2003 dicembre 29 Ferrari

2003 dicembre 29 – Ferrari

Non crederete che il miglior allenatore del 2003 sia per caso Lippi o Capello, Ancelotti oppure
Zaccheroni. La più bella panchina delle ultime annate é quella di Luca Cordero di Montezemolo,
che in dieci anni ha fatto rinascere la squadra Ferrari.
La Ferrari resta sempre l’imperterrita Ferrari anche se perde per vent’anni di seguito; aveva
bisogno di riorganizzare la squadra, il “team” come dicono gli specialisti della formula uno, e
Montezemolo questo ha fatto avendo avuto a suo tempo carta bianca da Gianni Agnelli. Ha
selezionato il gruppo più vincente e più multinazionale di ingegneri e di piloti. Ha indovinato
perfino la marca delle gomme, e Dio solo sa quanto contino oggi in uno sport che ha dato corpo ai
millesimi di secondo e che può affidare il destino di una corsa alla ruvida carezza di un cordolo di
pista.
Il presidente Montezemolo ha ragione quando definisce la Ferrari una “grande squadra di uomini, di
aziende, di fornitori” come sanno bene anche tanti fornitori e aziende del Nordest. Un fenomeno
economico strano questo marchio perché é allo stesso momento da corsa e di ultra lusso, storico e
leggendario, opera tecnologica e mito del possesso, macchina e desiderio, fatturato e sogno.
Conta non a caso su un suo “popolo” di fedeli, e basta dire “la rossa” per identificarla. Simboleggia
il Made in Italy della produzione e dell’immagine ma, in più, é sinonimo di una tradizione di
provincia che sembra scritta da Giovanni Guareschi, l’inventore di don Camillo e Peppone.
Meno di tre mesi fa, il giorno della vittoria mondiale , sulla canonica di Maranello fu esposta la
bandiera rossa del Cavallino e alla messa delle 10, nella parrocchia di san Biagio, il prete predicò
dall’altare: “La Ferrari é una delle opere belle dell’uomo.” I motori come un suono di campane, il
successo come la festa del patrono.
Non dimentico Michael Schumacher, come potrei? E il pilota tedesco, lo sportivo più pagato del
mondo assieme al golfista Tiger Woods, non dimenticherà mai il 2003, l’anno del suo sesto titolo
personale, record statistico. E’ lui il secondo motore della Ferrari, modello di affidabilità e di totale
concentrazione umana. Vinco dunque esisto.
Con tutto il rispetto, il mio campione del 2003 ha però 24 anni, tutt’altra faccia, la testa rasata, e
diventò qualcuno a 18 anni con l’imbattibile Aprilia di Ivano Beggio, un pezzo di Giappone in
Veneto. Indossa magliette con diciture goliardiche, adora il film “Blues Brothers” e sostiene che
non può fidanzarsi semplicemente perché una ragazza toglie energie. Appena vinto il suo ennesimo
mondiale, Valentino Rossi ha detto:”It’s five, sono cinque, e sono felice.”
I piloti muoiono, come il povero Kato; i piloti sorridono, come Rossi. E’ un mestiere di confine il
loro, soprattutto in moto.
Non so fare bilanci di un anno di sport, né penso a un gol. Il calcio accompagna noi tifosi italiani
come un rumore di fondo.
Alla fine un anno é una sequenza di lampi, vedi l’americano Lance Armstrong al suo quinto Tour
de France vinto attraversando le impossibili fatiche del ciclismo. Ricordo il titolo di “Repubblica”
dedicato a lui:”L’inimitabile”.
Nemmeno se dovessi isolare un intero anno in un solo gesto atletico sceglierei un gol, magari il
rigore vincente di Shevchenko nella euro-coppa dei campioni tra Milan e Juve.. Allora, dovendo
proprio selezionare una magia, metterei in cornice l’inglese Wilkinson che all’ultimo secondo
decide la finale mondiale di rugby calciando l’ultimissima palla con il massimo del sangue freddo e
il massimo del batticuore.
A me, vizioso del football e incompetente del rugby, sembrò un rigore moltiplicato dieci.
indimenticabile.