1968 Gennaio 12 Tuttosport Varese e le stelle stanno a guardare

12 gennaio 1968 – La 3°pagina
Breve storia di una società salita, grazie alla programmazione di Borghi, alla ribalta del calcio
nazionale

VARESE… e le stelle stanno a guardare

Dal nostro inviato

Varese, 11 gennaio
«Varese è l’apice dell’intraprendenza lombarda. La ricchezza non è dovuta a privilegi
naturali, giacchè il suo territorio è in buona parte collinoso e montuoso e di fertilità mediocre.
Eppure per ricchezza, Varese è la quinta provincia italiana, la prima in Lombardia dopo Milano, la
prima d’Italia tra quelle che hanno per capoluogo una città minore… E’ una provincia ricca,
vivace, dal clima piacevole, la cui popolazione aumenta a vista d’occhio per gli immigrati…
L’unico extra di Varese, è un po’ di contrabbando con la vicina Svizzera… ». Così scrive Guido
Piovene, nel suo splendido «Viaggio in Italia ».

Oggi il calcio scopre il Varese come entità reale, e non si può sfuggire a queste premesse di
fondo per inquadrare il « fenomeno». A 90’ dalla conclusione del girone d’andata del Campionato a
16 squadre, di serie A, questa città di 60 mila abitanti è l’oasi provinciale, il bicchiere di cristallo in
mezzo ai colossi d’acciaio. Il trust delle grandi, il monopolio dello scudetto, ha la puzza al naso,
snobba l’invadente, lo applaude e sorride, ma con una guancia sola. In fondo quel secondo posto, le
inchieste, i titoli, i flash di prima pagina, risvegliano gelosie e soprattutto – anche se non confessati
– timori di confronti. Questi gli uomini, questa la campagna acquisti, questa l’impostazione:
risultano 17 punti su 28 a disposizione. Tre più dell’Inter del miliardo e duecento spese su
commissione di Helenio Herrera. Tre più del Bologna di Haller, favoritissimo alla partenza. Due più
della Fiorentina. Uno più della Juventus dello scudetto.

«Varese apice dell’intraprendenza lombarda», scrive Piovene, e sembra parlare del Varese
Football Club. La preistoria dice :« il 22 marzo 1910, in Varese si costituisce la società per il gioco
del calcio, col nome di Varese Football Club. Lo scopo della società è lo sviluppo del gioco del
calcio ed altri giochi all’aria aperta. I colori sociali sono bianco e viola». (E’ solo nel ’26 infatti,
per concessione municipale, che i colori divenivano il bianco e il rosso).

La preistoria dice anche che nel ’35 si costituisce lo Stadio a Masnago. Ma il «segno»,
l’uomo che determinerà più avanti il nuovo «corso», come lo definiscono qui a Varese, appare nel
1950: si chiama Giovanni Borghi. Entra nel calcio il magnate, il finanziatore, il grosso industriale.
Presidente per un anno e mezzo, poi lascia. In una parentesi lunghissima, estenuante, che avrebbe
stancato chiunque, Borghi è « onorario in carica». In pratica, come ci ha detto il titolare di un
ristorante di Comerio, con una espressione tipica :« Il Commenda cacciava il grano, e gli altri
facevano di testa loro» . Non si può tracciare un profilo del nuovo Varese, prescindendo da Borghi.
È impossibile. Ad ogni angolo, del passato, ma soprattutto del presente, si respira quello che noi
chiameremo « lo spirito-Ignis», senza scandalo per nessuno. Uno spirito, che, a Varese, ha suscitato
e suscita ancora avversioni sotterranee, resistenti, dure a morire. Sembra incredibile, eppure quello
che per il resto dell’Italia è un miracolo, far parte della opinione-bene, qui è exploit che non desta
eccessivo entusiasmo, guardato anzi con freddezza nella haute. Bisogna risalire agli… « immigrati,

che aumentano a vista d’occhio », come scrive Piovene. Perché Borghi è uno di essi. Non è di
Varese, ma è milanese.