1986 maggio 25 Quale peccato

1986 maggio 25 – Quale peccato

I mass-media hanno potere. Uno dei modi di mitigarlo è di dare ampiamente parola al pubblico “non
organizzato”, soprattutto quando dissente; sul comune senso del pudore – come su qualsiasi altro
tema – la libertà non patisce pudori, né nostri né dei lettori.
Il potere dell’informazione – scriveva Jean Louis Servan Schreiber – “è mosso da una logica sua, in
cui esagerazione e amplificazione si mescolano a scrupolo e analisi. Volerlo limitare perché spesso è
inesatto o esagerato sarebbe come trovare preferibile l’ignoranza”. Il pudore dell’autocensura spesso
coincide con la disistima delle capacità critiche del pubblico o con l‘interesse occulto di altri poteri.
Gli eccessi della libertà creano danni sempre inferiori a quelli provocati da omissioni e silenzi, il vero
scandalo sta nell’inganno.
Rettore dell’università di San Francisco, il professor Hayakawa calcolò alcuni anni fa che un bambino
statunitense, prima di compiere diciotto anni, avrebbe visto 350 mila messaggi pubblicitari. Pur
presumendo la buonissima fede in ciascuno di noi, diventa difficile sostenere nel 1986 che la
pubblicazione di una pagina pubblicitaria con parziale nudo possa configurare il degrado della
morale, quando i più alti indici di intrattenimento popolare riguardano spettacoli che, sui teleschermi
di Stato o privati, usano la pelle come linguaggio di massa.
Il costume di un popolo forse migliora o forse peggiora, ma certamente muta e confonde la nostra
cultura, tra conservazione e trasformazione. Testimoni del quotidiano, non possediamo il sillabario
del bene e del male ne crediamo al qualunquismo della notizia: siamo invece propensi a ritenere che
il valore di una presenza nella società dell’informazione non sia affidato a qualche scorporato
messaggio, tantomeno a un capezzolo, quanto a un metodo complessivo di responsabilità.
Un giorno i francesi pubblicarono un nuovo catechismo, che quasi cancellava i peccati della carne e
denunciava alla coscienza i peccati sociali, il prevalere del pubblico sul privato, un umanesimo
cristiano che guardava prima di tutto al “prossimo”. Mai come oggi, nella dissociazione tra sviluppo
della scienza e principi etico-politici, l’impegno civile ha diritto di precedenza: risulta infinitamente
più pedagogico fomentare nei giovani la resistenza a monetizzare la vita che misurare i centimetri di
una coscia excelsior quale parametro di educazione.
Quando giunsero le prime lettere di protesta al giornale, affidai la risposta a un prete, a un magistrato,
a una donna: parlò la ragione, non l’arroganza; e furono giudizi tolleranti, non settari, nei quali mi
riconosco. La sensibilità non è un bene all’ingrosso, standard, prodotto della moda. E se il “comune
senso” della gente provoca opinabili valutazioni, a maggior ragione l’individuo esercita il
diritto/dovere di pensare a modo suo, fino ai confini della solitudine e della trasgressione allo stesso
“senso comune”.
Qui conta non fare della pornografia vera o presunta un post-tabù.