1989 novembre 18 Intervista a Cacciari

1989 novembre 18 – Intervista a Cacciari

«Dobbiamo uccidere il passato»

• Il Pci fu fondato per servire gli interessi dell’Urss
• Marx per primo avrebbe preso a picconate il muro
• E ora soltanto l’Europa può salvare l’Est

«Dobbiamo uccidere il padre, un passato ingombrante, liberare l’armadio del Pci da un vecchio
scheletro: l’atto stesso di nascita del partito comunista italiano, che negli anni ’20 Mosca aveva voluto
funzionale agli interessi dell’Unione Sovietica».
Filosofo attentissimo alla politica, intellettuale refrattario alla diplomazia, Massimo Cacciari chiama le
cose per nome, spazza via ambiguità e reticenze. Le sue sono autentiche picconate al conformismo.
Non ripudia il «metodo di analisi sociale» di Marx, ma mette a nudo la più nefasta realizzazione del
marxismo-leninismo, cioè «una fanatica e giacobina burocrazia» il cui solo scopo si riassume nella
«sopravvivenza dittatoriale». E attenzione, è l’avvertimento di Cacciari: questa depravazione non
risparmia nessuno, nemmeno i partiti comunisti che, come il Pci, hanno potuto godere delle condizioni
della democrazia occidentale. Anzi, fatti i debiti raffronti, l’apparato, la struttura di partito, la
burocrazia che si sono radicate all’interno del Pci fanno addirittura più «resistenza» della nomenklatura
moscovita.
Solidale con Occhetto a 48 ore da un Comitato Centrale che per il Pci segnerà una svolta e/o una
frattura, il filosofo veneziano pone i termini della sfida per una nuova sinistra, che dovrebbe «mostrare
di saper amministrare equamente, ma anche secondo criteri imprenditoriali, i servizi conquistati
dall’Europa». Per farcela i post-comunisti italiani dovranno letteralmente «distruggere» la loro
struttura-partito nel nome di programmi che rifiutino il settarismo anti-socialista.
L’intervista di Cacciari uccide la tecnica del compromesso.

novembre 1989