1986 novembre 8 Se Craxi è a Venezia

1986 novembre 08 – Se Craxi è a Venezia
Se Craxi è a Venezia una importante ragione ci deve essere. A cinque mesi dall’alternanza alla
presidenza del consiglio e mentre il governo tenta di resistere al partito delle elezioni anticipate, non
crediamo che la presenza di Craxi nel Veneto voglia soltanto ricordare il luttuoso 1966 di una Città, di
una Regione, delle Tre Venezie. L’occasione gli servirà per ratificare il moltissimo che s’ha da fare.
Con due leggi, degli anni settanta e ottanta, Venezia rappresenta una questione «speciale», che richiede
oggi un intervento culturale e tecnologico di proporzioni senza precedenti. Non tanto per i dieci anni di
lavoro necessari o per i diecimila miliardi da investire, quanto per il modello che l’impresa finirà con il
proporre nell’equilibrio tra ambiente e sviluppo, tra recupero e consumo, tra beni immateriali e
territorio.
Il sindaco di Venezia non bluffa quando pone l’accento sulle cose fatte o avviate. Ma la grande impresa
è tutta da inventare: il Consorzio Venezia Nuova ha solo da pochi giorni piantato i primi cartelli dei
primi cantieri e dovrà spendere almeno 40 miliardi in ulteriori sperimentazioni. L’aeroporto così come
sta non serve né al lavoro né al turismo. Il porto si vede costretto a una drastica ristrutturazione per
sfuggire a una sempre più drammatica marginalità rispetto ai traffici: una grande azienda come la
Marzotto fa più in fretta e spende meno servendosi dei porti del Nord Europa; a differenza di un recente
passato, oggi a Venezia non fa sbarcare nemmeno un chilo delle sue lane.
Né Venezia né il Veneto ce la faranno senza una speciale attenzione del Governo e dello Stato. Su
questo non ci sono dubbi e la presenza di Craxi sembra garantirlo, se abbiamo capito bene.
L’anniversario di questi giorni ha fatto riflettere molto sulle cose da fare. Gli stessi imprenditori
tendono, in sede di programmazione, a sottolineare le priorità piuttosto che a chiedere un tutto che alla
fine equivale a ottenere il nulla. E nel momento in cui respira un neo-rinascimento culturale, Venezia
ha all’ordine del giorno la crisi della cultura pubblica.
Il ministro socialista De Michelis propone di farla finita con la Biennale; nemmeno di cambiare il
famigerato statuto che la regola, proprio di archiviarla per esaurimento della funzione. Lo stesso
festival del cinema, che ne rappresenta il braccio forse più vivo, soffre di claustrofobia, costretto com’è
a sostenere gli impatti internazionali, da Cannes agli Usa, con strutture da primi anni cinquanta.
Venezia non è un centro storico, Venezia e basta. È una città del mondo, recuperata anche dal mondo.
È soprattutto un capoluogo di Regione che per istinto si apre e si intercollega da Verona-Trento a
Udine-Trieste. Se oggi Craxi sta a Venezia, noi vogliamo credere che con lui sia presente la coscienza
politica dell’avvenire dell’Italia del nord-est.
novembre 1986