bellugi; lo stesso
ritorno a Mazzola-Rivera di una decina d’anni fa, potranno anche andare come transizione. Ma
dubito che possano segnare l’ora di Monaco ’74. In difesa, riavremo fenomeni di parassitismo
tattico senza poter contare però su infrangibili panzer.

In attacco, e soprattutto in severe trasferte, avremo cinquantanove anni abbondanti ( Mazzola e
Rivera, appunto) di stile e materia grigia ma non di altrettanta durata motoria.

Netzer è, per esempio, questo e quello mentre, in Coppa Europa, bastò al Belgio un furente Van
Moer per plagiare il centrocampo di Valcareggi.

Tutto ciò che la Juve costruì di positivo l’anno scorso, lo costruì correndo di più e intaccando
l’avarizia tattica.

Nemmeno questa nazionale, che rema verso i Mondiali, potrà fermarsi qui, in Granducato. Dovrà
per forza approdare anche ai Fedele, Bianchi, Bigon, lo stesso Bettega, cioè a gente che sembra
meno inquinata dalla nostrana pigrizia, quella che potrebbe pizzicarci, non dico nel ’74, ma persino
a Berna, fra un paio di settimane.

Abbiamo i giocatori, non abbiamo gli schemi. Ma poiché questi ultimi si possono pilotare,
studiando e operando nei cervelli, lo spazio tra pessimismo e ottimismo è corto e lo possiamo
colmare.

Non si tratta di imitare a tutti i costi, per servilismo e inferiority complex, la Germania o l’Ajax.
Moralmente parlando, per esempio, non abbiamo nulla da invidiare ai deutsch: gli scandali, le
partite vendute, la classifica fasulla sono estranei al nostro criticatissimo ma onesto calcio. Noi non
abbiamo un Libuda che, due anni fa in Messico, giocò 49 minuti della “partita del secolo” ( Italia-
Germania 4-3) ed oggi viene squalificato a vita. Pur tuttavia, le altrui lezioni non vanno trascurate.
Nonostante la corruzione, il giardino del vicino è infatti tecnicamente più verde.

Per ora, intanto, facciamoci una solida differenza-reti con il Lussemburgo. Non fossimo in perenne
stato di precarietà sempre con una Corea a spasso nell’inconscio, una partita così dovremmo
giocarla per “procura”, rifiutandoci di picchiare un bambino.

Ma Valcareggi, conoscendo la Nazionale meglio di noi, sostiene che i bambini, nel calcio europeo,
non esistono più.