1968 giugno 11 Azzurri campioni d’Europa! Jugoslavi battuti nella finale bis

1968 giugno 11 (Il Gazzettino)

Un prestigioso titolo conquistato dal calcio italiano a Roma
Azzurri campioni d’Europa! Jugoslavi battuti nella finale bis

Bruciate dai gol di Riva e di Anastasi le grandi speranze degli stanchi avversari

Felicemente rinnovato, la squadra Italia ha saputo imporre il proprio gioco soprattutto nel
primo tempo chiuso con due reti di vantaggio – Il successo avrebbe potuto essere anche più
netto – Incontenibile entusiasmo della folla romana

Italia 2 Jugoslavia 0

Anastasi, De Sisti, Riva.

Musmic, Acimovic, Dzajic.

(Cecoslovacchia).

MARCATORI: 1. t.: 12’ Riva, 31’ Anastasi.
ITALIA: Zoff, Burgnich, Facchetti, Rosato, Guarneri, Salvadore, Domenghini, Mazzola,

JUGOSLAVIA: Pantelio, Fazlagic, Damjanovic, Pavlovic, Paunovic, Holcer, Hosic, Trivic,

ARBITRO: Ortiz de Mendibil (Spagna); guardalinee: Campos (Portogallo) e Krnavek

NOTE: la pioggia caduta su Roma per tutta la giornata fino a due ore dall’inizio, ha impedito la
ripetizione del « tutto esaurito » allo stadio Olimpico di Roma. Dai 90 mila spettatori di sabato si è
passati questa sera a 60 mila. L’entusiasmo è però quello dell’altra sera, degno cioè dell’importanza
dell’incontro. Gli inni sono suonati dalla banda della scuola allievi della polizia.

(DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE)
Roma, 10 giugno
La nazionale italiana ha vinto la Coppa Europa delle Nazioni. Dopo trent’anni di assenza totale
dall’albo d’oro delle competizioni ufficiali, ricompare il nome Italia a testimoniare che il nostro
calcio, pur limitato sotto molti aspetti, può ancora rappresentarsi dignitosamente.

L’Italia ha vinto la coppa questa sera con una formazione assolutamente inedita, non
amalgamata, ma fresca atleticamente, forte moralmente, che ha saputo attaccare fino al gol dell’1 a
0 e praticare poi il contropiede del nostro campionato, fino alla fine.

Raccontiamola allora questa vittoria che vale una coppa, così come, per esigenze di orario,

l’abbiamo messa giù mentre in campo si giuocava.

Mandelli e Valcareggi hanno fatto le ore piccole questa notte. Dopo aver quasi deciso per la
sostituzione di sei uomini, c’è stata una parziale marcia indietro con Burgnich che Anquilletti
avrebbe dovuto sostituire come marcatore dell’ala sinistra Dzajic, la punta più pericolosa
dell’attacco slavo. Il ragionamento che ha determinato il dietro front è stato questo: « Almeno
Burgnich lo conosce: sarà stanco ma non avrà sorprese ».

Ma la notte brava del Ct azzurro non si è limitata a tale ripensamento. Valcareggi ha accettato
anche la soluzione delle due punte centrali con Mazzola-Anastasi. Una decisione assolutamente
innovatrice che, anche se dettata da ragioni contingenti, può portare avanti un discorso in
prospettiva. Si tratta infatti di togliere dall’isolamento Mazzola, trasformandolo in mezz’ala di regia
offensiva, una specie di Rivera più avanzato: la sua spalla è Anastasi, nella funzione del centravanti

di « sponda » come i centravanti dell’Inter. Giuocando Domenghini e Riva alle ali, è chiaro che si
tratta di un’Italia con maggiore spinta offensiva.

L’incognita questa sera è il centrocampo: sono sparite infatti tre mezz’ali in un colpo solo, e cioè
Lodetti, Ferrini e Juliano, uno più spompato dell’altro nella finalissima numero uno. Dovremmo
avere una formazione spaccata in due tronconi, difesa bloccata e le punte, con De Sisti di rilancio.
Gli slavi hanno una sola variante: l’ala destra Pektovic, un giuocatole atteso ma il meno
appariscente nelle due partite contro Inghilterra e gli azzurri, è sostituito da Hosic, un tipo che ci
dicono grezzo tecnicamente ma robusto e veloce.

Lo stadio ha le curve vuote, posti vuoti nei laterali, ma il pubblico si fa sentire con forza. Per
tutto il giorno è piovuto, ma lo splendido terreno dell’Olimpico non sembra risentirne. Le
marcature: Burgnich – Dzajic; Rosato – Hosic; Guarneri – Musemic.

Rosato in sostanza fa il terzino, mentre Facchetti è messo a sostegno del centrocampo su
Acimovic, il cervello. Trivic, che sembrava incerto, sta su De Sisti. Le nostre punte: Riva è marcato
da Fazlagic, su Mazzola di mezza punta, Pavlovic, su Anastasi Paunovic, su Domenghini
Damianovic.

L’Italia ai fischio d’inizio è subito aggressiva. Dopo due minuti, Anastasi, come nel primo match,
sbaglia la deviazione-gol a due metri dalla linea di porta e Riva non riesce a intercettare. Il
centrocampo è saltato: c’è la linea di difesa e le punte praticamente, Mazzola gioca arretrato. All’11’
Riva, guaritissimo a quanto pare, tira a fil di palo.

Passano cinquanta secondi, e l’Italia va in vantaggio: Domenghini, da fuori area in posizione
centrale, spara un tiro ciabatta che passa tra un paio di difensori slavi e pesca involontariamente
Riva che a noi sembra abbastanza chiaramente in fuorigioco. Riva ferma la palla e di sinistro mette
in gol imparabile. Gli jugoslavi non protestano con convinzione: sembrano più sbigottiti che altro.
Un collega di Belgrado commenta: « Valcareggi è veramente fortunato: senza volerlo, ha dovuto
mettere in campo la formazione più forte che ha, con punte vere ».

Stiamo riflettendo su questa osservazione, ma subito dopo il gol tutta la nostra nazionale fa venti
metri indietro. Ora gioca con catenaccio ferreo, metà campo vuota e tre punte. Mazzola corre come
un matto e fa la vera mezz’ala: temiamo che non duri fino alla fine, perchè non ha preparazione
specifica al ruolo. Al 18′ il centravanti Musemic devia di testa su cross da calcio d’angolo: sembra
gol, ma il tiro è a fil di palo.

Ci sono dieci minuti di sosta che ci permettono di osservare che Burgnich controlla molto bene
Dzajic. I nostri attaccanti sono marcati stretti, ma il contropiede concede larghi spazi per lo scatto
dopo un dribbling vincente.

Alla mezz’ora esatta l’azione più lineare: sulla metà campo Anastasi controlla in palleggio
volante e passa sulla sinistra a Mazzola che scatta e crossa perfetto sulla testa di Riva al centro
dell’area. Il portiere slavo para mezzo di mano e mezzo di piede, da campione. Ma un’autentica
prodezza di Anastasi lo batte un minuto dopo. Anastasi, in posizione tipica di centravanti, al limite
dell’area solleva la palla avuta da De Sistri e in mezza girata fa il due a zero a fil di palo, sulla destra
del portiere. Questa rete stupenda, perfetta, cancella anche le riserve sulla regolarità della prima.

Durante l’intervallo tracciamo le prime impressioni, anche se parziali. Domenghini accusa già la
fatica, ma in generale la nostra Nazionale è molto più fresca, ha più sprint. L’allenatore slavo non
ha ritenuto di cambiare qualche uomo contando sulla giovane età dei suoi giocatori e quindi sul loro
recupero, ma deve essersi pentito. A centrocampo qualcuno batte in testa, ma non siamo nemmeno
dell’opinione che sia questa la ragione vera del calo jugoslavo rispetto all’altra sera.

La differenza sta piuttosto nella maggiore chiusura della nostra difesa. Salvadore è nettamente
superiore a Castano, ma soprattutto, con Burgnich e Rosato terzini, l’Italia ha potuto piazzare un
difensore puro, come Facchetti, sul cervello avversario, cioè su Acimovic che non riesce
assolutamente a fare gioco.

Il centrocampo è distribuito tra De Sisti, Domenghini, Facchetti e Mazzola che sta alle spalle

delle punte.

Alla Nazionale è riuscita anche una cosa importantissima: sfruttando le quattro punte è andata in
vantaggio subito. Su quel vantaggio ha potuto costruire una tattica spontanea, che tutti gli azzurri
conoscono a memoria dal campionato. Cioè il contropiede.

Questa sera inoltre ci sono anche i « pensanti », vogliamo dire il bistrattato ma grande Mazzola e
De Sisti, che non sarà un fenomeno, ma ha sicuramente più idee dei tre centrocampisti stanchi
dell’altra sera.

Il secondo tempo è iniziato. Gli azzurri fanno ora qualche manovra… alla « jugoslava », si
passano cioè la palla rasoterra, con una certa calma, sulla fascia centrale, e tentano di infilare un
uomo in zona gol. Il pubblico scandisce il nome di Mazzola, sempre più calmo e continuo nella sua
azione di vice-Rivera. Gli jugoslavi accusano il complesso dell’arbitro: ogni intervento accende
discussioni, proteste. Dopo undici minuti la prima palla-gol della ripresa è ancora degli azzurri.
Calcio di punizione battuto da Mazzola, Riva in posizione di ala destra tocca di testa deviando
troppo lievemente a fil di palo.

Questa Italia, a differenza di quella vista sabato, sembra anche più calma, più matura. Crediamo
che la ragione sia dovuta anche a una migliore disposizione tattica, a una maggiore freschezza.
Dzajic tanto per fare l’esempio-limite, non ha fatto uno scatto degno della sua bravura contro
Burgnich. D’altra parte Rosato annichilisce letteralmente e correttamente Hosic, più grezzo di
quanto ci era stato detto. La partita dopo questo quarto d’ora di ripresa perde di ritmo. Il pubblico
urla tre-tre, mentre Mazzola si libera delle cavigliere e abbassa i calzettoni. La Jugoslavia-baby
mantiene la sua manovra caratteristica, ma non ha birra in corpo: alcuni uomini sono irriconoscibili,
costretti della tattica italiana, ad attaccare in condizioni di disagio, contro una coppia centrale
Guarneri-Salvadore che non commette il minimo errore.

Verso la mezz’ora l’Italia segna il terzo gol, ma è annullato per fallo di Riva su Holcer, il libero.
Al 30′ il portiere Pantelic ha l’unica incertezza della partita, ma Riva ostacolato alza sopra la
traversa. Ora gli slavi premono di più e creano tre palle-gol approfittando anche del fatto che
Mazzola zoppica, Rosato pure e che Domenghini è al limite della resistenza.

Ma ormai mancano soltanto dieci minuti alla fine. Il pubblico sente ormai la vittoria senza la
minima incertezza. L’Italia è campione d’ Europa, praticamente. Viene voglia di ripeterlo perchè è
un traguardo riabilitante dopo anni e anni di lunghe delusioni.

L’altra sera l’Italia ha avuto una lezione di tecnica. Il fatto che siamo campioni non ci legittima a
credere che siamo i migliori di Europa anche perchè va tenuto nel debito conto il fatto che si è
giocato in casa. Ma va ripetuto ora ciò che si è detto dopo la partita giocata contro l’Urss, giocata
prima in dieci e dopo in nove: tutti gli azzurri, dal primo all’ultimo, si sono battuti al massimo
sempre, hanno dimostrato un attaccamento alla nazionale, responsabilità.

Non hanno commesso falli isterici, non si sono fatti espellere, hanno combattuto contro squadre
più forti tecnicamente (come la Jugoslavia), più forti fisicamente (come l’Urss), più forti come
struttura e scuola (come l’Inghilterra).

La fiaccolata che si accende in questo preciso istante è un premio morale a gente che anche se

avesse perduto questa sera, sarebbe uscita dall’Olimpico a testa alta, con la coscienza a posto.

Questo è appunto il miracolo della Nazionale. Una coppa vinta con il carattere, una qualità che ci
è mancata a lungo. Perciò dicemmo che la moneta di Napoli non era stata pazza, anche se
ovviamente fortunata; e proprio nella resistenza fisica a tre partite in meno di una settimana, da
parte di giocatori come Domenghini, Burgnich, Facchetti, ma anche di Juliano, Mazzola, Guarneri e
Anastasi, sta l’ennesima conferma che la nazionale ha un sacco di limiti, ma non quella umiliante di
chi vorrebbe vederla espressione di un nostro limite intrinseco, razziale. Se questa Coppa d’Europa
servisse a liberarci da tale cancro, che è durato molti anni, avremmo raggiunto il traguardo migliore.
La tattica e la tecnica si possono migliorare. Se non si vuole che questa Coppa finisca presto tra i
trofei senza seguito, va considerata infatti un punto di partenza, non di arrivo.