1968 gennaio 5 Tuttosport Boninsegna invoca il film

1968 gennaio 5 (tuttosport)

Il Cagliari all’amara ricerca d’una verità forse inutile (salvo che Bernardis modifichi il suo
rapporto)
Boninsegna invoca il film

“Non ho messo le mani addosso all’arbitro” – Le testimonianze di Rizzo, Vescovi e di un
giocatore del Varese – Il ricorso della società sarda (oggi a Como Lombardi e Arrica) si
baserà sulla “non aggressione” – Il mistero delle colpe di Cera

COMO, 4 gennaio
« Esaminati gli atti ufficiali; premesso che… in particolare detto giocatore, fermo a distanza
ravvicinata dall’arbitro stesso, afferrava questi per il colletto del giubbotto e della camicia;
…delibera di infliggere al giocatore Boninsegna (Cagliari) la squalifica per undici giornate ».

Ecco, il punto è questo. Lasciamo perdere il resto, le proteste, le ingiurie, il presunto rifiuto di
rientrare, dopo l’espulsione, negli spogliatoi. Il movente, regolamentare e giuridico della squalifica-
record inflitta del giudice sportivo della Lega, avv. Alberto Barbè di Novara sta in questo
atteggiamento aggressivo, violento e inusitato di Roberto Boninsegna. E’ su questa precisa
contestazione che si basano tutti gli stupori, le reazioni, il pessimismo dello staff, della squadra e
del pubblico di Cagliari.

Cerchiamo allora di ricostruire il “pasticciaccio” accaduto a Varese domenica scorsa, riportando
innanzitutto la testimonianza diretta dei quattro quotidiani sportivi rappresentati quel giorno in
tribuna-stampa.

Stadio di Bologna: « Boninsegna allora si catapulta verso l’arbitro reclamando il calcio di rigore

e l’arbitro espelle ».

Corriere dello Sport di Roma: « Il centravanti sardo, comunque, ha inseguito il direttore di gara

per protestare violentemente e Bernardis lo ha espulso dal campo senza tanti complimenti ».

Gazzetta dello Sport di Milano: « Aveva solo protestato, pare garbatamente, per un mani in area

che francamente a noi era sfuggito (ma, non pare, a qualche difensore del Varese) ».

Tuttosport: « Espulso Boninsegna per proteste al 47′ della ripresa (e cioè in fase di recupero, nel

momento in cui i cagliaritani reclamavano un rigore per un mani in area di Borghi) ».

Dell’arbitro, dunque, afferrato per il colletto del giubbotto e della camicia, nemmeno l’ombra, il
sospetto: dall’ottimo posto di osservazione della tribuna-stampa di Varese, il fatto non fu contestato
da nessuno.

A questo punto lasciamo la tribuna-stampa e andiamo in campo. Registriamo con fedeltà
assoluta la versione telegrafica di un difensore, attendibile, del Varese che, in campo, ha assistito da
vicino, molto da vicino, alla scena incriminata. Il giocatore (per comprensibile “spirito di categoria”
nel confronti del collega Boninsegna) ci ha pregato di non rendere noto il suo nome: « Sull’azione
del Cagliari — ha detto — ho sentito fischiare l’arbitro ed ho capito subito che stava scoppiando un
violento litigio. Noi del Varese siamo tirati buoni in disparte, in attesa degli eventi: ho sentito che
Boninsegna insultava l’arbitro e poi gli portava una mano alla giacca. Non so e non ho visto altro ».
Questa testimonianza, testuale e autentica, darebbe implicitamente ragione all’arbitro Bernardis e
quindi al giudice Barbè. Ma, a questo punto, si cozza contro il muro delle testimonianze dirette,
forti e convinte del protagonista (Boninsegna), di testimoni oculari quasi-protagonisti (Vescovi e
Rizzo), dell’allenatore della squadra sarda (Puricelli), del segretario della società (Re): tutti testi che

abbiamo interrogato al ritiro pre-Torino del Cagliari: hotel Continental di Como. La prima
obiezione a queste testimonianze è elementare: sono tutti interessati a minimizzare per rimediare,
magari, una sensibile riduzione della squalifica in appello. Giusto, però c’è un limite alla menzogna
« a scopo di bene », anche perchè non è lecito dubitare quando Rizzo, per sottolineare la verità,
giura, come ha fatto, sulla madre o lo stesso Boninsegna chiede che la società, il Cagliari, lo aiuti
per procurarsi il film alla televisione. Raccogliamo comunque le reazioni.

Franco Rizzo: « C’era stato un traversone di Longoni, Boninsegna lo aveva girato di testa verso
Nenè che stava a cinque metri dalla porta: ma sul colpo di testa, Borghi deviava con la mano a
mezz’altezza. Io, a questo punto, ho avuto anche la sensazione che il segnalinee avesse sbandierato;
comunque, negli spogliatoi, tre del Varese ammettevano il fallo di mano. Io e Boninsegna ci siamo
girati allora verso l’arbitro e lui gridava: continuare, continuare! Forse io urlavo più di tutti, ma Bob
andava verso l’arbitro e gli diceva: arbitro, è rigore!; Bernardis rispondeva: « Fuori, fuori »! e Bob:
« Disonesto! » e qualche altra parolaccia. Ma giuro su mia madre che non gli ha messo le mani
addosso! ». Detto per inciso, sappiamo che sul piano verbale è stato più pesante Rizzo di
Boninsegna: misteri dei rapporti-arbitrali (non dimentichiamo, nemmeno per un istante, in questo
come in analoghi episodi, che il giudice decide in base ai rapporti).

Nel rapporto di Bernardis è contestato a Boninsegna anche il fatto di essersi rifiutato di uscire dal

campo, tanto che, per farlo, « intervenivano il capitano della squadra ospitata e i giocatori di
questa ». Lo stopper Raffaele Vescovi racconta a questo proposito: « Quando Boninsegna ha sentito
il « fuori » dell’arbitro ha dato del disonesto a Bernardis: allora io l’ho preso e l’ho trascinato via.
Mentre facevo questo lui continuava a ripetere insulti; ma non c’è stato altro. Se n’è andato, tanto
che io gli dissi: ormai è finita la partita, vai! Nessuna aggressione, comunque ».

L’imputato, Roberto Boninsegna, ha una faccia gialla, gli occhi cerchiati, un’espressione
bastonata. Ma è sicuro di sè quando parla dell’episodio che con tutta probabilità lo terrà in
aspettativa sino a marzo o, nella migliore delle ipotesi, sino a fine febbraio. « Ti racconto, al
millimetro: Borghi fa il fallo di mano grande come una casa. Corro dall’arbitro, gli urlo: « Ma
questo è rigore! », neanche una sillaba in più. Lui mi fa fulmineo: « Fuori, fuori! ». Io lo guardo
sbalordito: « Come?! », « Fuori! » ripete lui, ed io: « Lei è un disonesto! ». A questo punto Vescovi
mi mette una mano sulla bocca e mi trascina via mentre io urlo altri quattro o cinque insulti e anche:
« La via degli spogliatoi la so da solo! ». Adesso mi dicono che io sono stato portato via da quelli
del Varese perchè non volevo andarmene: non è vero, io stavo ancora andandomene piano, quando
l’arbitro aveva già comandato la ripresa del gioco! ».

Chiediamo a Boninsegna tutta la sincerità possibile sulla presunta presa al colletto: « Mani
addosso no! — ribatte con accanimento —. Può darsi che, aprendo le braccia in segno di sorpresa
per l’espulsione, lo abbia toccato con una mano, non so, al massimo al braccio, comunque non
ricordo , nemmeno questo, ma di sicuro non l’ho preso per i vestiti, mai! Non sono mica pazzo! Io
comunque, se la società mi aiuta, vorrei che si guardasse il filmato della televisione! Quello
dimostrerebbe se dico il vero o il falso. Io ho sbagliato, e pagherò in tutti i sensi, anche se non si sa
ancora quali saranno, e se ci saranno, sanzioni anche da parte della mia società, ma io dico che
l’arbitro non ha fatto nulla per capire la situazione: mancavano pochi attimi alla fine, noi si perdeva,
vedo un fallo di mano in area; d’accordo, posso aver visto male, ma cosa ho detto in fin dei conti?
Rigore!, ho detto e lui mi espelle! Ma Bernardis è fatto così: è quello che ha espulso Riva a
Mantova e poi, l’anno scorso a San Siro, con l’Inter, quando io cado a terra cinturato da Sarti, e lo
hanno scritto tutti!, mi grida: « Non faccia la signorina! » Bernardis ti ride in faccia, ti tratta come
un pezzo di carta… Io non so! ».

Nota bene: questa è la terza di squalifica nella carriera Boninsegna, ma è la prima volta che la
motivazione è riferita ad un comportamento di ribellione all’arbitro. La prima (due anni fa, quando
giocava nel Varese) fu motivata da gioco scorretto e quella recente (6 dicembre scorso) per fallo di
reazione nei confronti del portiere della Roma, Ginulfi. Su questo piano, quindi, non c’è recidività.
Ettore Puricelli è choccato, incredulo, preoccupato: per l’allenatore non esiste soltanto il
clamoroso… undici di Boninsegna, ma pesano anche tremendamente le due giornate di Pier Luigi
Cera, ancor più inattese (nella sostanza, si intende, non certo nella misura). Fra l’altro il Cagliari non
ha riserve, è la verità, ma ha gli uomini contati: contro il Torino, Hitchens sostituirà Boninsegna e il
giovane Nicolai sostituirà Cera, ma se, per disgraziata coincidenza, dovesse mancar e all’appello
qualche altro, chi metterebbe in campo Puricelli? L’unico a disposizione è la mezz’ala Badari,
ventunenne proveniente dalla Reggiana! Tiddia infatti ha ripreso soltanto da dieci giorni dopo il
grave incidente.

« Andrò a Città del Capo a farmi mettere un altro cuore! », ha scherzato Puricelli quando ci ha
visti, ma poi, molto serio, ha dichiarato: « Io sono d’accordo che Boninsegna ha commesso un grave
errore che non doveva fare, però l’arbitro è un giudice e un giudice dovrebbe essere un po’ più
umano nei suoi referti. Di partenza sono convinto che sono tutti in buona fede, magari hanno un
titolo di studio e, come nel caso specifico, esperienza di anni: allora uno deve sapere anche
calcolare il momento in cui si trova un giocatore. Boninsegna ha torto, ma la pena mi sembra
eccessiva, incredibile! Quanto a Cera… aspettiamo il rapporto arbitrale integrale, che abbiamo
chiesto, per conoscere la motivazione della squalifica: nemmeno lui lo sa bene ».

« Non crede che il Cagliari, ricordiamo anche le reazioni di Riva con Pugliese e Casati, sia

troppo nervoso in generale? Anche Nereo Rocco, l’altro giorno, fece questa diagnosi ».

« Lasciamo stare Riva! — esclama Puricelli — Riva è un grande giocatore, nervoso come altri
grandi giocatori: Sivori, Altafini, sono calmi forse? Solo che loro giocano là e noi… qua! E’ vero,
una squadra deve saper perdere, è una qualità morale, ma certe volte ci sono dei… ” perdere ”
difficili da digerire! Boninsegna, la società lo toccherà nei soldi, credo: deciderà la società che, se
vorrà, mi interpellerà, ma non parlatemi di squadra nervosa sempre! Per carità! E Rocco non mi
venga a dire di calma, di camomilla, sennò io dico che tra Rivera e Schnellinger, a Cagliari, è
successo di tutto! Un errore non coinvolge tutto un anno. Ma non parlatemi di indisciplina al
Cagliari: quest’anno c’è molta più calma, più disciplina e armonia che nel passato! Ve lo dico io:
quella è la vita del Cagliari di Puricelli! ». E indica con la mano destra tesa un foglio bianco
incollato al muro della hall dell’hotel. Sta scritto: ore 9 sveglia; ore 9,30 colazione; 10 passeggiata;
1,30 pranzo; 14 spogliatoio; 4,30 in campo; 19,30 cena; 2,30 ritirata. Poi, sotto, « nessuno può
allontanarsi dall’albergo senza il permesso dell’allenatore: firmato Puricelli ».

Guarda e aggiunge: « A Torino saremo pari! A Fabbri mancano Combin e Poletti, a noi

Boninsegna e Cera! Ma Hitchens è un grosso giocatore… ».

Ettore Puricelli pensa già alla partita di domenica prossima (e all’Inter subito dopo!), ma quali

sono, sul caso del giorno, le decisioni della società sarda?

Per domani è annunciato l’arrivo a Como dell’amministratore unico (nominato il 18 novembre
scorso in attesa del Consiglio da eleggere ai primi di febbraio) ing. Giorgio Lombardi e di Andrea
Arrica. Verranno interrogati Boninsegna e Cera per offrire all’avv. Bellu, legale e probabile
consigliere della società, gli elementi per il sicuro ricorso che si baserà sull’esclusione
dell’aggressione all’arbitro. Saranno presi eventuali provvedimenti economici e disciplinari nei
confronti del giocatore che, in ogni caso, si è comportato in maniera del tutto ingiustificata e
condannabile, ma si vuole anche sottolineare che la società è contraria al concetto della punizione al

Cagliari come « lezione » che serva sul piano di una politica generale. Questa, va respinta. Ce lo ha
sottolineato con garbo anche il segretario della società, Matteo Re.

Pesa su tutto, questa è la riserva, l’ombra di decisioni che non creano mai una prassi equilibrata,
ma anzi la frantumano: che ne è stato infatti della plateale cintura di Vavassori a Di Tonno a San
Siro (25 mila lire di ammenda!)?, o delle plateali proteste di Bedin a Torino?, o della gigantesca
strattonata di Lodetti a D’Agostini nel derby di tempo fa? Nulla, i rapporti tacciono, nonostante gli
inviti di Stacchi. Solo quello di Bernardis ha detto tutto, proprio tutto, in una giornata nella quale,
stando all’affrettatissimo viaggio che fece per giungere all’ultimissimo momento a Varese, non
dev’essere stato in gran forma, fra l’altro con panini e birra trangugiati in gran fretta alle 12,20 circa
alla stazione Porta, Garibaldi a Milano (cosa si direbbe se si trattasse di un giocatore? Un arbitro
non deve forse correre, al freddo, per novanta minuti?).

Per chiudere, registriamo le dichiarazioni di Cera: « Ho avuto un’ammonizione con diffida per
proteste otto partite fa: per questo è da tempo che sto zitto, non apro bocca e sto attento. Quando
sono uscito da Varese mi sono detto: anche questa volta è fatta! Poi mi ritrovo due giornate e cado
dalle nuvole perchè io con l’arbitro e segnalinee non ho mai parlato! Anzi, una volta sola con
l’arbitro, quando Picchi ha buttato via una palla per perdere tempo ed io ho detto a Bernardis: “Ha
visto cos’ha fatto Picchi?”. Lui mi ha risposto di brutto: “Lei che c’entra?!”, ed io, terrorizzato, ho
chiesto subito scusa. Dicono che il segnalinee ha sentito mentre uscivamo una frase che dicevo a un
compagno, io non so ».

Lo sappiamo noi: Cera usciva con Greatti. Greatti, sottovoce, sembravano soli, gli disse: « Non
ne ha fischiata una giusta! ». Cera aggiunge: « Roba da dilettanti! ». L’orecchio di una giacca nera,
a tempo scaduto, captò anche quello. Sul campo di Varese non e proprio sfuggito nulla.