2004 aprile 25 Elezioni

2004 aprile 25

Sabato prossimo nasce l’Europa a 25 . Finito il comunismo dove meritava di finire, nella discarica
dei rifiuti tossici, la vecchia Europa occidentale aggrega i Paesi dell’orientale. L’Europa, che mezzo
secolo fa cominciò mettendo insieme il carbone e l’acciaio per pacificare l’economia continentale
dopo la guerra di tutti contro tutti, insegue oggi il sogno dell’unità da ovest a est, dall’Atlantico agli
Urali intravista dal generale francese De Gaulle, dal leader riformista russo Gorbaciov e dal papa
polacco Wojtyla. Dal carbone dei trattati di cooperazione all’utopia dei grandi visionari sarebbe
un’epopea anche umana.
Morirebbe l’uomo nazionale; nascerebbe l’uomo europeo. “L’autarchia é la guerra” ammoniva un
grande storico che vedeva nei confini chiusi l’origine dei conflitti.
Fra meno di 50 giorni, si vota inoltre per l’Europa. Sembra una vicinanza perfino suggestiva, ma è
solo apparenza, tutt’altro che entusiasmante. In realtà le elezioni saranno il solito affarone per gli
eletti di turno; quanto agli elettori, questa volta potrebbero restarsene anche a casa senza pensieri né
rimorsi nell’urna.
In un commento televisivo, l’altra sera Sergio Romano ha ironizzato sull’ennesima anomalia
italiana. Nel senso che il centrodestra candida alle Europee Berlusconi, che poi non potrà onorare
minimamente l’elezione, mentre il centrosinistra é guidato e propagandato da Prodi che però non
può candidarsi. Così é se vi pare.
A mio parere, questa non rappresenta tuttavia la stranezza meno razionale. Il fatto é che il vicino
voto europeo conterà poco o niente; é pressoché vuoto di sostanza; sceglie un ceto parlamentare
europeo tagliato su misura sulle burocrazie e sull’ordinario professionismo politico ma del tutto
tagliato fuori dalle scelte che decidono come deve essere e sarà l’Europa.
La quale si fa ora più grande ma non grandeggia; vede gli Stati decidere al suo posto; si amplia a
455 milioni di cittadini senza riuscire ancora a darsi uno straccio di costituzione. Sembra quasi che
il termine “ideale” metta in imbarazzo, non capendo invece che a tutte le grandi costruzioni della
democrazia liberale serve proprio la concretezza di un ideale come insegnano gli Stati Uniti. Piaccia
o no ai masochisti dell’anti-americanismo.
Che cosa sarà alla fine l’Europa, nessuno può indovinarlo. Magari fosse la costruzione federalista
che voleva Altiero Spinelli. O forse diventerà un super-Stato di Stati a sé. Oppure gli Stati Uniti
d’Europa chissà. Un mercato e nient’altro in più, magari un’occasione mancata. Una fabbrica di
direttive. L’area dell’Euro e basta, ancora non si sa.
Per fare un esempio di giornata, il lettore provi a collegare la questione numero uno oggi sul
tappeto, cioè l’Iraq, con un qualche ruolo svolto dal parlamento europeo. Scommetto che non gli
verrà in mente nulla; se Strasburgo e la stessa Bruxelles fossero entrambe in vacanza preventiva, al
riguardo l’opinione pubblica non se ne accorgerebbe nemmeno. E a ragione.
Ci farebbero caso i carrieristi e gli epuloni dell’Europa, quelli sì. Per il resto anche un Paese
tradizionalmente europeista come l’Italia vota tuttora per una irresistibile speranza di crescita del
benessere più che per una pretesa di potere internazionale.
L’altro ieri la Fondazione Nordest ha non a caso elaborato su commissione del Sole 24 Ore
l’aspettativa di 1200 imprenditori di quest’area per concludere che, nonostante tutto, restano
semmai “italo-scettici” ma sono sempre più “euro-convinti”. Soprattutto la piccola e media impresa
– più che mai nerbo del capitalismo mai morto del Nordest – si dice convinta che il nuovo spazio
europeo sia un’occasione d’oro. Anzi, a stragrande maggioranza scommettono più su una qualunque
Europa che sull’Italia.
Purtroppo, al di là delle aspettative, per adesso le certezze sono ben altre. Con l’economia, l’Europa
non traina né emerge; insegue a fatica. Ieri Barbara Spinelli ha ricordato sulla “Stampa” che
nell’attuale Unione Europea si lavora il 30 per cento in meno che negli Stati Uniti e che, Cina a
parte, anche India e Brasile lasceranno presto alle spalle i Paesi europei di punta.
Non parliamo di politica estera dell’Europa. Ogni Stato membro se la fa in casa, perfino l’ultimo
Zapatero a gambe levate. L’Europa arlecchino riesce ad essere atlantica e anti-americana, fino ad

attribuire all’Onu anche la forza che non ha. Vorrebbe affrancarsi gratis dall’America e diventare
gratis una potenza. E’ un condominio, non un’Unione.
A giugno non si vota per ciò che appare stampato sulla scheda. Le elezioni europee saranno soltanto
un sondaggio nazionale su Silvio Berlusconi.
Vinca o perda, governerà lo stesso fino al 2006. Ma se perde, altro che opposizione: tutti i suoi guai
gli verranno dagli alleati-concorrenti che giocano in proprio. Per chi pensa la politica “O con me o
contro di me” non esiste qualcosa di peggio.

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