1979 dicembre 24 Buon Natale agli sportivi di buona volontà

1979 dicembre 24 – Buon Natale agli sportivi di buona volontà

Fateci caso. Il Papa sciatore ha pochi giorni fa ratificato la
costruttiva funzione dello sport. A Mosca stanno allestendo la
prima olimpiade comunista come se dovessero rifare la rivoluzione
del 17 ottobre. Anche se la gente va meno numerosa allo stadio, il
Totocalcio registra record su record nelle giocate. Nei mesi scorsi,
la Rete 3 della Rai ha scelto quali prove tecniche delle sue
neonate trasmissioni le grandi partite della nazionale di calcio.
Da qualunque parti si guardi, lo sport di massa sta ben dentro il
costume, è un occhio aperto sulla realtà contemporanea. Ciò
anche si rivela spesso contraddittorio e ambiguo, né più né meno
di tutto il resto del quotidiano: “L’ambiguità dei comportamenti – ha
scritto di recente Giuliano Zincone sul Corriere – sembra l’unica
parola d’ordine possibile non soltanto per i governi ma anche per
la gente comune”. E’ la regola della nostra società.
Così, mentre si parla sempre più di frequente di sport sociale,
aumenta in parallelo l’uso commerciale dello sport da parte degli
sponsor. Nelle aree urbane degli anni ’50 c’erano più case di
tolleranza che palestre, ma nemmeno oggi lo Stato ha preso piena
coscienza di quanto alternativo allo sfascio metropolitano sia
l’investimento sullo sport dei giovani e giovanissimi.
Quando lo Stato aveva tempo e denaro per per pensarci, non lo
fece per sottocultura. Oggi, sommerso da mille drammi, si trincera
dietro le “priorità” ed è già qualcosa, sia pure a passi di nano, si
parli di “sport nella scuola”. E’
il momento delle circolari
ministeriali. Anche nello sport c’è dunque il fenomeno del riflusso
nel privato: non essendoci lo “sport per tutti”, c’è lo sport a uso
personale, la moda del footing, il boom amatoriale, lo sviluppo
dell’associazionismo.
Per fortuna c’è Serafino, la mongolfiera di Sesto San Giovanni, a
scandalizzare i nostri moralisti: “con lo show a San Francisco –
dicono – ha rovinato l’immagine dell’Italia e dello sport italiano”.
Nessuno che annoti quanto sia infinitamente preferibile esportare
Serafino piuttosto che Sindona o Crociani. Nessuno che, stando
allo sport, si preoccupi di rovinare “l’immagine” con un calcio
cronicamente espulso dalle coppe europee.
Quello del calcio da “terza fumatori” è l’argomento più natalizio
dell’anno, evapora come bollicine di brut o rimane sullo stomaco
con il panettone superconservato. Noi abbiamo un po’ la mania
della pedagogia fatta con i cattivi spediti dietro la lavagna, e allora

il problema-chiave

s’è pensato di punire qualcosa: chi? Gli 0-0, cioè un’astrazione, un
risultato che
in certe circostanza potrebbe anche rivelarsi
bellissimo, migliore di un 1-1 sulla coscienza di due mediocri
portieri. Dico certi 0-0, mica il recente 0-0 di Milan-Udinese.
Gli anticorpi migliori sono invece gli assi e gli schemi. “Passeranno
50 anni – ha pianto il manager del Milan Sandro Vitali – prima che
nasca un altro Rivera”. Di qui l’urgenza di rastrellare senza
vergogna patriottica qualche campione d’oltre frontiera: nessuno si
scandalizza se i più bei colpi di reni della Tv di Stato sono oggi
quelli di una diciannovenne americana, la Parisi di Fantastico. nel
mondo d’oggi, a guardare il passaporto si rimane meschinamente
provinciali e, quanto alla bilancia dei pagamenti, qualche miliardo
di valuta non è certo
in un’economia
d’interscambi dove la macchinetta per il figlio viene da Taiwan, la
bambola da Hong Kong, l’astuccio dalla Cina, la camicia dall’India,
il foularino dal Pakistan.
Quindici anni fa, i protezionisti del vivaio accusavano i Suarez e
Charles di turno di “rubare” il posto a decine di Rivera in erba che,
a loro parere, pullulavano nei clubs di tutta Italia. Oggi la legione
straniera è andata tutta in pensione e i vivai nostrani hanno sì e no
partorito una cinquina di autentici talenti internazionali.
E pensare che negli anni ’50 Nereo Rocco si prese gli insulti di
tutta Italia per un paio di mastini in area di rigore e che persino
negli anni ’60 l’Inter di Herrera dovette ribattere a roventi accuse di
difensivismo soltanto perché teneva nel povero Armando Picchi un
battitore libero “fisso”!
Diciamo la verità: oggi c’è poca classe e, da parte sua, l’ambiente
non aiuta a esplodere la fantasia. C’è poi un altro interessante
aspetto sul quale riflettere.
Lo trovo anzi inedito ed è stato Massimo Giacomini a metterlo in
luce, giusto ieri al telefono, quando ci siamo fatti gli auguri di
Natale: “Credo che in questo momento – ha detto il tecnico del
Milan – tutti gli allenatori, soprattutto la nuova generazione, stiano
facendo lavorare i giocatori molto di più che in passato. E i
giocatori forse sono perplessi, non hanno sufficiente convinzione
sulla bontà della cosa: non è che si rifiutino di allenarsi, ma non
hanno ancora assorbito la differenza. E’ un momento delicato per
tutti”.
Buon Natale allora, tra sportivi di buona volontà. Buon Natale,
augurandoci uno sport meno astioso e più allegro. Augurandoci
anche, più che un calcio migliore, una migliore cultura sportiva e

una società più attenta alle bufere giovanili. Ogni italiano spende
ogni anno 98 dollari per finanziare le forze armate: basterebbe un
quarto pro-capite per mettere in piedi anche un’armata di ragazzi
attrezzati nei muscoli e nel cuore.
A Natale è lecito sognare.