1990 ottobre 16 Complimenti Gorby

1990 ottobre 16 – Complimenti Gorby!

OSLO. Il premio Nobel per la pace assegnato al leader sovietico
«Sono commosso. Con me ha vinto la perestrojka»
Nel mondo e in Italia un coro di commenti: «Meritato»

Assieme a Bush, Gorbaciov è l’uomo più armato del mondo. Come Bush, potrebbe
far distruggere il pianeta nel giro di 24 ore: nonostante gli accordi sul disarmo, Usa
e Urss conservano tuttora questo incommensurabile potere di morte. Di Saddam
Hussein ne esistono più d’uno; potenti come Bush e Gorbaciov nessun altro.
Che senso ha consegnare il Nobel per la pace proprio a Gorbaciov? Potremmo
rispondere che il chimico svedese Alfred Bernhard Nobel, prima di istituire i premi
per «particolari servigi» resi all’umanità, studiò molto sulla nitroglicerina fino a
inventare la dinamite. Ma questa è soltanto una battuta che segnala gli strani
sentieri delle biografie.
Premiando Gorbaciov, s’intende premiare una speranza che rasenta l’utopia.
S’immagina che chi ha stipato gli arsenali sia in grado di svuotarli; che chi ha
partecipato alla costruzione di un mondo diviso voglia renderlo solidale; che chi
afferma di lavorare per la pace sia strenuamente sincero. Il Nobel a Gorbaciov
premia la scommessa planetaria, una rivoluzione.
Oggi, perfino San Francesco avrebbe qualche difficoltà a vincere il premio. E
quando lo attribuirono a madre Teresa di Calcutta, il Nobel si caricò di pietà
cristiana e di apostolato sociale, ma sfumò in poche ore nella poesia di una piccola
grande donna. Quasi un fatto personale, che penetrava le coscienze senza scalfire la
politica.
Mai come nel nostro tempo abbiamo bisogno che la pace fiorisca nelle stanze dei
bottoni. Non un valore antitetico al Potere, ma la scoperta da parte del Potere:
soltanto se la pace abita al Pentagono o al Cremlino, diventa un’arma degli uomini
di buona volontà.
La fusione tra potenza e tecnologia è ormai tale da sottrarre ogni giorno di più
all’uomo della strada il controllo della guerra e della pace; il Nobel a Gorbaciov
significa anche affidarsi al Potere in sé, confidare in una neonata cultura degli Stati:
la pace conviene a tutti, la guerra a nessuno. Se la pace resta una predica, non
intaccherà nulla; se diventa un affare, forse cambierà il terzo millennio. Perciò è un
bene in mano alla politica, non alla morale.
Con il metro di giudizio etico, Gorbaciov meriterebbe poco o nulla il Nobel: perché
la storia lo ha quasi obbligato a scegliere la pace sulle rovine di un sistema
economico che non trova più le risorse né per i missili né per il pane quotidiano.
Ma il metro non può essere che politico: e dunque il leader sovietico lo merita tutto
se l’arte di governare è prevedere e se la qualità di uno statista si misura a
cominciare dal realismo.
Nonostante che i deterministi in pianta stabile ritengano gli uomini che fanno la
storia marionette automaticamente generate dalla realtà, Gorbaciov appare da
almeno cinque anni un po’ figlio del tempo e un po’ provocatore di eventi; se la
miccia gli è stata passata accesa dalla crisi del Sistema, lui ha dato fiato con tutti i
polmoni per incendiarla. Gorbaciov risiede su un crocevia di contraddizioni: è il

dittatore che più lavora per la democrazia; detiene la più alta concentrazione di
poteri personali nell’Impero più centrifugo rispetto al potere centrale; deve
inventare il mercato in un paese ad esso alieno che passò direttamente dagli Zar a
Stalin, dalla servitù della gleba al gulag.
Prima che per la pace, a Mikhail Gorbaciov spettava di diritto il Nobel della fatica.