1967 gennaio 18 Terrore a Bologna

1967 gennaio 18

Terrore a Bologna

Se giocano male vengono multati; se si fanno squalificare vengono multati; se parlano
vengono multati: questa è la situazione incredibile nella quale si trovano i giocatori del
Bologna, costretti a difendere il prestigio della grande squadra in un clima di terrore imposto
da una Società per lo meno miope e autolesionista. Il pubblico è disorientato e irritato. La
squadra invece è ai limiti della ribellione, tanto che le telefonate minacciose di Carlo
Montanari ai giocatori per impedire la nostra inchiesta sono fallite miseramente. Dopo la
vacanza imposta da Nielsen alla Società, Haller ha confermato il suo irrevocabile divorzio dal
Bologna; Vastola ha lanciato un violento attacco a Carniglia e Bulgarelli ha confessato tutta la
sua amarezza. Se non rinuncerà dalle radici alla politica del pugno di ferro, Goldoni rischia di
uccidere la squadra. Il destino di Carniglia, comunque, è segnato.

Senza tener conto delle ammende collettive per scarso rendimento agonistico, i recordmen delle
multe rossoblù sono: Nielsen un milione e mezzo (dichiarazioni); Haller un milione e mezzo
(dichiarazioni); Bulgarelli un milione e duecentomila (squalifiche); Pascutti seicentomila
(dichiarazioni); Furlanis seicentomila (squalifica). Nell’ufficio del segretario del Bologna, Carlo
Montanari, esiste per ciascun giocatore un dossier nel quale vengono raccolti quotidianamente
ritagli di giornale, appunti, spiate, indiscrezioni che possano servire a imbastire un processo
disciplinare. Forse per questo il soprannome di « Cobra », affibbiato l’anno scorso a Montanari da
un giornalista bolognese ora passato ad altri incarichi, è in questi giorni sulle bocche di tutti i
giocatori. Mai come oggi i rapporti tra Società e squadra sono ridotti a brandelli. Mai come oggi si
respira tanta tensione. Mai come oggi un gruppo di dirigenti non all’altezza della situazione sta
inconsapevolmente minando le basi di una squadra che avrebbe i mezzi, gli uomini e lo stile per
pensare sempre e soltanto allo scudetto. Non a caso un noto dirigente rossoblù che ha preferito
mantenere l’incognito, mi ha dichiarato: « Con questa squadra Herrera vincerebbe il campionato
passeggiando! ». Il Bologna di questi tempi invece non ha tempo per pensare al campionato, tutto
preso com’è da una specie di furore messianico che gli fa scambiare i mezzi per fini: le multe, le
persecuzioni, le umoristiche prese di posizione per manifestazione di forza e di fermezza. Se si
pensa che il fondo-multe servirà per i regali che i giocatori dovrebbero fare ai dirigenti (!) nelle
grandi occasioni (Natale ecc.), si può facilmente intuire a quale punto sia giunta la farsa che sta
travolgendo il Bologna. Ma quali risultati credono di raggiungere i dirigenti rossoblù con questa
politica poliziesca? Credono di ridare fiducia, morale, grinta ai giocatori? Forse, la settimana scorsa,
gli stessi Goldoni-Roffeni, il tandem del potere, si sono resi conto di avere superato la misura ed
hanno fatto marcia indietro. Organizzando prima (venerdì) una cena della pace sulla quale ho
raccolto le risate di Haller e i risolini di tutti e poi ordinando a Carniglia di abolire praticamente il
ritiro, riunendo i giocatori soltanto il sabato. La politica del bastone e della carota può funzionare
ancora, ci vogliono personaggi esperti, psicologi e capaci per condurla con successo.

Dirigenti a parte, lo stesso Luis Carniglia è oramai screditato. Viani un giorno mi disse:

« Carniglia è molto appoggiato in società, anche perchè è uno dei pochi allenatori che fanno gli
interessi della società ». Questo può essere un pregio per un tecnico, ma può essere anche un grave
difetto: quando non c’è nè misura, nè sensibilità, nè tatto, la « connivenza » scoperta tra allenatore e
presidenza può essere elemento di divisione più che di unione. Sta di fatto comunque che Carniglia,

solo apparentemente, governa la squadra. In realtà il controllo dei giocatori gli è sfuggito da un
pezzo. « Carniglia vede solo Perani! — mi ha detto un super-titolare del quale, se vorrà, farò il
nome — Quando deve spiegare qualcosa, continua a dire: guardate Perani, fate come Perani, avete
visto Perani. A qualcuno la cosa può non dare fastidio, ma in generale, la situazione è così grottesca
che non può creare malcontento ». Se in questo momento dovessero fare un referendum fra i
giocatori, Carniglia prenderebbe un voto: uno soltanto, quello di Perani e forse quello di Turra. Ma
anche il pubblico sta consumando le riserve di pazienza. Carniglia ha procurato gravi danni al
Bologna: di un giocatore come Nielsen che non sapeva nemmeno calciare Fulvio Bernardini ne
aveva fatto un capocannoniere; di un capocannoniere Carniglia ne ha fatto un fantasma
demoralizzato e spento. Di un giocatore positivo, coraggioso e semplice come Vastola, ne ha fatto
un pretesto di derisione e di divertissement. Di un dissidio (Haller-Nielsen) che andava sgonfiato,
ha fatto il trampolino per ulteriori fratture: fuga-vacanza di Nielsen. E Tumburus? Con un pubblico
che è considerato fra i più maturi d’Italia sembra che mezza squadra voglia andarsene da Bologna.
E’ mai possibile? Una squadra che come il Bologna ha incassato negli ultimi sei anni due miliardi in
meno dell’Inter, non può permettersi di disfare quello che Dall’Ara aveva costruito.

La soluzione c’è. L’uomo anche: Gipo Viani. Averlo in casa e non usarlo è masochismo. Viani
può fare per il Bologna la cosa più importante: il « presidente-reggente »: l’appoggio finanziario di
Goldoni e l’esperienza impagabile del vecchio Gipo. Quello che Viani fece per il Milan di Rizzoli,
Viani può fare per il Bologna di Goldoni. Questa è la conditio sine qua non. Con Viani, il periodo
del terrore, della ghigliottina, non ci sarebbe mai stato. Per questo, ad un certo punto, il problema
tecnico diventa quasi secondario. Alla fine del campionato (forse prima?) Carniglia se ne andrà. Ma
il Bologna non ha tempo da perdere. GIU’ LE MANI DAL BOLOGNA! fu un vecchio motto di
Supersport. Oggi va soltanto aggiornato: GIU’ LE MANI DEGLI INCOMPETENTI!

Haller: “Crante multa per piccola verità”

« Adesso per me è finito con l’A.C. Bologna. In questo nido di provincia io ho perso

completamente la voglia di giocare. Perciò io e la mia famiglia il 28 maggio faremo le valigie, ma
definitivamente ».

« Sempre quando perdiamo la colpa è mia, se vinciamo il merito è della squadra. Inoltre
riceviamo continuamente multe per ragioni ridicole. Per la verità finora non ho mai pagato una lira
perché in ogni caso vado prima dal presidente del club e lo minaccio di smettere immediatamente di
giocare nel Bologna, se non lascia perdere la multa. E… finora continuo a giocare per il Bologna ».
« Attraverso un mediatore ho già cominciato le trattative con l’Inter di Milano. Preferirei giocare
sotto Helenio Herrera nell’Inter: questa sarebbe la mia massima aspirazione. Credo che Helenio
Herrera sarebbe l’unico che potrebbe farmi ritornare bello il calcio italiano. Ed egli stesso in alcuni
brevi colloqui mi ha fatto capire che io potrei giocare nel ruolo di Suarez. Molto di più che al
Bologna non potrei guadagnare all’Inter, perchè adesso ricevo il più alto contratto che esista in
Italia ». Domanda ad Haller: « C’è ancora qualche possibilità di accordo con il Bologna? ».
Risposta di Haller al giornalista tedesco che lo ha intervistato per il « Bild » a Roma: « No. Quando
la stagione sarà finita nulla mi potrà trattenere a Bologna. Io devo pensare anche a mia figlia: Karin
ha sei anni e mezzo e deve andare ad una scuola tedesca: che esiste solo a Milano e a Roma. Ma i
romani non hanno i soldi per pagarmi. Soltanto l’Inter e forse il Milan potrebbe pagarmi tre milioni
di marchi ». Questa è la traduzione integrale dell’intervista per la quale Haller fu incriminato. Nei
giorni scorsi la multa fu comunicata ad Haller in questi termini: « Riduzione del sessanta per cento

dei compensi per un mese: 1.066.320 lire ». Ma, tra l’intervista al « Bild » e il comunicato che
annuncia la multa, non c’è una relazione « diretta » di causa ed effetto. Tra i due fatti, una lettera di
Haller ha fatto da ponte. La lettera diretta al presidente Goldoni in data 16 gennaio (la multa è in
data 17 gennaio), è il fatto più interessante di tutta la vicenda. Non solo più interessante, ma più
importante e definitivo. Ad Haller infatti era stata richiesta da parte della Società una smentita
formale e particolareggiata: la risposta di Haller fu la lettera che pubblichiamo integrale qui a
fianco. Con essa Helmut Haller smentisce soltanto i « riempitivi », gli «arrotondamenti» effettuati
dal giornalista, ma conferma in pieno tutti i punti fondamentali. E cioè:

1) Che a fine stagione se ne andrà da Bologna.
2) Che la ragione fondamentale è l’educazione dei figli in una scuola tedesca.
3) Che tale scuola esiste solo a Roma e Milano.
4) Che non esiste altra squadra all’infuori dell’Inter che potrebbe pagare la cifra del suo

trasferimento. `

5) Che è molto dispiaciuto per le multe che colpiscono di frequente i compagni e lui.
In base a questa lettera privata, la Società decise di infliggere ad Haller la multa-kolossal. Si dice
che la multa sia stata decisa per non fare discriminazioni di favore (dopo l’altra multa-kolossal a
Nielsen per l’attacco feroce a Carniglia). Si dice anche che Haller praticamente non verserà la multa
perché è l’unico che si fa pagare in anticipo all’inizio del campionato, mentre per tutti gli altri la
situazione è diversa e sono sempre possibili le trattenute. Chi ci ha fatto presente questa « piccola
differenza » è stato un giocatore molto autorevole. Il fatto comunque più importante è un altro. E’ il
fatto che finalmente Helmut Haller ha confermato e scritto di pugno suo che a maggio, quando
scadrà il contratto, nulla potrà trattenerlo a Bologna. O la Germania, o Milano: con maggiori
preferenze per l’Inter, ma con possibilità anche per il Milan, dal momento che lo stesso Haller è al
corrente della voce sempre più insistente che lo darebbe protagonista di uno scambio con Amarildo.
Con questa lettera, il tedesco si è assunto tutta la responsabilità. D’ora in poi interpretazioni di
comodo o illazioni su presunte invenzioni giornalistiche, non conteranno più nulla. « Quando ho
detto, io non smentisco! », mi ha ribadito Haller seduto nel salotto di casa sua a Bologna. Quando,
durante la mia inchiesta, suonai al suo campanello, venne ad aprirmi la signora Waltraud. Helmut
era appeso al telefono: « Si, si, sii: io non parlo. Va bene, ho capito ». All’altro filo del telefono era
Carlo « Cobra » Montanari che, avvertito da una « spia » del mio arrivo, si era precipitato a
diffidare Haller ad aprir bocca. Censura preventiva! « Senti, — mi ha detto Haller — l’altro ciorno
mi ha telefonato uno che non dico nome e mi ha detto: Haller prenti macchina e fuggi: perchè resti
in questo grante casino? Era un amico, ma io detto: no, io professionista: io non scappo! Io ho un
nome come ciocatore e come uomo. Io aspetto maggio e cioco e faccio gol: poi vado! Karin è già
indietro sette mesi con scuola: non posso aspettare. Perchè non posso dire questo? Allora cosa fare
Milan quando Amarildo parla di Brasile e di schifezze di catenaccio? Niente…». Ha capito
Montanari? Apra il dossier-Haller, infili dentro il ritaglio di Supersport e gli faccia la nota-spese. A
che serve minacciare Haller per imporgli il silenzio? Ormai ha già detto tutto. O quasi: il resto
comunque, a maggio.

Nielsen licenza di fuggire

« Sono giunto alla distruzione di Nielsen. Qui ha sbagliato Carniglia, è inutile menare il can per
l’aia. All’inizio era della stagione in corso, il danese era partito forte, aveva giocato al meglio delle
sue possibilità, aveva segnato: che cosa è accaduto perché decadesse alla pena di fine d’anno? Non

c’è chi segua il Bologna, anche non davvicino non lo sappia. Umiliato, multato, additato al pubblico
disprezzo. Nielsen — che, malgrado l’apparenza è sensibilissimo — si è squagliato, ha perduto
grinta e riflessi, ha perduto mordente. » Così ha scritto dieci giorni fa il più autorevole giornalista
bolognese, Severo Boschi, capo del servizi sportivi de « Il Resto del Carlino ». Non c’è una parola,
una virgola che vada cambiata. La diagnosi esatta è quella di Boschi. Ed è un esplicito atto di
accusa a Carniglia ed al metodi draconiani di una Società abituata ad amministrare la disciplina
interna dei giocatori con la sensibilità di una Gestapo. La conclusione è una sola ed è lampante:
Nielsen in Danimarca. In vacanza per dieci giorni, ufficialmente. Ma la verità non-ufficiale è
un’altra. Se qualcuno e tanto ingenuo da pensare che il pubblico bolognese beva fino in fondo
questa ennesima dimostrazione di debolezza e di fallimento da parte della Società, è in grave errore.
Come si può supporre che la gente sia tanto sprovveduta?

Le versioni al clamoroso episodio di cui è stato protagonista Harald Nielsen sono quattro. Tutte e
quattro sono state date giovedì scorso, al termine della partita d’allenamento sul campetto della
Virtus, a Bologna.

1) Dalmastri, medico della Società: « Abbiamo deciso di comune accordo, la presidenza,
Carniglia ed io, di concedere un periodo di riposo al giocatore. La decisione era già maturata
domenica. »

2) Carniglia: « Si, eravamo tutti d’accordo di dare il riposo, anche per motivi fisici, ma non era

3) Montanari, segretario: « E’ un viaggio del tutto normale: non c’è niente di scandalistico, non è

stato deciso domenica. »

fuggito nessuno.»

4) Bulgarelli: «Lo sapevo già da domenica che Nielsen sarebbe andato in Danimarca. »
Le persone alle quali prestar fede in questo caso sono due: Dalmastri e Bulgarelli. Entrambi
sapevano già domenica che Nielsen se ne sarebbe andato via. E ovviamente lo sapeva Nielsen.
Perchè allora, sullo « Stadio » di martedì della scorsa settimana lo stesso Nielsen dichiarava in una
intervista: « Farò un gol domenica al Vicenza »? Perchè la partenza di Nielsen ha addirittura
anticipato un qualsiasi comunicato ufficiale della Società, abitualmente tanto formale e bizantina in
occasioni del genere? Perchè lo stesso giovedì, all’allenamento sul campo della Virtus, c’erano
giocatori (come Bulgarelli e Vastola) che sapevano già della partenza del danese e c’erano giocatori
(guarda caso Helmut Haller) che la non ne sapevano assolutamente nulla? Fui io stesso ad
informare Haller. Sulle prime il tedesco arrossì, balbettò qualcosa, non ci credette. Gli spiegai
meglio e lui: « Io credere lui non fare allenamento per piccolo stiramento… Ma vacanza?! Mamma
mia, qui scoppiare grande pomba! Io non parlo… in vacanza… ». Perchè tutte queste contraddizioni,
tutte queste incongruenze, se si fosse trattato di un « viaggio normale »?

La prassi sarebbe stata elementare e convincente: comunicazione precedente di Carniglia o della
presidenza stessa: partenza successiva di Nielsen senza misteri per nessuno, nè per il pubblico, nè
per la stampa, né per i giocatori. Ma non è andata cosi per una ragione altrettanto elementare. La
situazione era sfuggita completamente di mano al dirigenti. Nielsen, al vertice negativo della sua
parabola discendente anti-Carniglia, deve aver fatto conoscere senza mezzi termini la sua decisione
di andarsene. La Società lo deve aver pregato in ginocchio di non far scoppiare uno scandalo di
grosse proporzioni. E allora, dopo una fase fluida di trattative (lo dimostra l’intervista: « Farò un
gol… »), è venuta a patti con il giocatore. Gli ha concesso di andarsene in Danimarca per dieci
giorni con una parvenza di legalità e di normalità, tanto per ridurre al minimo le conseguenze
inevitabili della « grande bomba ». Nielsen dovrebbe rientrare sabato prossimo e — a detta di
Carniglia — «giocare subito »( !!!). Ritornerà? Manterrà i termini dell’accordo? In pratica,

rispetterà le date della licenza di fuggire? Oppure, nel vento del Nord, deciderà di portare avanti la
sua battaglia oramai scopertissima contro Carniglia? Vedremo.

La conseguenza comunque per il Bologna è ancora negativa. Carniglia ha distrutto un altro
grande giocatore. Non lo ha trattato come Vastola, soltanto perchè — è lo stesso Vastola che lo dice
— « il coltello per il manico ce l’ha Nielsen ». Ma ha ottenuto gli stessi risultati. Carniglia ha
umiliato la personalità del danese, minandone il morale dalle radici. Agitandogli continuamente
dinanzi agli occhi lo spauracchio di Pace, lo ha irritato. Bollandolo pubblicamente in più di una
occasione, ha contribuito indirettamente a fomentare il dissidio sotterraneo con Haller. Nielsen un
giorno mi disse: « Non mi passano la palla: nessuno mi aiuta a fare il mio gioco ». Ma sono
convinto che tanta parte di questo stato d’animo anti-Haller sia stata ingigantita, inventata, dilatata
artificiosamente. Da « amicizie pericolose », dalla stampa « casalinga » e da Carniglia con le sue
follie dialettiche. Dopo averlo informato della partenza di Nielsen, ho chiesto ad Haller « E’ vero
che tra te e Nielsen non corre nè simpatia tattica nè simpatia personale? » Haller mi ha risposto
testualmente: « Io sono professionista; io cuadagno più di tutti in Bologna e in Italia; lo sono
ciudicato ciocatore formidabile in tutto mondo: come io può invidiare Nielsen? Io cioco sempre con
lui a carte e scherzo con lui e stiamo insieme come tutti altri: come può io fare danno a lui? Io
quando cieco, dò palla a chi vedo meglio: capito? » Non è stato Haller a multare Nielsen; non è
stato Haller a sparlare pubblicamente di Nielsen; non è stato Haller ad anteporgli Pace; non è stato
Haller a tentare di metterlo fuori squadra: è stato Luis Carniglia. Contro Carniglia ha parlato
Nielsen. Per questo fu multato di un milione e mezzo. Se Nielsen parla contro Haller è soltanto
perchè lo hanno sobillato, tentando di fargli credere che la coscienza segreta di Carniglia sia Haller
Helmut. Ma i colpevoli veri sono due: Carniglia e la Società. Se perderà Nielsen, il pubblico
bolognese saprà chi ringraziare.

Vastola: “Carniglia mi ha distrutto”

« Non hai paura di parlare? »
« No », risponde Vastola.
« Non temi la multa? »
« Non m’importa più di nulla: oramai ho superato tutti i limiti della sopportazione. Carniglia mi

ha preso in giro, umiliato e distrutto. »

« Debbo proprio scrivere il nome di Carniglia? »
« Ho detto Carniglia. »
« Ma quando è cominciato il tuo dramma? »
« E’ cominciato quando è partito Scopigno: subito, lo stesso giorno, ricordi? Avevo capito che
avrei dovuto pagare fino in fondo il fatto di essere l’uomo di Scopigno ma onestamente non pensavo
fino a questo punto. »

« Quali furono i tuoi rapporti con Carniglia l’anno scorso? »
« Rapporti?! Chiamiamoli così, se vuoi, ma solo per comodità. Con il suo arrivo io, Vastola, ho

cessato di esistere. »

« Ma hai giocato… »
« Sì, sì, ho giocato: mi faceva giocare proprio quando non poteva farne a meno, quando c’era
assolutamente bisogno di un uomo. Io ce la mettevo tutta: in dieci partite consecutive feci sei gol…
non sono pochi! Io segnavo: questa era la sfortuna di Carniglia! Anche la gente mi vedeva con

simpatia, mi sosteneva, e allora lui era costretto a tenermi in squadra: deve essere stata una grande
sofferenza per lui, perchè proprio non mi vedeva, non mi ha mai visto. »

« Personalmente ti diceva qualcosa? »
« Ah, lui faceva finta di niente; con quell’aria falsa e candida che ha sempre, sembrava quasi che

fosse il mio… protettore! »

addirittura un telegramma. »

« E il presidente Goldoni, non ne sapeva nulla? »
« Vuoi scherzare?! Prima che cominciasse questo campionato disgraziato, mandai a Goldoni

« Per dirgli che? »
« Il telegramma diceva: se rimane Carniglia, la prego di volermi cedere a tutti i costi! Questo gli

scrissi. »

più di tutti. »

« E perchè non se ne fece nulla? »
« Questo non l’ho mai capito. C’era più di una squadra che era interessata a me e, credo, il Milan

« Quindi… »
« Quindi Carniglia mi ha trasformato in una riserva delle riserve! »
« Pensi che qualcuno gli abbia fatto leggere quel telegramma?»
« Stai tranquillo… lo ha letto! Ma tanto, non credo che abbia peggiorato la situazione. Tra lui e
me, per quanto mi impegnassi, c’è sempre stato il vuoto. Mi ha sempre tenuto in disparte, trattato
come un cane, considerato un broccaccio. Io non sono un grande giocatore, lo so: ma faccio i gol! A
Carniglia quelli che fanno i gol non piacciono: lui vuole tutte mezzeali! Il destino mio e di Nielsen,
anche se diversi, si assomigliano. Questa è anche la… fortuna di Pace… » A questo punto gli occhi
di Gianni Vastola si arrossano.

« Riserva delle riserve! Hai capito? » continua Vastola.

« Cioè? »

« Una volta almeno ero riserva di Perani, di Pascutti, di Nielsen: adesso no! Adesso sono riserva
di Pace: pazienza. Mannò: sono riserva di Paganini! L’altra settimana ha detto: se non gioca Nielsen
giocherà o Pace o Paganini. E io? Io che ho fatto centoventi partite in serie A? Io non esisto: mi
alleno con scrupolo, mi impegno, ma non esisto. Vengo dopo Paganini nella gerarchia. Ma non si
accontenta di umiliarmi in questa maniera: si diverte anche a prendermi in giro il signor Carniglia. »

« In che senso? »
« Nel senso che è arrivato perfino al punto che ogni volta che sbaglio un tiro o qualcosa, si gira
verso la tribuna e alza le braccia disgustato, come per dire “che colpa ne ho io se debbo mettere in
campo un incapace?” Il signor Carniglia fa queste cose. Ma io non sono fesso e ho buona vista. A
Bergamo, prima della partita con l’Atalanta, l’ho preso in disparte e gli ho detto: “Si ricordi che io
gioco, ma lei non deve fare il furbo: lei non si deve girare verso la tribuna quando io sbaglio. Lei
deve guardare in campo, solo in campo, ha capito?” Gliel’ho detto e ha fatto il solito sorrisetto
gnorri. Cose da pazzi! Siamo arrivati a questo punto. E in allenamento! Una volta mi faceva
marcare sempre da Ardizzon: un vero avversario insomma. Adesso mi mette addosso Galli e gli
urla pure “marca, marca stretto!” Io adesso ho cominciato anche a menare e gli do via qualche
calcio. »

« Sembra incredibile… »
« Incredibile?! In una partita di Coppa mi pare, urla: “Vastola si muova, si muova!” Bulgarelli
che era vicino senti e gli gridò: “Ma Vastola è sempre in mezzo!” Io credo che Bulgarelli volesse
dire proprio la verità e cioè che io mi davo da fare, come ho sempre fatto in vita mia. »

« Dopo il telegramma hai più parlato con Goldoni? »
« La scorsa settimana a Milano. Ero convinto di giocare, mancando Pascutti: invece niente.
Allora presi il presidente e gli dissi: “Guardi che così non si va avanti: io ho il diritto di giocare
almeno come riserva. Sennò perchè non mi ha venduto?” Gli ho anche detto che piuttosto di restare
con Carniglia farei qualsiasi cosa. Mi ha risposto di aver pazienza. Intanto ho perso in tutto: in
nome, in abitudine a giocare, in premi anche… che c’è di male a dirlo? E poi, quando gioco, vuole
che faccia i gol il signor Carniglia: ma io li butto fuori i gol, fuori, altro che dentro! Avevo trovato
degli amici a Bologna e un pubblico che mi capiva: lui mi ha rovinato. » Quando lo saluto e lo
accompagno alla sua Peugeot, Vastola ha ritrovato il sorriso. Sa che Carniglia continuerà a far finta
di nulla. Sa che Carlo « Cobra » Montanari arricchirà il suo archivio personale di ritagli di giornali
per colpire ancora. Sa tutto questo, ma sorride: un giocatore, ad un certo punto, cessa di essere
giocatore. Ed ha il diritto di essere uomo. Soltanto quello.

Bulgarelli: “Fabbri era un cadavere”

Il terrore ha toccato anche Giacomo Bulgarelli: « Dopo Cagliari siamo stati multati tutti per aver
gettato con il nostro comportamento discredito sulla società… d’accordo, avevamo giocato
malissimo, però una partita può andar male anche senza colpe specifiche. Dopo la partita pareggiata
in casa con il Venezia stessa musica: mannò, ma che roba è questa? Io sono stato squalificato due
giornate, per cui debbo pagare alla società una multa di un milione e duecentomila lire:
seicentomila per giornata di squalifica! Ma allora, che ci sto a fare? Adesso è il turno di Furlanis e
così via. Io ho deciso: non voglio farmi il sangue cattivo; d’ora in poi penserò ai fatti miei e basta.
Mi sono sposato da poco, Carla è incinta: paghiamo ‘ste multe e tiremm innanz! » Bulgarelli è
troppo intelligente per non aver capito tutto della situazione. Ed è anche troppo importante e
indispensabile perchè se ne debba preoccupare fino al dramma. Bulgarelli ha capito che « questo »
Bologna è tutto provvisorio: i sistemi di un gruppo di dirigenti ai confini della sprovvedutezza; la
panchina di Carniglia che, a fine campionato, nemmeno un intervento del Governo potrebbe
salvare; l’assunzione di Viani con compiti ridotti. Bulgarelli è un « politico »: sa più di ogni altro
giocatore rossoblù e ne capisce più di ogni altro. Per ora aspetta. Nel frattempo vive di ricordi. Gli
chiedo di Bernardini. « Bernardini? E’ così, una spanna, dieci spanne più in alto di tutti: nessuno è
mai stato forte e intelligente come lui. A parte il giudizio tecnico, le sue capacità umane erano
superiori. Non ricordo che con lui si sia presa una multa, niente: non lo si può dimenticare ».
« L’ultimo anno però… » « Beh, che vvoi?… avrebbe detto lui: l’ultimo anno il Bologna è crollato
per due motivi. Alcuni giocatori non avevano ricuperato le energie fisiche e nervose spese con lo
scudetto ed abbiamo avuto la sfortuna di cominciare il campionato con l’eliminazione dalla Coppa
dei Campioni: tutto qua! Stanchezza e monetina, ma li dottore non c’entra…, che vvoi? » Un
Bulgarelli distaccato, ma sereno. Che cerca di evitare il discorso sul Bologna-del-terrore, ma che
parla volentieri, quasi per sfuggire al presente, del passato. Il bello (Bernardini) e il brutto (Fabbri).
Dopo la conclusione dei Mondiali ci sono stati tre fatti che hanno aperto un baratro tra Bulgarelli

e una grossa frangia del pubblico.

1) Il documento pro-Fabbri apparso (assieme a quelli di altri giocatori) su « Stadio ».
2) La dichiarazione successiva. Bulgarelli, investito dall’uragano, dichiarò: « Non voglio più

saperne della Nazionale: lasciatemi in pace ».

3) La dichiarazione successiva all’incontro tra URSS e (Inter)Nazionale Italiana a San Siro.

Richiesto di un parere sulla partita rispose: « Non l’ho vista: ero a pescare! »

Ho chiesto a Bulgarelli di spiegare questi tre atteggiamenti personali: ero pessimista, dal
momento che il giocatore non aveva mal rotto il silenzio sul tasto-Fabbri. Quando ha cominciato a
rispondere senza sottintesi, ho capito che Bulgarelli aveva riconquistato tutto il suo distacco e la sua
tranquillità interiore. « Perché hai sottoscritto quella famosa dichiarazione? »

« Mi ero appena sposato e mi trovavo in viaggio di nozze al Lago di Carezza. Un giorno arrivò
su Fabbri: ricordo che era pallido, magro, con gli occhi spenti: era davvero un cadavere, finito. Mi
fece impressione. Ricordo che lo avevo la gamba ingessata e, trascinandomi, camminavamo in
mezzo ad un bosco per non farci vedere. Era una scena penosa a pensarci bene: comunque, in quelle
condizioni, come facevo a rifiutarmi dl rilasciargli quello che mi chiedeva? Non era facile, questo
nessuno lo ha capito, dirgli no, lasciarlo solo, scaricare un uomo con il quale avevi lavorato per
quattro anni. Gli feci la dichiarazione ma lui non mantenne i patti ».

« Quali? »
« Intanto non sapevo che avrebbe raccolto dei rapporti da altri e soprattutto mi aveva
formalmente promesso che gli sarebbero serviti ad uso interno: che cioè non sarebbero mai stati
pubblicati. In fondo immaginavo che prima o poi sarebbero finiti sui giornali, ma non cosi presto, in
un clima tanto polemico. Non ci sono, misteri insomma sotto quella dichiarazione: ad un uomo
ridotto in quelle condizioni non sarei mal stato capace di dire no ».

« E la dichiarazione sul tuo disinteresse assoluto alla Nazionale? »
« Ho giocato un quarto d’ora con la Corea: e ovunque, ancora oggi, mi sento urlare Corea Corea,
mi sento beccare, insultare. Immagina in quei giorni! Che dovevo dire: Viva la Nazionale! Spero in
un’altra Corea! Nooo… »

« Ma è vero che non hai visto la partita contro l’URSS, che sei andato a pescare? »
« Te lo confesso: ho mentito! La partita l’ho vista, non sono andato a pescare! Ma in quel
momento pensai di dire così, non vedevo nessun’altra alternativa. Ogni volta che aprivo bocca era
un dramma. Se avessi detto che mi era piaciuta l’Italia mi avrebbero dato dell’opportunista e del
bugiardo; se avessi detto il contrario, mi avrebbero linciato. Ho scelto la pesca! Che dovero fare? »
Non dimentichiamo che Bulgarelli era stato il migliore contro il Cile; usato in non perfette
condizioni fisiche contro la Russia, si era battuto e aveva sofferto come un cane; contro la Corea il
ginocchio durò un quarto d’ora. Lui e Burgnich furono gli unici a salvarsi dal naufragio generale:
ora che ha spiegato, onestamente si può ancora condannarlo? Non mi pare. In certe condizioni, per
giudicare, occorrerebbe trovarsi. Sulla porta di casa, mentre ci salutavamo, gli ho rivolto un’ultima
domanda: « Quanto ha sbagliato Fabbri ai Mondiali? » «…Molto, ma, alla fine, ha pagato…».