2004 marzo 21 Terrorismo

Caro Direttore,
fai conto che anch’io, come tanti, sia un pendolare di treno, un passeggero d’aereo e di
metropolitana, oppure uno spaesato frequentatore di ipermercati. Fai poi conto che, oltre a leggere
volentieri un quotidiano, riesca a vedere a pranzo e a cena un paio di telegiornali. Non bastasse,
scambio pensieri, fottute paure di massa e incombenti presagi con tanta gente che s’incontra in
bottega o in ospedale, all’ufficio postale e in negozio.
Più normalità di così si muore, ma ecco il punto che provoca un vuoto speciale come se tutto
entrasse da un orecchio dell’opinione pubblica e uscisse dall’altro senza lasciare traccia nel
cittadino standard. Se do retta a tanti politici e a tanta informazione, ho soltanto capito che per
combattere il terrorismo “bisogna”. Bisogna é diventato il verbo salvavita, bisogna é il dovere
d’ufficio, bisogna é la parola d’ordine.
Bisogna far questo e quest’altro; meglio ancora se bisogna fare esattamente il contrario di ciò che
fa, farebbe o pensa di fare l’avversario politico. Bisogna in ogni caso prenderla alla larga.
Bisogna risolvere il conflitto tra palestinesi e israeliani. Bisogna pacificare i Balcani. Bisogna
trovare una soluzione per la Cecenia. Bisogna dialogare con l’Islam anche quando non volesse
dialogare con l’Occidente. Bisogna aprire una fase nuova con i Paesi arabi. Bisogna. Bisogna
reinventare l’Europa. Bisogna dare una svolta alla guerra in Iraq. Bisognava liquidare Saddam
Hussein con metodi politici. Bisogna ridare potenza armata all’Onu. Bisogna rivedere la
globalizzazione. Bisogna livellare le disuguaglianze del mondo.Bisogna combattere il terrorismo
con la pace.
E’ una raffica di “bisogna” che affronta in un colpo solo tutta l’imperfezione umana e che pretende
di redimerla in due e due quattro. La conseguenza di questa strategia é paradossalmente la perdita di
ogni ravvicinata speranza.
Se tutto ciò che “bisogna” fare é di sovrumana portata o quasi, io pendolare della quotidianità, io
passeggero ignaro, io telespettatore di notiziari mi sentirò sempre più solo e insicuro nel mio treno,
nel mio aereo, nella mia capacità di essere informato e di capire. I tanti rituali “bisogna” dei politici
spingono me, lui, lei, noi, chiunque, a immaginare che ci vorranno anni e anni, forse decenni, per
venire a capo di qualcosa.
Ma nell’attesa retorica di mettere d’accordo l’Islam moderato con l’Occidente, palestinesi con
israeliani, serbi con kosovari, sunniti con sciiti – e via elencando per un paio di pagine – che cosa si
può fare da subito, questa domenica compresa? “Bisogna” rispondere.
Caro Direttore, a me piacerebbe che la politica dicesse cose molto più dure e più sincere, dunque
più rassicuranti dato che niente rende insicuri quanto le mezze verità. Vedi Aznar.
“Bisogna” allora ribadire che siamo in guerra, una guerra inedita ma pur sempre guerra. Che questo
tipo di guerra durerà a lungo, costerà molto e, come ogni guerra, richiede soprattutto informazioni,
tecnologia e uomini molto addestrati. Che questa guerra non scoppiò in Iraq un anno fa, ma a New
York e a Washington tre anni fa.
L’undici settembre 2001 fu detto all’unanimità:”Il mondo non sarà più lo stesso”, e tuttavia restò
una frase fatta soprattutto per l’Europa. Il mondo é invece cambiato ma noi siamo rimasti gli
smemorati di sempre. Tanto, nel bene come nel male, provvedono gli Stati Uniti.
Dopo l’attentato di Madrid, non sono più insicuri gli Stati: é più incerta la vita comune. Ha
ammesso la prima carica dello Stato (Ciampi) che la minaccia é grande. Ha aggiunto la terza carica
(Casini) che mentre siamo seduti su una “polveriera” da noi si fa lotta politica come tra i
”cannibali”. Il ministro degli Interni (Pisanu) lo chiama oramai “terrorismo islamico di massa”. Il
quotidiano dei vescovi italiani (Avvenire) ha denunciato con coraggio “l’assordante silenzio del
mondo arabo di fronte alle stragi”.
In Italia sono accertate innumerevoli cellule; forse mille sono i terroristi preparati di tutto punto;
almeno ottanta gli attentatori-suicidi, con basi logistiche, complicità estese, moschee sospette,
finanziamenti dissimulati e coperture. Una volta si diceva che andavano prosciugate le paludi di
protezione del terrorismo; oggi trionfa il “bisogna” qua bisogna là senza mai sfiorare i temi più
delicati e impressionanti.

Fino a ieri si distingueva tra emigrazione regolare e clandestina: oggi varrebbe la pena di
selezionare tra emigrazione per lavoro o per proselitismo. Nel nome della sicurezza, sarebbe
consigliabile dare un taglio anche alla privacy. E l’Europa, che se la prende sempre comoda per i
suoi amorali interessi, meriterebbe la diserzione di massa alle vicine elezioni europee: non andare a
votare per votarla a darsi un ruolo, un’identità, una reputazione, anche dei rischi.
Come cittadino, avverto la nausea per i “Bisogna” televisivi che girano le spalle alle vere pulsioni di
noi pendolari del vivere e del convivere con il terrorismo. Ci stiamo maledettamente abituando al
sangue.