2004 agosto 9 Scudetto 2005

2004 agosto 9 – Del Neri Porto

Il Porto campione d’Europa ha licenziato Luigi Del Neri di Aquileia dopo 65 giorni. Peggio per il
Porto.
Lo squadrone della seconda città del Portogallo, fondata sulla costa atlantica dai Romani non dai
romanisti, aveva ingaggiato per tre anni il più originale allenatore italiano con uno stipendio di 800
mila euro netti a stagione. Adesso lo ha liquidato con l’accusa ancora più originale di battere la
fiacca, di arrivare in ritardo all’allenamento, di aver intristito e confuso – poveri angeli maltrattati –
i padroncini dello spogliatoio.
Se fosse proprio così, noi italiani avremmo per lo meno di che consolarci a proposito della
mediocrità di tanti protagonisti del calcio. C’é di peggio in giro, e anche di più pruriginoso visto che
Sven Goran Eriksson, lo svedese di casa in Italia e ora commissario della nazionale inglese,
dormiva stabilmente con la segretaria della Federcalcio al recente campionato europeo. Per due
miliardi e mezzo di vecchie lire la prosperosa trentottenne sta raccontando in televisione ogni
affondo della love story.
Noi conoscevamo da anni tutto un altro Del Neri. Sicuro del proprio lavoro come un friulano doc,
architetto di un Chievo che al massimo spendeva la miseria di 13 milioni di euro a campionato ma
che si faceva riconoscere a occhi chiusi per la qualità del gioco. Anche calciatori molto ma molto
modesti sembravano trasformati in campioni dagli schemi di Del Neri, tecnico mai intossicato di
football e al contrario fornitissimo di sana ironia anti-drammatizzazione.
Il personaggio è questo. Dopo averlo tanto seguito, che cosa si aspettava da lui il Porto? Boh,
misteri del calcio populista.
Nei panni di Del Neri avrei però evitato una licenza per quanto innocente: non sarei mai ritornato a
casa in Italia per almeno cento giorni filati. Avrei staccato completamente per vivere giorno per
giorno, senza la minima pausa personale, la prima fase della preparazione. Perché il Porto non è il
Chievo, come saltare in un colpo solo da un miracolo provinciale a un business internazionale, da
un borgo di Verona a una città di oltre un milione di tifosi.
La vena goliardica di Del Neri gli ha probabilmente impedito di captare i nascenti segnali di
estraneità e, alla fine, di rigetto. Certo, a un professionista deve pesare da matti una cacciata come
questa che ha messo in discussione addirittura l’impegno dell’allenatore, quasi avesse preso
sottogamba un club del prestigio del Porto.
E’ un momento strano ma anche interessante per gli allenatori. Il sempreverde Trapattoni guida il
Benfica, la cui storia parla da sola. Claudio Ranieri ha trasformato il Valencia in una succursale di
giocatori italiani. In compenso, un tecnico da scudetto come Zaccheroni non trova lavoro mentre
Del Neri passa in quel confortevole purgatorio che è la disoccupazione pagata a peso d’oro da chi
l’ha licenziato su due piedi.
Dicono che, per risparmiare, sia arrivato il momento dei giovani. So soltanto che il 2005 è in mano
ad Ancelotti, Capello e Mancini in ordine alfabetico e di affidabilità societaria.
Ancelotti ha l’aria dell’eterno giocatore. Capello pensa geneticamente da numero uno. Mancini
coltiva illimitate ambizioni con il distacco di un baronetto di sua maestà.
Sono tre bei tipi al posto giusto nel momento giusto per vincere. Ma due perderanno e,
conoscendoli, staranno peggio di Del Neri.