2002 novembre 3 terremoto molise scuola

2002 novembre 3 – Terremoto del Molise del 2002: il sisma di magnitudo 6.0, con epicentro situato in
provincia di Campobasso, alle 11.33 del 31 ottobre ha causato il crollo una scuola a San Giuliano di
Puglia: morirono 27 bambini e una maestra.

La terra dei bambini del 1996 è il Molise. Bimbi preziosi, contati mille volte uno per uno, loro e i
compagni di scuola più grandicelli che la terra ha sepolto con un tremito di cemento, o salvato per
caso.
A forza di emigrazione a ondate successive, il Molise di oggi ha meno abitanti di quanti ne avesse
ai tempi dell’unità d’Italia. La popolazione della regione non è di molto superiore a quella del solo
comune di Venezia.
San Giuliano di Puglia è un piccolo paese di collina, 1200 anime, 452 metri di altitudine, uno degli
ottomila comuni d’Italia la gran parte dei quali sotto i cinquemila abitanti.Il nostro Paese è
soprattutto questo. Un paese di paesi che in queste ore la Cnn e la Bbc mostrano in mondovisione
da San Giuliano, tra sassi antichi e moderne rovine, ma con gli stessi volti di pietra della sera del 6
maggio 1976 in Friuli.
Un anziano contadino si è appellato in tv alla “pazienza” per sopportare quanto ha sentito, visto e
pensato da giovedì in poi, da quando la vita non gli assomiglia più. Ascoltandolo, Pier Paolo
Pasolini avrebbe forse riscritto per lui una sua riga:”Tutti i pensieri mi vengono su confusamente
come le lacrime.”
A San Giuliano, provincia di Campobasso, capoluogo del Molise, i bambini della scuola erano
pronti a festeggiare Halloween, la festa più popolare negli Stati Uniti. Lo raccontano le maestre e i
piccoli che si sono salvati. Tantissimi hanno evitato per un soffio il crollo proprio perché si erano
avviati per primi a fare dolcetti/scherzetti..
Pochi attimi prima della scossa delle 11 e 30, una maestra faceva lezione raccontando la storia di
Halloween, “giorno di Ognissanti”, All Hallows Day e un po’ di altri significati. Insegnava la
pronuncia giusta dell’inglese e rifaceva il lunghissimo fiabesco viaggio di una tradizione celtica che
gli irlandesi portarono in America e che l’America ha riportato in Europa come la Coca Cola e i
jeans nel dopoguerra.
Le foto dei giornali hanno mostrato in un’aula i cappucci neri pronti a essere indossati nel gioco dei
fantasmi e una grande zucca gialla. I nove bambini della prima elementare, tutti nati nel 1996, ne
avevano anche disegnata una con i loro gessetti, scrivendoci sotto:” Viva Halloween!”, come i
nonni e i bisnonni avrebbero scritto una volta “Viva il parroco”.
La maestra conosceva i suoi bambini gioco per gioco, giocattolo per giocattolo, quasi tutti
americani anche se fabbricati in Cina. La intramontabile bambola Barbie, l’orsetto Winnie the Pooh,
della Disney come il popolarissimo Tigro, che popola anche i programmi a colori dei computer per
i ragazzini.
Le nuove avventure di Harry Potter andavano molto tra i bimbi, ma anche Cappuccetto Rosso
resisteva bene alle ultimissime tendenze. Sotto le macerie, con tanto buio e pochissima aria, una
bimba dagli occhi straordinariamente intelligenti stringeva tra le dita un santino di padre Pio: “ Mi
chiamo Pia proprio in onore del santo”, ho poi spiegato a “Repubblica”. Padre Pio e Barbie.
Vincenzo, 8 anni, ha invece confidato al “Corriere” di essersi fatto coraggio pensando intensamente
al suo eroe preferito in televisione, un soldato di Dragon Ball, maestro di arti marziali di marca
giapponese. E di aver strisciato per terra come aveva visto fare solo ai marines in un film
americano.
Altro che globalizzazione della finanza mondiale o della Borsa di Wall Street. Altro che
globalizzazione del terrorismo. Altro che globalizzazione della lingua inglese o di Microsoft. Altro
che globalizzazione del mercato.
Noi non abbiamo capito niente. Siamo già vecchi e decrepiti con le nostre New Economy che vanno
e che vengono. Organizziamo dalla mattina alla sera seminari su No-global e/o Sì-global, mentre la
globalizzazione cammina senza di noi. Non che ci superi in sorpasso; ci evita e basta, come possono
svelare perfino le cronache di un terremoto che si è accanito con i bambini, figli e nipoti nostri.

Quelli della mia generazione sentono l’Halloween di turno come un’intrusione, una festa abusiva,
un non-senso, qualcosa che ha poco o niente a che fare con i nostri santi e con i nostri morti, con il
tempo dei crisantemi e con i tradizionali culti della memoria. Vi leggono solo il marketing, il
business, la globalità dell’offerta, il commercio del lessico famigliare, la cultura in offerta standard
e, soprattutto, il simbolo della civiltà dello spot, il mondo caramellato e pianificatore dei Consigli
per gli Acquisti, veri assatanassati pipistrelli dei consumi di massa.
Ma, forse, stiamo sbagliando tutto. Forse, difendiamo una roccaforte già conquistata. Forse, siamo
in sincero quanto nostalgico ritardo. Forse, servirebbe la curiosità di un bambino.
San Giuliano di Puglia è un paesino-mondo. Nel lutto senza fine, ha lasciato scorgere la già
raggiunta globalizzazzione della vita quotidiana: tra le sue disperate donne con i vecchi scialli di
lana sulle spalle e le allegre streghe d’importazione del gioco degli scolari. Tra il paese di sempre e
la contaminazione delle culture, delle fiabe, delle bambole, degli eroi dell’infanzia, dei sogni e dei
travestimenti della modernità. Tra ieri e domani, da conciliare oggi, subito, ogni giorno.
Fa piangere. E fa pensare questo paesino del Molise.