1990 giugno 5 Attenzione a cantar vittoria

1990 giugno 5 – Attenzione a cantar vittoria

Ha vinto alla grande l’astensionismo.
I meglio intenzionati lo considerano alla stessa stregua di una fiducia
costruttiva. Come dire: se servono nuove leggi, provveda il Parlamento; perché
scomodare gli italiani con quesiti sempre più bizantini nella forma e ambigui
nella sostanza? Ciascuno faccia il suo mestiere.
Ne può derivare, come giustamente osserva Alberto Sensini, una spinta ai
politici. Ma a noi pare d’intravvedere in questo disimpegno di massa anche
pericoli da non sottovalutare.
É in crisi l’intero sistema politico, basato su pesi e contrappesi. Prima la
disaffezione ha colpito i partiti; poi il distacco ha separato i cittadini dalle
istituzioni; oggi gli elettori bocciano anche i referendum, cioè l’unico strumento
di democrazia diretta, il solo correttivo – per quanto imperfetto e abusato –
all’occupazione di quelle istituzioni da parte di quei partiti.
Senza entrare nel merito di caccia e pesticidi, attenzione a cantar vittoria. Il
passo dall’assenteismo al qualunquismo può essere brevissimo e non ci saranno
riforme istituzionali in grado di bonificarlo: l’Italia sta rischiando, con ottime
probabilità di successo, di diventare via via un deserto post-politico alla mercé
di gruppi di pressione, comitati d’affari, lobbies d’ogni risma. Cioè di interessi
particolari sempre più separati da ogni ideale.
L’assenteismo del Parlamento alimenta per disperazione i referendum; la
generale sfiducia punisce i referendum rinviando al Parlamento. Si fa strada un
meccanismo perverso del quale pagheremo certamente lo scotto in termini di
credibilità, già bassissima. Su questo piano, e indipendentemente dal contenuto
dei referendum ieri azzerati, non può passare inosservato che il Veneto e il
Friuli Venezia Giulia sono le regioni di maggior tenuta della partecipazione; che
città come Gorizia, Padova o Venezia hanno registrato le percentuali più alte nel
voto contro il 20% di Reggio Calabria, luogo più abbandonato e sfasciato del
Sud, o il 23% di Brescia, capitale del fucile da caccia. Massimi e minimi sui
quali meditare al di là delle rispettabili ragioni dei sì e dei no.
Ora si sproposita indifferentemente di «prova» di democrazia e della sua
«morte»: gli interessi e le faziosità rendono non validi persino i bilanci dei

referendum. Proprio il colmo.