1968 marzo 9 E se Nino avesse perduto?

1968 marzo 9 (Il Gazzettino)

E se Nino avesse perduto?

La notte del Madison è spenta e lontana. L’America ha sposato Nino Benvenuti. La copertina del
« Life » è sua. I set di Hollywood sono suoi. Il più potente « clan » degli Usa, quello di Sinatra, è
suo. Sotto il sole della Florida nulla è vietato e inarrivabile per il nostro campione. E l’Italia, Trieste,
il pubblico italiano, i managers europei lo aspettano. Ha vinto la « bella », è mondiale, è il re, nella
categoria che fu del favoloso pugile-ballerino Ray Sugar Robinson. Un giornale si chiede nel titolo
di ieri: « Lire o dollari? », per Benvenuti. Non c’è proprio nulla che manchi alla sua straordinaria
rivincita su Emile Griffith, il massacratore del povero Paret.

Ma se avesse perso? Se alla nona drammatica ripresa non gli fosse riuscito quel doppio sinistro
da manuale alla mascella del negro? Se Griffith, nella violenta reazione finale al k.o., avesse
raggiunto un punto in più nel taccuino dell’arbitro e dei giudici? Che ne sarebbe oggi di Benvenuti?
Lo sport non è fatto di ipotesi e di interrogativi, ma nemmeno il risultato lo esaurisce. Dietro la
facciata restano ombre che i flash del trionfo infittiscono piuttosto che illuminare.

Ricordiamo ciò che scrisse un inviato italiano a New York qualche giorno prima dell’incontro:

« Se Nino batte Griffith lo batte nonostante la stampa italiana. Se Nino becca, sarà colpa della
stampa italiana ». Crudo, ma chiaro.

Se Benvenuti avesse perso per un sinistro in meno, oggi il campione sarebbe sul banco degli
imputati. Per mesi avremmo assistito al linciaggio. I capi d’accusa sarebbero stati numerosi e
soprattutto quelli extra-sportivi. Benvenuti non sarebbe, è stato detto e scritto, più nessuno. Per un
sinistro in meno. La sua « immensa» tecnica e intelligenza, il suo carattere, il suo stoicismo
nell’assorbire i colpi scorretti della ricciuta e ruvida testa di Griffith, sarebbero stati cancellati da un
gigantesco fumetto. Questa è la lezione triste del match. Un ring-giungla che in 45 minuti di
combattimento fa un atleta re o rottame. Una giungla della quale tutti siamo un po’ colpevoli,
pubblico e critica, quando mutiamo connotati allo sport e lo vogliamo dramma a tutti i costi, lotta
per la sopravvivenza. In fondo, sul, ring del Madison, che è un 30′ di tutti noi, la figura patetica è
proprio Griffith, l’ex-idolo delle Isole Vergini, costretto, per un sinistro in meno, a mendicare un
quarto incontro, come un pugile suonato e scaricato. E’ una lezione che pub servire anche al nostro
grande campione.