1986 maggio 31 Mondiali Mexico 86. E il calcio non è più l’oppio dei popoli

1986 maggio–E il calcio non è più l’oppio dei popoli
Umberto Eco definì lo spettacolo calcistico un innocuo «eccesso di voyerismo». E quando l’Italia
stravinse in Spagna il suo terzo campionato del mondo, intellettuali e politici parlarono di «neo-
patriotismo» È sempre stato così: con il saluto romano nel ’34 e ’38 o dentro la mondovisione
repubblicana del 1982, il calcio ha sempre significato qualcos’altro. Uno dei tratti distintivi della vita
italiana – sosteneva Luigi Barzini – è il funzionamento sempre difettoso di qualsiasi istituzione e di
qualsiasi legge, anche le migliori: nasce probabilmente qui una voglia tutta particolare di simboli alla
buona, popolari, che lascino sempre intendere chi ha vinto e chi ha perso. La certezza del diritto
rappresentata dai gol.
Pezzo Tagliato
Un campionato del mondo rappresenta il massimo dell’azzardo e dell’avventura. Quando ti senti sicuro
puoi patire una Corea; quando ti credi alle corde liquidi anche le danze del Brasile o i cingoli della
Germania. Si può facilmente riconoscere la metafora dell’esistenza, la rivolta al destino prefabbricato.
Se, con titoli grandi come un bambino, i quotidiani di sport invocano il fatidico «Facci sognare», in
fondo propongono psicanalisi allo stato elementare. Ma esiste una via italiana anche nell’essere
campioni del mondo. Lo siamo senza iattanza, quasi con pudore; il censo ci mette addosso inquietudine
più che orgoglio. Così scarno, così friulano, Enzo Bearzot rincorre geometrie e nervi della squadra
come se fosse sempre la prima volta. L’italiano ha perso troppe guerre per fidarsi delle vittorie, ne
soffre un inesprimibile struggimento.
Pezzo Tagliato
Tra spettacolo planetario e corruzione diffusa, il calcio riesce ad essere straordinariamente coerente con
una società tanto vitale quanto simoniaca. Spostiamo processioni e orari di lavoro perché sospettiamo
che la Nazionale sia l’unica istituzione che ci rappresenta in totale, ingenua sincerità. È un gioco, un
divertimento, un mistero. È il più piacevole dei trucchi: se vincerà, avremo vinto; se perderà, avrà
perso. Com’è destino di ogni istituzione.
maggio 1986