1989 novembre 25 L’ultimo treno del Pci

1989 novembre 25 – L’ultimo treno del Pci
Nella giornata in cui la folla prendeva a spallate anche il regime comunista di Praga; nella giornata in
cui centinaia di migliaia di praghesi restauravano la primavera che nel lontano 1968 fu martoriata dai
carri armati sovietici; nella giornata in cui il perseguitato, umiliato, vilipeso leader di quella primavera,
Alexander Dubcek, ha potuto spalancare le braccia e sorridere a un’intera città; in una giornata come
questa, che suggella un dramma epocale e il fiorire di una inesplorata speranza; in un’altra memorabile
giornata che arriva dall’Est, che cosa mai poteva votare a Ovest il Comitato centrale del Partito
comunista italiano se non il sì alla proposta di Occhetto di dar vita a una «nuova formazione politica»?
Un atto dovuto, un gesto di pudore storico. E, in attesa del congresso straordinario del Pci, una
dichiarazione di morte presunta di tutta l’esperienza basata sull’ideologia leninista. Il Pci si è per la
prima volta veramente contato, come s’usa in democrazia: 219 i sì alla svolta, 73 contrari, 34 astenuti.
L’«archeologia» comunista, per usare una definizione di Craxi, è ancora estesa, ma ora Occhetto non
può più voltarsi indietro. A costo di pagare scissioni e crisi di rigetto anche pesanti, la ricerca di un
posto al sole nella nuova sinistra italiana non può che approdare a un taglio secco con i vecchi
compromessi e le bugiarde liturgie dell’«unità» di partito. Non è vero che Occhetto ha fatto le cose
troppo in fretta e che per questo ha spaventato il Pci. È vero l’esatto contrario: Occhetto ha preso al
volo l’ultimo treno a disposizione. Ha fatto appena in tempo a non arrivare dopo Dubcek e a scegliere
prima che lo stesso Gorbaciov giunga a Roma a garantirgli che al comunismo nemmeno lui crede più.
25 novembre 1989