1972 agosto 31 Volevano segargli l’asta

1972 agosto 31 – Volevano segargli l’asta

“ Se c’è bisogno di donare sangue, vado all’ospedale anche con un’ora di anticipo sull’appuntamento,
ma se mi fissano un orario per l’allenamento, perchè dovrei rispettarlo?”. Questo è Renato Dionisi,
di Riva del Garda, uno di quelli che sfidano la forza di gravità con un’asta, sollevandosi di 5 metri e
45 centimetri, come gli accade un giorno a Rovereto.
Mark Spitz pare gemello di Omar Sharif; Dionisi rammenta vagamente Vincent Price, buon
caratterista del filone giallo-macabro, le labbra che escono dal pelo fitto di barbe coltivate con cura.
Nel clan italiano, Dionisi passa per “ matto ”. Dicono che è lunatico, disarionato, anarchico,
rompiscatole. Dicono che è la negazione di ogni programma. Poichè estrae dalla bocca tutto ciò che
tiene nel cervello, ha fama di piantagrane. I burocrati federali lo sentono come senape negli occhi.
Dionisi lo sa e sorride di gusto, palpebre strette e nervose: “ la cosa peggiore nello sport?
L’ignoranza e l’incompetenza di dirigenti, allenatori e organizzatori ”.
Gli americani hanno tirato in laboratorio un parametro ideale per l’atletica in gara: il 99 per cento
del risultato dipenderebbe dalla condizione agonistica, soltanto l’1 per cento dalla tecnica. Dionisi
ne è convinto, se “ condizione agonistica ” sta per carattere, e sostiene che soltanto un training in
“libero arbitrio” può consentire che il temperamento lieviti, individualmente, ogni atleta con le sue
fibre, dove nulla può essere standard, soprattutto tra assi.
In questo senso, rifiuta la regola monastica del cartello appeso sul portone: “ allenamento alle 16 ”.
Dorme molto, e il sonno lo definisce lavoro, perchè il recupero dalla fatica vale quanto la
preparazione, otto ore al giorno, da quattro anni, tanto che anche in Tv Dionisi ha dichiarato con
limpidezza: “ più dei risvolti economici, è questo obbligo di quotidiana fatica che ci fa veri
professionisti dello sport ”.
Il suo prototipo di donna bazzica, esteticamente, tra Senta Berger e Raquel Welch. L’attore che
stima di più, Paul Newman. Frequenta il quinto anno d’istituto per geometri.
Fa tre cose, soltanto quelle: asta, scuola e officina. L’officina dove smonta, rimonta, trucca e prepara
la sua Laverda 7,5 da mezza-corsa, un bestione da far paura anche se Dionisi dice di no, dice che
“nè la moton né l’asta gli hanno mai messo i brividi addosso”.
Avrà 25 anni il ventun novembre e ne dimostra qualcuno in più. La sua ragazza è Gloria, ventenne e
biondissima, del suo paese: “ un giorno – promette – ma un giorno che non conosco, andrò a
chiederle se ha voglia di sposarmi. Se dirà si, sulla Laverda ci starà anche lei ”. Legge di tutto
Dionisi, evitando testi d’impegno o il genere avventuroso prima dei grandi meeting, perchè la fronte
non s’arrughi togliendo concentrazione. Ora, tiene infatti sul comodino “ l’allevamento dei gatti ”,
un manualetto preso alla biblioteca del villaggio.
Ama gli animali, tutti, molto: “ m’insegnano un sacco di cose ”, confessa. In casa, tiene gatti e cani
preferisce i primi per l’indipendenza che conservano, forse perchè sono anche fratelli suoi, lui che
nell’habitat olimpico sta a pelo ritto, da ingabbiato. Il piatto che gusta di più sono gli spaghetti. Non
beve Coca-Cola, e sceglie vini leggeri, per esempio il marzemino.
Ha tre sorelle e il padre fa il custode di una villa. Dionisi non sa spiegare perchè da ragazzo abbia
scoperto proprio l’asta ma, concreto qual è, sa dire perchè fu carabiniere durante i quindici mesi di
leva: “ un po’ perchè lo erano stati papà e uno zio, un po’ perchè solo nel loro corpo o nelle Fiamme
Gialle potevo guadagnare 85-90 mila lire al mese ”.
Tesserato con il centro sportivo Fiat, spera invece che sarà Gianni Agnelli a trovargli la busta-paga,
domani.
L’ungherese Peter Kelemen, campione mondiale di Pentathlon, disse tempo fa che “ lo sport
proporziona la soddisfazione alle difficoltà da superare ”. Se è questa la misura dello struggimento,
Renato Dionisi dovrebbe essere il superman più soddisfatto del mondo. Alto un metro e 80, peso-
forma 75 chili, viene infatti ritenuto da molti il miglior artista del mondo ma, da qualche anno, il
dolore irrigidisce il tendine d’Achille, ad entrambe le gambe.
Non c’è rincorsa che non lo abbia trafitto, non c’è stacco che non gli abbia segnato il viso, non c’è
mai stato nulla di facile per lui, nulla che non sia degradato in sofferenza. Forse per tale ragione, a

un collega che gli proponeva Giacomo Agostini come “ campione ideale ”, stamattina Dionisi ha
risposto no, spiegando: “ Agostini ha avuto vita troppo facile. Non è sacrificio la vita d’atleta o
l’allenamento: sacrificio vero diventa quando devi vincere, oltre alla fatica, anche la malattia,
l’incidente ”.
Se ora sta qui, all’Olympia Park di Monaco, il merito va esclusivamente ad uno specialista
argentino, il dottor Oliva, chiaccherato e discusso soprattutto per invidia, eppure soltanto lui capace
d’intuire la radice reumatica del male, guarendo al 100 per cento il tendine destro e al 90 per cento
( lieve dolenzia in pre-riscaldamento) il sinistro.
Estroverso e di debordante umanità, Oliva ha ottenuto questi risultati anche perchè di Dionisi
divenne amico quasi prima che medico curante. Solo con lui, Dionisi ha scoperto che la medicina
non si esurisce nella ricetta e oggi riesce persino a sperare che, “ sano, sano, sano ” potra essere
proprio lui, di Riva del Garda, l’uomo che entro un anno salterà l’asticella a cinque metri e settanta,
limite possibile.
Infilata in una cassetta di profondità per svellerti verso il cielo, l’asta è lo strumento più torturato
dalla tecnologia atletica, perchè elasticità e velocità angolare possano ridurre un uomo di 75 chili al
peso di un foulard. L’asta di Dionisi viene fabbricata a Kansas City, modello Cata-pole, lunga sedici
piedi, che sono 4 metri e 88. Appartiene alla categoria delle “ aste nere ” che proprio oggi la
federazione internazionale ha scelto per Monaco.
Vengono dunque escluse le “ aste verdi ”, pure queste in fibra di vetro, ma dall’impugnatura di
minor diametro e dal peso inferiore di allmeno due etti: caratteristiche che valgono almeno cinque
centimetri di elevazione in più.
Viene eslusa anche la celeberrima asta al carbonio, unico esemplare!, dello statunitense Bob
Seagren, l’asta dei metri 5 e 63 saltati quest’anno. Oggi, al villaggio, il biondo Seagren portava il
muso duro di chi ha perduto non uno strumento ma una “ persona ”.
L’asta è un paradiso di eletti. Quando li vedi volare, ti appaiono tutti uguali, tutti catapultati alla
stessa maniera. Ognuno invece inventa un suo stacco, un suo stile. “ E, in quei pochi secondi, dopo
la lunga rincorsa, – racconta Dionisi- sali in trance, salti in automatismo, non pensi nulla, non
modifichi nulla. Soltanto quando ricadi sul materasso, il cervello riprende a funzionare ”.
Un vuoto della memoria nel quale sono dei loro svedese Isaksson, Seagren e il tedesco Nordwing
che Dionisi, senza simpatia per i deutsch, giudica “ gentleman e molto vicino alla medaglia d’oro ”.
Un giorno, all’Arena di Milano, trova tutto sbagliato, pedana e “ ritti ” sui quali si regge l’asticella:
Dionisi rifiuta il meeting. Non ha mai instaurato un rapporto con il pubblico, refrattario agli atleti
che si sottraggono in qualche maniera alla dittatura di massa. “ In italia – osserva Dionisi – il
pubblico valuta tutti secondo il clichè di un Riva, cioè del calciatore: auto, scherma o asta che ci sia,
il pubblico guarda e chiede con i paraocchi del calcio. Perciò, non lega con me, che rifiuto gli
obblighi del professionismo più brutale ”. Come dargli torto dal momento che un giorno, al reparto
spedizioni della stazione ferroviaria di Milano, insistettero nel chiedergli di segare le aste, troppo
lunghe per il trasporto?
Con un tendine al 90 per cento e una coscia indolenzita da una caduta sul tartan, Renato Dionisi
aspetta le qualificazioni, alle 10 di venerdì. Se l’asta lo butterà in alto, leggero come un giorno a
Rovereto, la finale di sabato lo avrà li, atleta ricco di sole come la sua vigna, atleta d’ormoni, mai
abatino, sempre reagente.
Dicevano i greci: “ Non è bello invecchiare che a Sparta ”. Lui, salendo sul jet del ritorno, liscierà la
barba pensando che “ è bello invecchiare soltanto sul Garda ”.
Allora, soltanto allora, vincere o perdere sarà soltanto risultato, non più ossessione.