1970 novembre 26 Farina: rivenderei Biasiolo

1970 novembre 26 (Il Gazzettino)

Il presidente biancorosso giudica se stesso
Farina: rivenderei Biasiolo

DAL NOSTRO INVIATO
Vicenza, 25 novembre
Intervisto Giussi Farina, il presidente, nel suo ufficio, alla sede del Lanerossi. Sono presenti il
consigliere Bonollo e il general manager Di Brino. Senza preamboli, gli dico: « Le hanno urlato
agricoltore, incompetente, incapace. Qual è la sua reazione, la spiegazione a tutto ciò? ».

Farina appoggia le grosse mani sulla scrivania. Porta una camicia bianca ed un vestito di panno
grigio a sottili righe nere, verticali. Ha una espressione rasata, da banchetto ufficiale. Risponde
sorridendo con una guancia sola: « E’ tutta colpa del… Gazzettino! ».

Come inizio, non è male! Comunque, può spiegare?
« Nel senso che certi problemi sono stati posti sotto una certa luce: ma potevano essere affrontati

anche in maniera del tutto diversa ».

— Cioè in maniera… governativa?, dove governo sta per Farina?
« Non dico questo. Ma problemi secondari hanno avuto troppo spazio. Si è parlato di un capo
dell’opposizione, quando un’opposizione vera non esiste. Sono insomma nati così certi squilibri
innegabili al vertice ».

— La sua è un’opinione: e, forse, dimostra come il vertice non sia così solido come vorrebbe far

sembrare. In ogni caso, qual è la sua reazione umana al momento negativo della società-squadra?

« Ho la coscienza a posto. So di aver lavorato sempre in buona fede. Ho sempre cercato di
approfondire esigenze finanziarie e tecniche, di comune accordo con allenatore e dirigenti. Parlate
di crisi dirigenziale? Non c’è, perchè siamo sempre d’accordo, tra consiglieri. Un amministratore
delegato di Spa quale sono io, potrebbe decidere molte cose da solo. Invece, parlo e discuto con gli
altri: esistono i verbali del consiglio; con riunioni tenute regolarmente con date, con presenze e
votazioni ».

— Ma si capta in giro aria di contestazione nei suoi confronti.
« Io non vado in giro per le osterie. Guardo ai consiglieri: se non sono dei sepolcri imbiancati, io
ho la loro piena fiducia. Proprio una settimana fa, si è fatta una verifica: ho avuto la fiducia
unanime. Il Consiglio è fatto di 33 persone: le decisioni sono sempre unanimi, e i presenti non sono
quattro gatti, ma sempre 23-25 almeno. Insomma, una opposizione non esiste. Questa è la verità ».

— Interna no. Esterna sì.
« I tifosi hanno del risentimento? Certo, perchè mi imputano la responsabilità della situazione.
Mi dispiace, ma io li capisco i tifosi. Debbono sapere però che il primo a soffrirne sono proprio io.
Se poi, contestandomi, credono di spingermi a fare di più, cercano insomma di darmi una scossa, è
tutto inutile: io non mi sveglierò, perchè più di quanto faccio non posso fare! Seguo più il calcio che
gli affari miei… »

— La critica nasce dal campionato, ma anche prima: dal mercato. Mi riferisco soprattutto a

Biasiolo. Non aveva promesso l’incedibilità di almeno uno dei tre « grandi »?

« E’ vero. In partenza. Biasiolo non volevamo cederlo. Furono le circostanze ad obbligarci ad
una decisione che non fu mia, unilaterale: ma presa a Milano, di comune accordo con Pisoni e
Puricelli. Il Milan non aveva una lira; Sormani, nonostante gli anni, era valutato 250 milioni fissi;
perdere Scala per noi era brutto, anche se il riscatto costava 150 milioni. Allora, credevamo di aver

compensato bene la perdita di Biasiolo con Fontana, il riscatto totale di Scala, Santin e milioni! Se i
tre giocatori avuti sono quelli che noi speriamo, secondo il loro standard, io tornerei a fare la stessa
operazione! ».

— Lei per mancanza di liquido sul mercato, scelse la politica delle cessioni a metà, per Vitali,
Depetri e Biasiolo. Solo per Biasiolo il riscatto è fissato in 270 milioni: per Vitali e Depetri, non
crede di aver rischiato? Un campionato difficile potrebbe abbassarne la quotazione al momento di
fissare il prezzo della metà ancora vostra: che ne dice?

« Se solo fanno un campionato discreto, la quota, già alta, può ancora salire. Pensi che, a parte i
milioni incassati, il Maraschi datoci a conguaglio potevamo venderlo subito al Napoli per 150
milioni! Non sono pentito della formula delle comproprietà: solo che non posso prevedere che
Depetri si rompa la gamba o che Vitali patisca la crisi della Fiorentina. Nel calcio si rischia
sempre ».

— Lei quindi, rifiuta l’epiteto di liquidatore?
« Il rifiuto di una politica non dispendiosa non è in funzione di quest’anno ma anche del futuro.
Noi tutti volevamo rientrare con dei soldi: il bello è che non siamo rientrati affatto, perchè i
consiglieri hanno deciso di spendere per le società affiliate i soldi incassati al mercato! Con quei
soldi saremmo dovuti rientrare noi, per le nostre esposizioni personali: invece siamo rimasti con i
fidi, le cambiali eccetera, come prima. Per rafforzare il vivaio ».

— Ho sentito parlare di tensione di bilancio ai « limiti estremi »: in che senso? E qual è il

passivo?

« 500 milioni: quando sono diventato presidente era di 365 milioni circa. Ma va sottolineata una
cosa importante: abbiamo difficoltà a chiudere il bilancio, perchè gli utili sono troppi!!! Una volta
cioè avevamo un capitale giocatori che valeva, diciamo tanto per esemplificare, 5 adesso vale 300!
E il capitale giocatori non va messo in un bilancio di Spa. Non dico fosse colpa di Giacometti, ma
questa è la nostra politica dei giocatori. In compenso non vediamo soldi… e restiamo esposti di
persona ».

— Ma vale la pena di assorbire tutto un utile di mercato per le società affiliate? A proposito,

quanto costano?

« Circa 125 milioni di gestione all’anno, più una trentina di milioni per il mercato. La prima
squadra non va bene, ma la politica della società è giusta! Basta guardare l’Audace, lo Schio, il
Rovigo: sono tutte in testa ai loro gironi: segno che giovani buoni ne abbiamo. E domenica scorsa la
Primavera (di Vicariotto, ndr) ha battuto a Milano il Milan ed è in testa alla classifica. Abbiamo
qualcosa come milletrecento giocatori. Tutti vengono a comperare da noi: segno che qualcosa
facciamo. E vorremmo fare di più, diventare un Milan in piccolo come mercato-vivaio. A
novembre, la domanda ha superato largamente le nostre disponibilità: e allora, sono buttati via 150
milioni in un anno per tutto ciò? Dieci anni fa era una cifra da capogiro, oggi no. Ci basta uno
Sperotto per fare pari di tutto. Primon sta al Sottomarina; Giorgi al Rovereto: questa estate sapremo
guanto valgono. Così per gli altri ».

— Quindi lei scinde nettamente il momento della squadra dalla politica della società.
« La squadra in A e la società in fallimento non durano. Deve essere sana la società, perchè
questa vive oggi, domani, sempre. Se, per caso, succedesse la disgrazia di andare in B, con la
società sana si sopravvive e si ritorna. Se fossimo retrocessi in B tre anni fa sarebbe stata invece la
fine del mondo! ».

Farina si alza dalla poltrona. Il sangue gli sale in faccia. Perchè: gli chiedo. « Perchè? — ribatte
aspro — perchè allora non c’era niente! Né questo vivaio, né questo Patrimonio ». Sa di aprire

larghi squarci polemici. Eppure, mentre scrivo segue la biro sul foglio: vuole essere certo che
riferisca sillaba su sillaba. Di tutte le interviste a Farina, non mi è mai toccato di raccoglierne una
tanto sincera.