1995 settembre 17 Lettera aperta a un sindaco del Nordest

1995 settembre 17 – Lettera aperta a un sindaco del Nordest

Caro signor Sindaco, non so quale sia il suo partito, né m’interessa saperlo. Bado al ruolo, non
all’appartenenza politica. In questi anni, nel dare voce al Friuli-Venezia Giulia e al Veneto, mi sono fatto
un’idea del Nordest, Trentino compreso. Forse velleitaria, forse destinata al macero, ma robusta e sorretta
da molti indizi. Questa. Roma ignora la nostra fame di riforme: non solo nostra beninteso, ma
preliminarmente nostra. Sulla spinta al riformismo, il Nordest ha preceduto tanto la Lombardia quanto il
Piemonte, per non parlare dell’Emilia. La ragione è molto semplice. Il modello economico del Nordest,
a galassia senza nucleo nutre una particolare avversione per la burocrazia, il vincolo, la manomorta.
L’altro capitalismo – che pur ci vuole in un grande Paese industrializzato – riesce ad arrangiarsi; spesso
i grandi gruppi sono addirittura capaci di monetizzare la burocrazia attraverso il privilegio: insomma la
detestano, ma in qualche modo la sfruttano. Da Roma dunque riforme zero; se andasse bene, al massimo
poche e tardi. Potrebbe pensarci la base, cioè i cittadini. Ma la «gente» è gergo da tv, il «popolo» da
retorica, l’«opinione pubblica» da dibattiti chic. Non ce la facciamo. Qui ci vuole un soggetto terzo: i
sindaci. Con tutti i limiti di un ceto dirigente alla ricerca del tempo perduto, voi rappresentate il meglio
che abbiamo. Caro signor sindaco, eletto finalmente in via diretta, lei «è» la gente, tutta, anche chi non
l’ha votata o le ha votato contro. Non ha bisogno di altre investiture per rappresentare la spinta alle
riforme di un’area europea come il Nordest. E quando cederà la carica, carica non poltrona, potrà
consegnare con coraggio il testimone. Da solo, lei conta poco o nulla per questo obbiettivo. Se aggregato
a tanti, ma dello stesso colore politico, la forza d’urto perderà ben presto vigore. Ma centinaia di sindaci
di ogni tendenza, capaci di trascinare le loro Regioni e di battere durissimi pugni a Roma, farebbero del
Nordest ciò che è già con l’economia ma nemmeno vagamente con il peso politico: un’avanguardia. Solo
con i sindaci si può fare la «rivoluzione». Abbiamo bisogno di amministrare per togliere ostacoli al
cittadino, non per strozzarlo. Sarei già soddisfatto se il «Gazzettino» riuscisse a farla riflettere, signor
sindaco, su questa sua responsabilità di motore riformista.

17 settembre 1995