2004 marzo 14 Roberto Baggio

2004 marzo 14 – Roberto Baggio

Un campionissimo merita la precedenza anche sulla partitissima: il Milan é sempre più solo e
sempre più vicino allo scudetto, ma prima lasciatemi dire di Roberto Baggio, 37 anni compiuti, che
sono tanti soprattutto per chi come lui aveva a 18 anni un ginocchio massacrato allo stesso modo di
Ronaldo. Fra pochi mesi l’età lo spingerà ad abbandonare i campi di gioco e noi, spettatori di una
carriera sempre nel nome del football piumato.Ci mancherà un sacco, questo é matematico.
L’ho osservato bene ieri mentre in dribbling preparava il 200° gol personale in serie A, con il
pallone che gli scivolava docile lungo il cuoio della scarpa come del tutto privo dei 440 grammi di
peso. L’insostenibile leggerezza di Baggio rende leggeri anche i bulloni sull’erba e difende gli stadi
dalla ruvida broccaggine sempre in agguato.
Alla fine della partita, l’ho poi visto uscire con pudore, quasi per difendersi dalla stima sanamente
populista degli stadi. I capelli si sono fatti grigi; il codino gli accompagna sulle spalle i pensieri del
crepuscolo. E’ un campione che ha sempre saputo perdere e vincere, incassare i colpi e rimettersi in
piedi, anche quando noi – dalle comode tribune della stampa – gli rinfacciavamo presunte mollezze,
eccessi di stile, abusi di tocco. Fatti tutti i bilanci, ha sempre vinto lui.
Il calcio italiano esporta le sue pergamene proprio attraverso i Baggio, assi che fanno scuola. Se
pensi a un portiere per tutti i tempi, non puoi ad esempio che ripensare a Zoff: era più completo di
tutti i portieri oggi in circolazione. Sono così gli assi, messaggeri ininterrotti di libere docenze, di
ricordi e di simboli, vedi il duecentesimo gol di un attaccante che comanda come un regista e che
segna quanto un centravanti.
La classe é classe. Banalissima verità questa che vale per Baggio come per il Milan, da ieri sera
sette punti davanti alla Roma e nove davanti alla Juve.
E’ una macchina il Milan, un collettivo di classe come la Juve un collettivo di nerbo. Per venti
minuti il Milan non ha quasi giocato. Poi, sornione, in souplesse, senza dare nell’occhio, ha
mandato Shevchenko in gol.
Bella azione, bellissima incornata, ma il tutto senza stupore, quasi fosse la cosa più naturale del
mondo. La superiorità del Milan consiste appunto nella disarmante fiducia negli schemi. Investe
tutto sulla tecnica, sui “piedi buoni” si diceva una volta, sull’impianto affidato a tanti giocatori di
livello euro-mondiale, che vanno dal vecchio Maldini al giovanissimo Kaka.
E’ una squadra messa in piedi pezzo su pezzo con un solo fallimento: Rivaldo, che ha lasciato
Berlusconi dichiarandosi “infelice”. Per il resto, si é rifornita presso la Ditta Generosa, leggi Inter,
che al Milan ha trasferito un regista da nazionale (Pirlo) e una mezzala d’oro (Seedorf). Detto alla
svelta, contro la Juve Seedorf ha servito il primo gol e confezionato gli altri due.
Non crederete che sia stata una passeggiata. Una Juve saggia e umile, consapevole delle sue
magagne e dei suoi limiti, ha fatto con ammirevole orgoglio quasi tutto il possibile: solo che, con
questo Milan felpato e micidiale, ciò che può l’attuale Juve non basta. Né basterà la Roma
dell’affannoso 0-0 di Reggio Calabria.
In classifica, soltanto il Milan e la Roma occupano il posto giusto. Persi Europa e scudetto, la Juve
ha in fondo più punti di quanto vale.