1986 ottobre 17 Un jet di ferri vecchi
1986 ottobre 17 – Un jet di ferri vecchi
Questa Italia sembra un jet carico di ferri vecchi. I cervelli sono da premio Nobel, i conti economici
migliorano, il Paese avanza nello sviluppo, la società no: è anzi centrifuga rispetto all’Europa, spesso
offre standard terzomondisti. Vi trionfa il «fai da te» delle corporazioni; persino i Tir hanno scoperto la
lotta di classe e faranno lo sciopero bianco buttandosi per una settimana sulle strade statali a velocità
d’ingorgo. Visentini sostiene che certi aspetti del nostro sistema fiscale sono «uno schifo». La
«giustizia giusta» sbanda tra referendum, amnistie, condoni, codici vecchi e magistrati esposti alla
scarsa cura dello Stato. De Michelis confessa che per l’occupazione nel Mezzogiorno c’è ben poco da
fare in clamorosa assenza di strutture di «normale amministrazione» statale. Il fisco, la giustizia, il
lavoro, sono i parametri attraverso i quali si classifica un Paese moderno. Assieme alla scuola e alla
sanità, chi imposta i cittadini e chi li assiste. Per la prima volta tutti i sindacati, autonomi compresi,
sciopereranno insieme paralizzando il 7 novembre la scuola. Che così com’è i socialisti, forza di
governo, vogliono prendere a «spallate» e che gli imprenditori ritengono «incapace» di adeguarsi
nell’insegnamento a una realtà mai come oggi dinamica. Una scuola che investe ancora poco nella
formazione di una categoria decisiva per la crescita della società, gli insegnanti. L’emergenza civile
salta agli occhi di tutti ma la burocratica complessità dei problemi blocca l’iniziativa al livello più
comodo, quello della denuncia. Il caso-sanità occupa il primo posto nella hit parade dell’inerzia. Non
c’è un cane che non riconosca che la riforma ha tradito le intenzioni, che le Usl sono un mercato
politico, che i medici sono stati espropriati di ogni identità, che gli ospedali sono allo sfascio, che in
busta paga o con la tassa della salute la gente paga un’enormità per i servizi che riceve, che il degrado
favorisce scandali del tipo fustelle e speculazioni a vantaggio della sanità privata, che un formidabile
patrimonio di professionalità personale viene umiliato e rimosso dall’inefficienza delle strutture. Se
sono tutti d’accordo sulla diagnosi, perché non sulla terapia? Perché le trasformazioni esigono potere di
gestione più che gestione del potere.
17 ottobre 1986