2003 marzo 10 Benetton

2003 marzo 10 – Benetton

Il più vecchio è Luciano, classe 1935, il leader; il più giovane é Carlo, che compie 60 anni; tra i due
Giuliana e Gilberto. I quattro fratelli Benetton, tutti operativi in azienda a Ponzano Veneto, hanno
14 figli, e un bel po’ di nipotini.
Sono stati prima pionieri, poi globali ante-marcia. Sono nati con il maglione colorato ma , a partire
dal fatidico 1989 (caduta del Muro di Berlino), hanno cercato altre centinaia di milioni di
consumatori fuori dei negozi d’abbigliamento, cioè comprando per intero o per quota autogrill,
autostrade, aeroporti, stazioni ferroviarie, telefonini, banche, servizi. Dai consumi ai luoghi di
consumo.
Loro vanno sempre dove gira tanta tantissima gente, clientela di massa. Strategia questa che gli
economisti chiamano “diversificazione” del business; un altro cuore degli affari.
I Benetton hanno investito i schèi manifatturieri sulla modernità. E oggi, secondo il calcolo degli
esperti, valgono in Borsa come Mediaset, Mediobanca e Finmeccanica messe assieme, più di 16
miliardi di euro, che in lire farebbero trentamila miliardi.
Dal 1965 hanno sempre avuto i bilanci in attivo. Sono andati per la prima volta in rosso con gli
attrezzi sportivi, ramo di produzioni super tecniche del tutto estraneo alla loro esperienza. Una
grossa cantonata, ammettono.
Fondatori, globali, diversificati, ma d’ora in poi soprattutto manageriali. Annunciata da Luciano,
sarà questa la quarta Benetton della storia.
Adesso arrivano i manager mentre la famiglia, più che fare un passo indietro, arretra di un
chilometro! I 4 fratelli insegneranno ai 14 figli a fare gli azionisti, che è uno status molto diverso
rispetto a quello di padroni di casa. La gestione passerà totalmente ai manager, uno squadrone
mezzo fatto mezzo da fare.
Detta così sembra una faccenda che provoca orgasmo soltanto sulle pagine finanziarie dei giornali.
Invece, è un caso anche culturale e generazionale.” Una svolta che fa storia per il capitalismo
familiare del Nordest”, la considera ad esempio Maurizio Castro, al vertice di Electrolux.
Il passaggio dai fondatori ai manager non è mai neutro. E’ una rivoluzione. L’ex “piccolo é bello”,
diventato con i Benetton un conglomerato multinazionale, transita nell’arco di una sola generazione
alla fase più evoluta del capitalismo.
Agendo per tempo e in generoso anticipo sulla loro stessa anagrafe personale, i quattro fratelli
hanno in fondo impedito che fosse il tempo a decidere per loro. Sta qui il vero nocciolo di una saga
imprenditoriale iniziata nel dopoguerra con il primo telaio a mano di Giuliana e con Luciano che,
allora commesso in un negozio di Treviso, nelle sue ore libere andava in bicicletta a vendere porta a
porta i primi maglioni confezionati dalla sorella.
Innamorato del Giappone, Luciano Benetton invidia alla Germania l’organizzazione , all’Inghilterra
il sistema politico, agli Stati Uniti la libertà. La libertà vera, a suo dire, è la possibilità pratica di
cambiare sempre, nella politica , nella vita e, appunto, nell’impresa.
Ma il radicale passaggio dalla famiglia ai manager é un tema forte per l’intera economia del
Nordest, area da tempo alle prese con l’insidiosissimo cambio generazionale. Lo stesso gruppo
Marzotto, altro prolifico impero familiare, ha proprio adesso il problema di governare al meglio le
quote azionarie tra quinta e sesta generazione.
Grandi, medie o piccole aziende, ce n’è davvero per tutti anche se Adalberto Valduga, 62 anni,
bellunese di nascita, con gruppo metallurgico da 80 milioni di euro di fatturato a Cividale, nota
qualche differenza tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto. L’industrializzazione friulana è più giovane
di quella veneta, dunque investita ancor più dal cambio di mano tra prima e seconda generazione.
Con una postilla culturale.
“Qui da noi – sostiene il presidente degli industriali di Udine – l’impresa è però un po’ più
tradizionale e perciò risente meno della mentalità da arrembaggio dell’imprenditoria veneta!”
Intendendo dire che l’azienda tiene un po’ più botta anche nei passaggi più complicati.

E’ interessante. Valduga approva in pieno la svolta della galassia Benetton ma considera “contro
natura”, per l’imprenditore medio del Nordest, il salto netto da famiglia a manager che rischia di
mettere in discussione “l’anima” dell’azienda. Proprio l’esperienza più avanzata, cioè quella degli
Stati Uniti, dimostrerebbe a suo dire che soprattutto i manager di ultimo grido tendono sempre più
spesso a “identificarsi in se stessi assai più che nell’azienda”.
La tesi è questa. I manager vanno e vengono, non sono parenti nemmeno alla lunga di Vittorio
Valletta, il dirigente-imprenditore che tenne in pugno la Fiat degli Agnelli come se fosse il suo
stesso capitale di famiglia. Oggi certi manager di breve periodo inseguono invece risultati di breve
periodo anche quando sarebbe preferibile per l’azienda guardare più in là: i loro benefit immediati
finiscono così per divergere dai futuri benefici d’azienda.
Una questione scabrosa. A Nordest, il capitalismo dell’uomo qualunque sa di dover attraversare il
suo Mar Rosso familiare e imprenditoriale.