1965 aprile 28 Nella capsula di HH intervista

1965 aprile 28

Nella capsula di H.H.

Per creare i campioni della razza « superiore » Adolf Hitler aveva scelte la Crimea. Là, i giovani
d’avorio del Terzo Reich andavano a fare gli stalloni per purificare la razza e generare l’ariano
perfetto. Helenio Herrera ha scelto Appiano Gentile. I suoi esperimenti valgono per la razza
sportiva: tendono a portare i giocatori dell’Inter sul piano del mito atletico. Non c’è magia, nè
miracolismo, nè fredda determinazione scientifica. Ma la convinzione che per Suarez come per
Tagnin, per Jair come per Facchetti, l’occhio « applicato » del medico valga quanto la carica
freudiana del Mago e più, forse, dell’urlo spagnolesco dalla panchina. L’occhio applicato è quello di
Angelo Quarenghi, « alter ego » di Helenio Herrera. Bergamasco, filiforme, sguardo acuto,
scapigliato. Dal suo taccuino segreto esce sudore come dai pori dei « suoi giocatori »: con loro non
c’è barriera, ne psicologica, nè fisica. Un giorno di dicembre, nella saletta dei massaggi, presentò a
tutti una specie di bara bianca: « Questa è la macchina che cancellerà la vostra fatica! » Dalla
perplessità alla realtà: per squarciare il muro delle armi segrete dell’Inter ci siamo infilati nel tubo
magico, l’ultima arma. Ne siamo usciti… vivi, più vivi di prima! Helenio Herrera ancora non l’ha
fatto, ma dopo l’autorevole test-Facchetti (il giocatore-fisiologo), ha già dettato la tabella-orario
degli ingressi. Trisettimanali: per Coppa, Campionato e… Nazionale!

Il suo nome è: « Panthermal Medical ». Così si chiama la macchina antifatica da poco in
dotazione all’Inter. « Pan », in greco, significa « tutto ». E in effetti sembra proprio che questa
candida bara faccia tutto: disinfetta, tonifica, disintossica, massaggia, cura, dà energia e spinta. « Va
a finire che per voler far troppe cose non ne farà nessuna!», è stato il commento laconico di un
tradizionalista. Ma non è così. Per saperne qualcosa di più ci siamo sottoposti ad una
« applicazione » completa, guidati minuto per minuto da un cervello automatico, sotto il super-
controllo di Quarenghi e di Giuseppe Bear, un ingegnere italiano nato in Belgio, che è il Von Braun
di questo strumento-spinta per i muscoli al servizio di H.H.

La prova della verità è iniziata, un paio di giorni fa, esattamente alle ore Appiano Gentile. In
ogni caso era necessaria un’operazione preliminare: per eliminare infatti la fatica occorre che la
fatica esista! Siamo usciti, in tuta (dell’Inter) e scarpe gommate, sul prato antistante alla « base »
con il preciso scopo di perdere il fiato: in quaranta minuti di sommario e solitario allenamento
siamo giunti rapidamente sull’orlo dell’esaurimento psico-fisico, nelle condizioni cioè ideali per
provare la macchina della rinascita. Erano le undici, quando un addetto ai lavori spalancò la bocca
del tubo-Bear. Ci siamo stesi, completamente svestiti, su una specie di grata a elementi in legno,
con una inclinazione, alla schiena, di centoventi gradi circa. Chiusura al collo, in posizione di
assoluto relax. Dinanzi agli occhi un termometro per controllare in ogni momento il grado di
« cottura ». Il conteggio alla rovescia è quasi esaurito: un giro di manovella, un pulsante premuto,
qualche spia rossa che si accende ed un brusio costante che accompagna la messa in orbita.

« Questo è il primo dei quattro stadi — ci spiega Quarenghi. — Ed è il più lungo ».
« Quanto durerà? »
« Quindici minuti, mentre tutta la prova ha una durata di trentacinque, suddivisa appunto in

quattro fasi continue, ma distinte ».

E’ il momento della vaporizzazione: entro la capsula in materiale plastico poliestere siamo
avvolti in un « giro » di vapore caldo che circola attorno al corpo. La temperatura sale
gradualmente, fino a trentanove gradi. Per noi è sufficiente.

« Facchetti va fino a quarantun gradi e oltre ».
« E don Helenio? »
« Non l’ha ancora provata, ma ha dato grande peso soprattutto al test di Facchetti ».
« Perchè? »
« Perchè lui è il più moderno prodotto atletico che ci sia in circolazione ed è interamente nostro,
cioè della nuova scuola-Inter. E’ un giocatore che viene dall’atletica leggera ed è uno studioso di
questi problemi. Ne capisce più degli altri ed è un osservatore scrupoloso ». Le nostre prime
osservazioni, ai dieci minuti dopo il via: il vapore, ora a temperatura costante, ci apre
completamente i pori su tutta la superficie della pelle. Sudiamo abbondantemente, ma in una
maniera strana, perchè ci sembra quasi di poter localizzare ogni goccia, di sentirla. Da dove esca e
quando. E l’ambiente di una sauna finlandese con la differenza che in quell’inferno nebbioso si
arriva anche a novantacinque gradi, in pieno clima d’infarto e con la circolazione ribollente come
lava. Ora ci sentiamo caldi, rilassati. E stiamo perdendo… peso! « A parte l’attività specifica del
vapore sulla muscolatura e sull’articolazione, questo vapore è ionizzato, contiene cioè ozono, ed ha
quindi un potere disinfettante e purificante per tutte le piccole ferite, pacche, abrasioni e calcioni
rimediati dai giocatori durante una partita ».

Quarenghi dà una sbirciata all’orologio e guardandoci: « Ora ha inizio l’osservazione e durerà
cinque minuti ». Può darsi che si tratti al momento di una sensazione psicologica, ma ci sembra di
respirare meglio, con tutto il corpo. Registriamo una tangibile freschezza. «E’ vapore arricchito
d’ossigeno, quindi è un sudare, dilatare i pori e togliere tossicità, ma è anche un vitalizzare e un dare
la carica ».

« Non c’è pericolo che rompa l’equilibrio di un atleta? »
« Suarez usa l’ossigenazione già da due anni e credo non esista in Italia un atleta più atleta di
Suarez. Perchè Facchetti, Guarneri e altri hanno un telaio poderoso e forte, ma l’armonia tra
movimento e potenza muscolare che c’è in Suarez non ce l’ha nessuno. Lui è un normolineo
perfetto. Chi è invece un longilineo perfetto è Jair. Comunque nei casi di soprappeso… »

« Corso? »
« …può essere; in quei casi, dicevo, il vapore-più-il-resto è utilissimo, ma adesso, verso la fine
del campionato, bisogna stare molto attenti: i giocatori sono tutti in peso forma e all’apice della
forma. Se ci si tocca dentro con qualcosa di drastico, possono essere guai seri ».

L’ossigenazione è finita: siamo al terzo stadio, a quello della nebulizzazione di un prodotto, che
viene completamente polverizzato, « atomizzato ». Ed ha un effetto medicamentoso. Il prodotto
usato con noi era un balsamico, « essenza di mugo », ma poteva essere un rinfrescante; anche un
acqua termale.

« C’è anche un profumo meraviglioso! », ci ha detto Gianfranco Bedin, che è entrato nella
macchina antifatica qualche giorno prima di incontrare… Rivera nel derby! Ma quando va usata? »,
chiediamo dal basso verso l’alto a Quarenghi.

« Dipende da giocatore a giocatore, perchè ognuno è diverso dall’altro: Facchetti per esempio
vuol smaltire la fatica subito, il lunedì mattina; Suarez invece il martedì. Ma noi vorremmo arrivare
a fare un’applicazione collettiva… e quindi dovremmo averne almeno undici in fila! »

« Quanto costano? »
« Poco più di un milione e mezzo l’una. Ma non è poi molto se servono a vincere! »
« E i giocatori non si sentiranno delle cavie? »

« Io sono sempre molto vicino a loro, quotidianamente. So quindi che non bisogna torturarli e far
loro perdere tempo. Occorre appunto evitare che sembrino degli esperimenti freddamente scientifici
e allora sono loro stessi che avvertono il bisogno di scaricare la tensione. Spontaneamente ».

I dieci minuti « al mugo » sono passati: ce ne siamo accorti immediatamente senza che
Quarenghi ci avvertisse del passaggio all’ultima fase, perché d’un tratto una doccia sferzante, acuta
come morbidi aghi si è abbattuta su di noi.

« Ma che cosa succede? »
« Sono gli ultimi, minuti! L’acqua, ad una pressione di tre atmosfere, esce a filamenti da dei fori

sottili e sottopone tutto il corpo a un massaggio eccezionale. Ora l’acqua è calda »

« Perchè dopo…? »
« All’ultimo minuto si trasforma in fredda, improvvisamente ».
L’idea non ci piace e rimaniamo con l’orecchio e la pelle tesa. Infatti, senza preavviso, ci sembra
di cadere nell’Artico, ma è subito finito tutto! Un accappatoio ci aspetta: l’operazione è durata
trentacinque minuti scarsi. L’ultimo massaggio a avuto l’effetto di un scarica di energia, di una
molla. Ci sentiamo freschi, tonificati, disintossicati. E ci attraversa una curiosa, se vogliamo,
sensazione di pulizia mentale. Quel senso dell’« ignoto » e lo scetticismo iniziali sono svaniti. Il test
ci ha veramente convinti. Quarenghi e Bear guardano con l’aria soddisfatta di chi non ha mai
dubitato. « I grossi problemi della medicina sportiva — ci spiega il medico dell’Inter — sono
soprattutto due: quello dell’assorbimento degli strappi muscolari e quello dello smaltimento della
fatica. Quanto al primo possiamo dire che l’Inter è all’avanguardia. Qualche giorno fa ci è arrivato
Cappellini con uno dei peggiori strappi che si possano immaginare: abbiamo restituito il giocatore a
Lerici dopo sei giorni! Medicina più terapia fisica: Wanono oramai una questione chiusa per
sempre. Anche se aveva doti “manuali” innegabili non ci serve. Quanto alla fatica, credo che ci
siamo… con quella che lei chiama bara ».

Nata per la dermatologia, sfruttata da Quarenghi nella sua clinica per reumatismi: è diventata la

« E se ci fosse stata anche l’anno scorso – conclude Bear – l’Inter non avrebbe perso lo

capsula di Helenio Herrera!

spareggio all’Olimpico! ».