2004 maggio 16 Americani

2004 maggio 16

L’Occidente sta commettendo un errore pazzesco dal giorno dello scandalo nel carcere delle
torture. Nel senso che a tutti i livelli continua imperterrito a confrontare le sue nefandezze con
quelle di Saddam Hussein! Ma siamo diventati matti?
Dovremmo anzi porci un divieto assoluto, e cioè mai rinfacciare al “nemico” che la differenza tra
una grande democrazia e il regime assassino di Saddam consiste nel fatto che la prima processa i
suoi torturatori mentre il secondo li premiava. Per quanto effettiva, questa differenza non può
essere un argomento politico, non va usata per nessuna ragione, non rappresenta un parametro con il
quale consolarci o sbarazzarci il più alla svelta possibile di uno schifoso incidente democratico sul
lavoro.
No, non ci siamo, così non deve andare né per noi europei né per gli americani. Sappiamo tutti che
la democrazia non é la mitica Atene dell’età d’oro e meno che meno la “città di Dio” delle utopie.
La più realistica definizione di democrazia appartiene allo statista inglese Winston Churchill che la
indicò come il peggior sistema tranne tutti gli altri.
Ma ci sono momenti nei quali la democrazia ha bisogno di apparire e di essere perfetta. La tortura
in Iraq offre una di queste difficili occasioni, destinata a futura memoria perché quei militari sadici
hanno tolto dignità sia ai prigionieri iracheni che all’America.
Per questa profonda ragione, va rimosso e vietato qualsiasi “confronto” con i sistemi di Saddam
Hussein. Lasciamolo perdere; non serve; fa danni soltanto a tirarlo in ballo; non assolve né onora
prenderlo a termine di paragone.
Adesso la democrazia americana deve solo confrontarsi con se stessa, a muso duro. Non c’è
nient’altro da fare che guardarsi allo specchio della propria democrazia per uscirne, alla lunga, dopo
un imbarazzante e sincero cammino con i propri valori e le proprie oscurità.
Quando si sente ferita dentro, la democrazia cura se stessa con le sue sole forze, senza alibi, senza
propaganda, senza provare a salvarsi l’anima sbirciando sul peggio delle dittature. Chi é senza
peccato di tortura scagli la prima pietra: nel Novecento appena lasciato alle spalle ce n’é per tutti. E
ciò che capita oggi agli Stati Uniti mette in guardia ogni democrazia, prima di tutto l’Occidente
delle radici cristiane, dei diritti umani e delle istituzioni liberali.
Il direttore del quotidiano parigino “Le Monde” ha scritto ieri sulla “Stampa” di Torino che, dopo
esserci sentiti l’11 settembre 2001 “tutti americani” con le torri di New York, adesso potremmo
sentirci tutti “non-americani” in Iraq. Si potrebbe ricordare che, ai tempi delle sistematiche torture
in Algeria, era impossibile sentirsi francesi, e così via, sfogliando a turno le pagine della storia più
vicina a noi.
No, é un vano esercizio misurare in questo caso l’anti-americanismo, l’americanismo o il non-
americanismo.Amando da sempre l’America, penso che lo zio Sam non abbia scampo e sia
obbligato a vedersela da solo, fotografia per fotografia, fino all’ultimissimo gradino delle
complicità, delle coperture o soltanto dell’indifferenza e dell’impreparazione.
Non è una questione militare, ma nazionale. Mette in crisi morale e fa sentire a disagio non uno
Stato ma tutta una serie di riferimenti collettivi dell’”essere americani”.
Quell’America che ha per motto il latino “E pluribus unum”, “Da molti uno”.Che si sente protetta
da Dio; che ha incarnato il “sogno americano”; che considera la cabina elettorale “il tempio” delle
istituzioni. L’America che considera il corpo dei marines il simbolo dell’”arrivano i nostri” delle
sue forze armate; che non ha mai fatto colonie proprio per l’atto di nascita anti-coloniale; che a
volte preferiva isolarsi dall’Europa ma che , partecipando provvidenzialmente anche alla prima
guerra mondiale, perse sul fronte europeo 116 mila uomini in un solo anno e mezzo.
E’ l’America che ha salvato più volte l’Europa dai suoi mostri. E’ l’America dei padri Fondatori;
dell’accoglienza multi-razziale; della Costituzione delle libertà individuali e quella che considera la
democrazia un bene collettivo esportabile se necessario anche con la forza. L’America super
potenza che ha scoperto sul proprio suolo l’impotenza di fronte al terrorismo fondamentalista

islamico. L’America che fiuta lo scontro di civiltà, del suo Dio giusto contro l’altrui Dio
manipolato.
La tortura in mondovisione, planetaria, in tempo reale, ha provocato il corto circuito con questa
America, che ora farà i processi, avrà sul collo i giornali più rigorosi, scriverà libri, girerà film,
discuterà nei campus universitari, giudicherà nel “tempio” della cabina elettorale. Non é per niente
il Vietnam ma, esattamente come dopo il Vietnam, gli Stati Uniti saranno ancora una volta Corte
Suprema di se stessi.
Nel mondo della comunicazione, nulla é più top secret e riservato, soprattutto il dolore della guerra.
La trasparenza delle immagini spoglia come non mai le democrazie davanti a un’opinione pubblica
totale, senza fusi orari.
Ora torturata si sente l’America. Più spietata sarà con se stessa, più ridarà vento alla bandiera a
stelle e strisce.