2002 settembre 17 Giorgione Calcio fallito

2002 Settembre 17 – Giorgione Calcio fallito

Nel nostro piccolo, siamo la Fiorentina del Veneto: un fallimento societario, un ripartire da zero o
quasi. Nonostante la tradizione datata 1911, la onorata vocazione per il vivaio e i meriti sportivi, il
nuovo Giorgione fu scandalosamente costretto a ripartire dall’ultimissimo gradino dei campionati.
Alla faccia dei gerarchi e dei burocrati del calcio, il Giorgione ha ripreso la sua strada con dignità,
seguito da un pubblico consapevole anche del sopruso subìto. Me ne sono reso conto, da vecchio
tifoso dell’Era Ostani, assistendo a uno spareggio di questa estate: sulle gradinate di Villa del Conte
sembrava di essere in un angolo di serie A, perché questo è l’eterno miracolo delle piccole e/o
grandi passioni popolari.
Scrivere qualche riga su questo foglio di bandiera mi procura uno strano sentimento, un mix di
nostalgia, di amicizia e di allegria, che rimanda la mia vita all’inverno del 1963, quando nella
tipografia dell’amico Stocco facemmo nascere il primo numero della testata “G.S. Giorgione
Calcio” se la memoria non mi tradisce. Toni Pivetta cercava la pubblicità, Elio Modino faceva la
raccolta dei numeri con la puntualità di un bibliotecario, Armando Perizzolo ci segnalava storie e
temi; allo stadio, la Nèa e Bepi distribuivano copie come ombre di bianco. Dietro quel giornaletto si
nascondeva tutto un piccolo mondo antico di una Castelfranco che cominciava a cambiare pelle: da
agricola a industriale e, per quel che riguarda il calcio, dal modello territoriale a quello aperto. Si
passava dal glorioso Giorgione degli Jaio, Odillo, Ciccio, a quello rampante di Zardini, Perli, Bepi
Zilio, Borille, Malipiero, Spolaore, mentre il leggendario Bonin spalmava unguenti con le stesse
mani che avevano massaggiato Pelé ed Evita Peròn.
Su questo foglio oggi pieno zeppo di ricordi, scrissi i miei primi articoli. Anzi i soli che firmai
prima di partire per Milano, dove ho imparato a fare il giornalista. Era settembre di quello stesso
1963 e arrivando alla “Scala del calcio italiano”, come Gipo Viani chiamava lo stadio di San Siro,
mi portavo dietro da Castelfranco un sacco di preziosissime esperienze umane vissute tra lo stadio,
Pertile, Zatti, il caffè di Mezzo e la grande piazza che porta lo stesso nome della squadra. Erano
questi i luoghi santi del nostro tifo e delle nostre baruffe.
Ma oggi conta solo l’oggi per il domani. Hanno buttato giù il Giorgione senza riguardi, ma sono
sicuro che un passo alla volta ritornerà dov’era. Nemmeno i burocrati del calcio possono far
ammainare una bandiera del 1911.