1989 novembre 11 Una gioia terribile

1989 novembre 11 – Una gioia terribile
L’unico modo per trattenerli è di lasciarli andare. Hanno già preso a picconate il muro perché la voglia
di libertà non diventi esilio; perché d’ora in poi si può restare soltanto se si comincia a credere. Lo
scrisse qualche mese fa uno storico russo: lentamente e faticosamente ritorna la politica, senza la quale
non solo non può esserci il socialismo ma non può esserci nulla. Con la politica ritorna possente la voce
dei popoli che, disarmata, abbatte i più armati regimi. Guardiamo quel piccone sul muro: è la più bella
foto dell’anno. Mostra il vuoto delle dittature. Parate, divise, bandiere, folle oceaniche, inni, destini
fatali, paradisi in terra, internazionalismo: tutta cartapesta, trucco, vernice, menzogna, illusione. Dietro,
il nulla. E i popoli azzerano la Storia, svelando un Sistema che non ha mai trasformato la forza in
consenso, in nessun luogo sotto nessun leader. Il primo leader comunista cui l’Est dà credito popolare è
Gorbaciov, perché è il primo a ripudiare l’edificazione del comunismo. Una ad una, ne sta smembrando
tutte le parole d’ordine, a cominciare dal mito dei Paesi fratelli. Da Varsavia a Budapest, da Berlino a
Sofia, il comunismo si arrende perché la Storia è rinata ma non è più la sua. Una gioia terribile
attraversa in questo momento 1’Europa, si chiede quanti anni di riforme, di pazienza, di cooperazione,
di lungimiranza ci vorranno perché il comunismo esca dal vortice e approdi a una nuova sponda? Quali
frustrazioni, quanti apparati e quanti minacciati poteri dovrà vincere Gorbaciov per salvare il sogno? E
potrà Gorbaciov, o altri dopo di lui, realizzare la riforma delle riforme, cioè abrogare se stesso perché la
democrazia ripercorra tutto il suo cammino naturale, dalla base al vertice? Nessuno può rispondere
oggi, nemmeno Gorbaciov, perché noi tutti assistiamo, più che alla trasformazione del vecchio, alla
nascita del nuovo. Non abbiamo precedenti, esempi, sondaggi, statistiche o proiezioni che ci possano
aiutare; abbandonati dall’esperienza, stiamo vivendo in diretta una reazione a catena di incredulità e di
speranze. Di fronte al prodigio del nostro tempo, sentiamo i fatti più grandi degli uomini. E i governi
obbligati a crescere per non mancare all’appuntamento.
11 novembre 1989