1993 luglio 11 Le Italie di De Lorenzo e Di Pietro
1993 luglio 11 – Le italie di De Lorenzo e Di Pietro
Sembra il coro dell’Aida. Il ministro Conso annuncia la modifica del codice. I telegiornali di
Berlusconi chiedono ai giudici di rispettare… la legalità. Gli avvocati esultano a cominciare dal
legale della Fiat, Chiusano, l’impavido che smentiva le tangenti pagate da Corso Marconi finché
non lo avvertì da Venezia Gianni Agnelli in persona.
Non processiamo le intenzioni, atteniamoci ai risultati. Dopo il monito di Scalfaro, l’imputato è Di
Pietro. Una bacchettata su Mani pulite, questo l’effetto.
Nelle stesse ore passa sotto silenzio una notizia non da poco. Per la seconda volta, la magistratura
elvetica ha detto no alla richiesta di indagare su una trentina di conti bancari cifrati, tutti intestati a
politici italiani sotto inchiesta.
Dopo il no alla Procura di Milano, la Svizzera ha cassato anche l’istanza del Comune di Milano, che
si era costituito parte civile nel processo ai mariuoli pubblici. Il Tribunale federale ha mandato pure
il conto per il disturbo: così il Comune dovrà pagare 15 mila franchi svizzeri di spese. E così impara
a ficcare il naso nei risparmi di tanti poveracci.
Prendete l’ex ministro della sanità Francesco De Lorenzo; il suo conto era il numero 7778 presso la
Banque Bruxelles Lambert di Ginevra. Un conto che i cittadini italiani dovrebbero riprendersi come
un bancomat, visto che vi era destinata parte delle tangenti per il sovrapprezzo dei medicinali.
Che c’entra De Lorenzo con il garantismo? C’entra, eccome. De Lorenzo non è uno qualunque, ma
il simbolo del regime proprio perché la politica l’avrebbe potuta fare alla grande, da privilegiato.
Famiglia influente, ricco, studi all’estero, biologo con ambizioni addirittura da Premio Nobel.
“Finalmente un competente al Ministero della Sanità”, si disse. Oltretutto, quello Liberale non ha
nemmeno l’alibi dei partiti di massa, la cui macchina ha divorato centinaia di migliaia di miliardi.
De Lorenzo poteva prendersi qualsiasi lusso, compreso quello di servire lo Stato senza rubare.
Il settimanale “Panorama” ha pubblicato ieri i verbali del suo potente e fidato segretario, Giovanni
Marrone. Un giorno fu convocato di tutta fretta a casa dell’ex-ministro. Lo trovò in cucina intento
assieme ai suoi familiari a bruciare documenti contabili in un pentolone sul fornello.
In quel pentolone fumante c’è tutta una certa Italia tradita, un Paese che ha un sacco di vizi ma che
sa anche ricominciare da capo senza ghigliottina e tantomeno Piazzale Loreto.
Diciamo la verità: la carcerazione preventiva, che il codice penale prevede per tutti i reati di
Tangentopoli, ha impedito che l’inquinamento della verità strangolasse le inchieste, le speranze di
giustizia, lo stesso Stato di diritto. Che si fonda sull’equità, non sui privilegi.
L’Italia dei De Lorenzo è lo scandalo, non l’avviso di garanzia per quanto urlato dai giornali.