1990 aprile 8 Occhetto non ha ancora vinto

1990 aprile 8 – Occhetto non ha ancora vinto

PCI. Tra apparato e zoccolo duro del partito…

Se i comunisti non sono più «diversi», debbono per forza essere uguali. Se il Pci
non si fonda più sul dogma interno del «centralismo», deve necessariamente
approdare alle correnti.
Quando gli stessi liberali riescono a dividersi, non si vede come un partito di massa
possa restare compatto nel momento in cui tenta di sbarazzarsi dell’arcaica forma-
partito, organizzata come una chiesa rossa i cui chierici sono i funzionari e i cui
vescovi sono la gerarchica élite di quei funzionari. Non debbono quindi
scandalizzare le lotte interne al Pci, anzi: nelle pur degenerative manifestazioni di
questi giorni, il partito dimostra che il travaglio in atto tra i comunisti non è una
«Cosa» finta, costruita a tavolino o manipolata da sempre più Oscure Botteghe.
Svela al contrario un processo ineluttabile, che Occhetto ha avuto il merito di
favorire.
La questione è meno tattica e più strategica. I contrasti, i compromessi, il
logoramento, i personalismi, la fatica messi vistosamente alla luce nella formazione
delle liste elettorali per il voto amministrativo del 6 maggio lasciano sospettare che
il dopo-Pci e la nuova-Cosa immaginati da Occhetto al congresso straordinario non
siano affatto scontati. In sostanza le correnti del Pci, più che il prezzo
doverosamente pagato alla democrazia interna, testimoniano probabilmente il
riflusso, la resistenza al nuovo. Cioè qualcosa di più inquietante.
I casi di Padova e di Venezia sono da questo punto di vista esemplari. A Padova
hanno finito con l’emarginare in Luciano Gallinaro proprio l’esponente che aveva
capito con anni di anticipo la crisi del vetero-Pci e l’arretratezza cultura-staliniana
dello «zoccolo duro». A Venezia, mesi di mediazioni con l’apparato hanno
impedito il cambiamento di un simbolo che, mettendo graficamente assieme
passato e innovazione, la falcemartello e il «ponte» che taglia i ponti con il passato,
ha confessato quanto forti siano ancora i freni.
Con una differenza importante. Che mentre a Venezia Massimo Cacciari ha
ottenuto di rinnovare del 75% la composizione della lista e ha dovuto sostenere
assieme a Gianni Pellicani un aspro confronto con il conservatorismo tipico di ogni
apparato, in gran parte d’Italia (da Torino a Milano, da Roma al Sud) la resistenza è
stata più ideologica: ostile al mutamento proprio nei contenuti e fedele alla vecchia
chiesa.
Il Pci che va al 6 maggio non ha un’anima perché ne ha di colpo troppe. E Occhetto
non ha ancora vinto: questa è l’unica «Cosa» che anche lui sa con certezza.