1967 gennaio 24 29 L’ombra di Fiore tra Pesaola e Sivori

1967 gennaio 24-29 (Supersport)

L’ombra di Fiore tra Pesaola e Sivori

Se Josè Altafini non si fosse impappinato sul dischetto del rigore come un ragazzino della
promozione; se quel colpo di testa di Facchin non avesse centrato in pieno Bandoni; se Meroni
facesse del dribbling uno strumento per segnare o far segnar gol piuttosto che una metafisica
ragione di vita: se, se. Se a Torino fossero accadute tutte queste cose; se uno dei due, tra Pesaola e
Rocco, avesse vinto il campionato, a questo punto, sarebbe diverso. Avrebbe perlomeno un
protagonista « diverso ». Quel gol non segnato da Altafini non è infatti una grossa novità: quel gol,
in fondo, « fa Napoli » : conferma i limiti strani (perché non intrinseci) di un centravanti che in due
anni è riuscito ad essere se stesso soltanto a folgorazioni, ad improvvisazioni provocate dalla sua
classe e dai suoi mezzi potenziali che sono e saranno sempre immensi. Questo Altafini, poco
coordinato, non poco combattivo, ma sicuramente e sempre in ritardo « fa Napoli ». Con il vero
Josè, forse perduto, il Napoli non sarebbe a tre punti dall’Inter. Con Josè come Hamrin, come
Mazzola, come lo stesso Riva, il Napoli avrebbe gli occhi, non dico aperti, ma sbarrati, spalancati
sullo scudetto. Quello che Josè significa per il Napoli, cioè un limite, il colpo di testa di Facchin, i
dribbling esasperanti di Meroni, significano per il Torino. Facchin « fa Torino », così come Meroni.
Uno ascolta le formazioni e sente « Fanello… Facchin ». Dice: « Il Torino è incompleto; è pieno di
riserve ». Poi si scopre che il titolare è Nestor Combin, bloccato a letto dal virus influenzale, tipo
« A ». E’ vero che Rocco, in questi ultimi tempi, era riuscito a presentare la più dignitosa e positiva
edizione che si fosse vista in Italia del franco-peruviano. Però Combin sempre Combin resta: un
lottatore, ma un modesto. Che giochi Combin o Fanello, che la squalifica di Ferrini provochi, a giro
largo, l’inserimento di Facchin, in fondo, non fa gran differenza: sempre modesti sono. Ed è il segno
di riconoscimento del mini-Torino affidato a Rocco perchè ne facesse un grande-Torino. Se Facchin
avesse messo dentro le tre occasioni (testa e piede) che ha avute, sarebbe settimanalmente costretto
a bestemmiare in austro-triestino per inventare una strada che porti al gol. Lo ha chiesto in
ginocchio a Gigi Meroni: « Gigi, la me disi lei quando la fa un gol? ». Ma anche Gigi Meroni « fa
Torino »: un limite, come Josè per il Napoli. Meroni deve essere il più convinto di tutti di essere
una « perla » in una cesta di palline: l’unico giocatore dotato di grande classe e grande inventiva. E
allora ha accentuato fino all’esasperazione una sua tendenza naturale: il gioco personale. Meroni è
tanto invasato dal complesso-perla che entra in campo ogni volta sinceramente convinto di essere
l’unico in grado di risolvere tutti i problemi del Pianelli Club. Non si possono spiegare in altra
maniera l’egoismo sfrenato, direi quasi la mancanza di buongusto tattico, con i quali cancella dal
proprio gioco i compagni. Tutti indistintamente: se avesse passato a Simoni, solo in area, la più
passabile e obbligata delle palle, il Torino avrebbe potuto anche vincere. Ma allora avrebbe vinto
altre volte: allora non avrebbe avuto giocatori tanto modesti da creare nell’unico « primo della
classe » il complesso-perla. Domenica prossima il Napoli e il Torino avranno due destini ancora
una volta comuni: due trasferte (rispettivamente a Vicenza e a Ferrara) che grondano sangue fin
d’ora. La retrocessione-a-quattro-squadre sta già provocando drammi e tensioni terribili. A Vicenza,
Bruno Pesaola inseguirà ancora, con la sigaretta tra le labbra, la sagoma enigmatica di Altafini; a
Ferrara, Rocco, sotto la tesa del cappello abbassata sugli occhi (alcuni sostengono… per non
vedere), cercherà sempre gli stessi, impossibili miracoli: i gol dai non-assi e i passaggi dell’unico
asso: quello con barba. Tra Rocco e Pesaola ci sarà un’unica differenza: lo scudetto. Anche senza
Josè, per il Petisso, lo scudetto è ancora una cosa viva.

Morta e sepolta, proprio a Torino dove era nata, è invece la polemica scoppiata la scorsa
settimana tra Omar Sivori e Pesaola. Tutti oramai sanno di che si tratta: il Napoli becca in
Inghilterra tre gol (più l’espulsione di Panzanato) e Sivori, che è rimasto a casa per un risentimento
inguinale (dice lui), per allergia all’aereo (dicono i soliti bene informati), critica la decisione di
Pesaola di andare in Coppa con troppe riserve: togliendo Juliano e Bianchi, di aver in sostanza
snobbato l’avversario. Domenica, a Torino, dinanzi agli immancabili microfoni di Nostra Signora
Radiotelevisione, Sivori ha dichiarato: « Ho sbagliato: chiedo quindi scusa pubblicamente a Pesaola
e sono pronto a pagare la multa che merito ». Non una parola in più non una in meno, come avranno
ascoltato milioni di italiani. Quello che nessuno sa invece è il modo con cui si è arrivati a questo
incidente e il modo con cui si è arrivati a questa spettacolare cessazione delle ostilità.

Dice Sivori: « E’ stata la sparata un po’ scorretta di un giornalista torinese che ha riveduto e
ampliato abbondantemente una frase che avevo detto senza darle eccessivo peso. Comunque è a
Napoli che hanno ripreso la notizia e le hanno dato un impronta nettamente polemica ».

Dice Pesaola: « Io ero in Inghilterra e non ne sapevo nulla: fu lo stesso Sivori che, appena sceso

dall’aereo, mi disse di quello che era successo: ne rimasi molto dispiaciuto ».

Dice Sivori: « Ti giuro sui miei figli che andrei via dal Napoli prima e piuttosto che mettermi
contro il Petisso: hanno cercato di creare una grana fra me e lui per mettere in difficoltà in qualche
modo il Napoli ».

Dice Pesaola: « Su questo punto ha ragione Sivori, ma io dico che una persona intelligente come
lui non doveva cascarci, ingenuamente. Io comunque ho capito la manovra: ma la disciplina è
disciplina ed io, proponendo la multa, non ho fatto altro che salvare un principio ».

Sivori: « Ho fatto male, è vero e pagherò: ma ti assicuro due cose. Non mi fregano più e,

soprattutto a questo ci tengo, tra me e il Petisso non ci sono misteri e congiurette ».

Dice Pesaola: « E’ la verità ».
A pace fatta, l’interrogativo va sciolto: a chi si riferiscono Sivori e Pesaola nelle dichiarazioni
che mi hanno rilasciato a Torino? Al partito-antilaurino che, messo in minoranza dall’eliminazione
di Roberto Fiore, è passato ora all’opposizione. O meglio alla cripto-opposizione. Quel movente
disgregatore che era attribuito in passato alla opposizione laurina, ha oggi cambiato bandiera. La
forzatura a cui è stata sottoposta la antitesi Pesaola-Sivori fa parte di questo gioco « politico ». A
niente altro hanno voluto riferirsi i due protagonisti. Un punto oscuro e ombroso invece rimane.
Quando chiesero a Juliano cosa pensasse delle dichiarazioni anti-Pesaola di Sivori, rispose: « Ma se
aveva tanta voglia, perchè non c’è andato lui in Inghilterra? Non è la prima volta che Juliano ed altri
giocatori del Napoli danno segni d’insofferenza nei confronti di Sivori. Se tra Sivori e Pesaola
hanno inserito l’ombra di Fiore, che fantasmi ci sono tra Juliano e Sivori? Tra Sivori e qualche altro
giocatore napoletano? « Sembra che faccia tutto lui », mi disse una volta uno, sottovoce. La radice è
dunque in un « atteggiamento ». Pesaola forse ci ha pensato, ma la questione va approfondita.

La panchina di Rocco già messa all’asta

« Senta Pesaola, come si trova in casa Lauro? »
« Benissimo: loro mettono il grano ed io lavoro. E’ la condizione ideale per vivere insieme »
« Non è che oltre al grano ci mettano anche magari qualche raccomandazione tecnica? »
« Ho la carta bianca più bianca che si possa immaginare: per questo non ho nessun problema »
« Mi sbaglio oppure lei ha maggiore autonomia di quanta non ne avesse con Fiore? »

« E’ esatto, ma in un significato preciso: con Fiore cioè dovevo riferire tutto al lunedì, spiegargli,
discutere assieme di tante cose. Adesso invece sono ancora più solo e libero nel mio lavoro di
allenatore »

« Ricordo che l’anno scorso, e in una occasione anche quest’anno, lei disse chiaramente che se ne

sarebbe andato dal Napoli per ragioni d’ambiente: è ancora della stessa opinione? »

« Un giorno Herrera, commentando delle voci che lo davano via dall’Inter, disse che in Italia non
esiste il divorzio! Io dico che nel calcio esiste, eccome!, ma non si sa mai quando capita: è il caso
mio ».

« Ma l’ambiente com’è adesso? »
« La squadra vince… »
« Ho capito, però ho sentito in giro notizie interessanti: una è che lei sarebbe già in trattative con

qualcuno per lasciare il Napoli a fine campionato… »

« Beh, è logico che se nessuno ml volesse mi attaccherei con i denti alla panchina che ho! »
« Questo “qualcuno” che la vorrebbe non è per caso il Torino che sa già di dovere perdere

Rocco? »

« Beh…sì… no… io non ho detto niente… »
« Noo? »
« Sì, c’è qualcosa… ma niente di concreto: l’unica cosa concreta che si deve sapere è invece
questa: il Napoli, nonostante le risate di certa gente, è sempre lì! Sperano che crolli, che venga
battuto, umiliato, e invece è lì, bello e tranquillo: i nostri programmi non sono cambiati; c’è sempre
l’Inter nel nostro futuro! »

Eravamo negli spogliatoi di Torino, Pesaola ed io: quando gli chiesi se fosse lui il favorito
all’asta per la panchina di Nereo Rocco, si schermì, rispose a metà, smentì ed ammise. Ma
soprattutto sorrise abbassando il capo: è difficilissimo, quasi impossibile, dire quale percentuale di
verità ci fosse negli occhi di Pesaola in quel momento. Quello che interessa comunque è che il
Petisso abbia risposto: « …non c’è niente di concreto ». E questo significa due cose:

1) Il divorzio Rocco-Pianelli, quali che siano i risultati che Nereo riuscirà a conquistare nel

girone di ritorno, è matematico.

2) In questa prima fase di contatti a livello riservatissimo, compare sicuramente il nome di
Pesaola. Intervistato tête-à-tête con Rocco dal radiocronista Ameri, Pesaola si è sentito rivolgere da
paron Nereo il più bel complimento dell’anno: « Io e tutti miei giocatori — disse Rocco in perfetto
italiano — siamo d’accordo nel sostenere che il Napoli è la più bella squadra che abbiamo
incontrato in questo girone d’andata ». La scenetta era tanto intima ed affettuosa che assomigliava
moltissimo ad… uno scambio di consegne! Tutto dipende dall’ambiente napoletano, s’intende. « La
squadra vince… », ha detto Pesaola. E quando vince…