1986 maggio 11 Nanocurie formato Italia

1986 maggio 11 – Nanocurie formato Italia
Noi pensavamo che il nano-curie fosse una unità di misura non opinabile. Che gli strumenti di
rilevamento fossero prodotti di alta tecnologia. Che i vari enti e istituti di fisica più o meno superiore
potessero garantire una lettura dei dati comprensibile alla gente. Che la scienza riuscisse ad aiutare
l’informazione non a confonderla.
Come non detto. Da quando bruciò Chernobyl, tiene banco il nano-curie all’italiana, pirandelliano,
lottizzato, volubile, buono per tutti gli usi, non più unità di misura ma di emozione. Quanto più cresce il
diritto dell’opinione pubblica a sapere, tanto più cala la capacità dei mass-media di comunicare notizie
credibili.
Le fonti sono dissociate, quasi sempre in conflitto tra loro, in preda a una infinità di variabili. Enea,
Ispra, Cnr, Protezione, Sanità: la pioggia radioattiva è pari al diluvio di elaborazioni. Nessuno si fida
più, né i pretori né i consumatori, che ordinano proprie analisi. Quanto ai controlli regionali, ognuno
amministra la nube alla buona, in chiave locale, prendendo misure che variano da un chilometro
all’altro. E del resto non c’è da stupirsi quando milioni di telespettatori hanno visto in diretta illustri
fisici dare degli «imbecilli» e degli «incapaci» a colleghi di primo piano.
Bisogna riconoscerlo: in tanto marasma, l’unico ad aver agito presto e bene è stato Degan. Non capita
tutti i giorni di sentirsi difesi più dai politici che dai tecnici. In Italia la scienza è più di Stato che libera?
La nube semina radioattività e imbarazzo non meno tossico.
maggio 1986

Il disastro avvenne il 26 aprile 1986