2002 ottobre 20 Donne. Sondaggio dell’istituto Swg

DOMENICA 13

Donne

Sondaggio dell’istituto Swg fra 300 mamme italiane tra i 18 e i 64 anni:” Per l’83 per cento delle
intervistate fare la mamma oggi è più difficile di una volta.” (da “ Donna moderna”)
Alessia Marcuzzi, 29 anni, conduttrice televisiva di Le iene:” Mi sento una brava mamma.” ( da
“Sette”)
Anna Segatti, 49 anni, triestina, direttore di Avon Italia e da 23 anni nella stessa multinazionale dei
cosmetici:”Qualche volta mi dico che forse avrei dovuto cambiare. E’ un po’ come con il
marito.Una si chiede: chissà con un altro come sarebbe andata.” (Da “Donne che amano il lavoro e
la vita” di Cinzia Sasso, editore Sperling & Kupfer)
Moglie di un operaio di Termini Imerese:” La Fiat è donna e non si tocca.” (dal Tg2)
Nicoletta Braschi, 42 anni, produttrice con il marito Roberto Benigni del film Pinocchio:” Come è
nata l’idea di metterci nel business? E’ una passione enorme, è l’ebbrezza dell’indipendenza, come
una febbre alta.” ( da “Il Venerdì”)
Elsa Morante, scrittrice, 1912-1985:”Il loro legame stava nei soldi. Ma siccome, in realtà, lui
l’amava, l’interesse dei soldi ,a sua propria insaputa, gli serviva piuttosto di pretesto per trovarsi
vicino a lei. Lui non aveva che lei sulla terra, così come lei, fuori di lui, non aveva nient’altro. Solo
che essa, pure nella sua poca intelligenza, era capace di riconoscere il proprio amore; mentre che lui
non lo riconosceva.” ( da “La storia”, Biblioteca di Repubblica)

LUNEDI’ 14

Onore

Ilda Boccassini, una donna con due palle così.

MARTEDI’ 15

Benessere

Dal confronto con le regioni di 15 Paesi dell’Ue, risulta che il benessere del Nordest è superiore del
22 per cento rispetto a quello medio europeo. (da Fondazione Nordest 2002)

MERCOLEDI’ 16

Delitti

A una ventina di chilometri da Verona, Bovolone aveva il suo Teatro fin dai primi
dell’Ottocento,uno dei duecento teatri del Veneto. Deve essere stato un giro anche divertente il suo:
vi si esibivano, nella notte dei tempi, la compagnia di Maddalena Bocca d’Oro e ,nei nostri anni
cinquanta, i ragazzi della Filodrammatici Zarpàgnola, leggi pipistrello.
In origine, il teatro prese il posto di un deposito di legname. Non per caso. Da sempre tanta storia
di Bovolone è indissolubilmente legata al legno, come quella di Cerea e di Sanguinetto.
Questa è la terra di ogni ben di Dio agricolo, del tabacco, delle verdure, e dell’industria del mobile
d’epoca: serve un armadio Luigi XIV o un tavolo stile Impero? Basta ordinare e a Bovolone lo
fanno come antico. La tradizione del paese sarebbe questa, non la cronaca nera.

L’assassino reo confesso della bella Michela, anni 24, è un falegname di Bovolone, anni 36. Portava
in tasca un coltellino, una specie di roncoletta del mestiere, a serramanico, con la quale ha
pugnalato sette volte la vittima, prima al petto poi alla schiena.
Ai carabinieri dice:”Non so cosa mi ha preso.”
Prima di confessare però, sa benissimo dissimulare . Butta via l’arnese, torna a casa, si fa lavare i
jeans dalla mamma, il giorno dopo ritorna al lavoro come se niente fosse con la stessa faccia di
sempre. E devono interrogarlo una decina d’ore filate per fargli ammettere qualcosa.
L’omicidio di Bovolone ha poco di inedito e nulla di locale: è soltanto l’ultimo dei tanti delitti
senza movente o quasi. Per meglio dire, dal movente così banale da non poter essere verbalizzato
compiutamente.
Vittorino Andreoli, psichiatra veronese, parlerebbe con tutta probabilità di “eroi del nulla e per il
nulla”. Sanno uccidere, sanno mentire, sanno solo balbettare futili motivi.
Possono apparire allo stesso tempo lucidi, pazzi, calcolatori, scellerati, piagnucolosi, furbi. Odiosi
e/o contriti in uguale misura, adolescenti o adulti fa lo stesso.
Commettono delitti da fucilazione per direttissima. Offrono moventi da fumetti.
A caldo esibiscono senza fare una piega un mare di sangue e di ferocia, a freddo depistano le
indagini, magari consolano i parenti delle loro vittime e recitano il cordoglio ai funerali, ma appena
scoperti e arrestati si dichiarano incapaci di affrontare la colpa. Il delitto sì. La pena no.
Si considerano sempre innocenti, perfino nel dichiararsi finalmente colpevoli. Minacciano il
suicidio, coinvolgono il prete di turno, a volte comunicano con i fans, esigono alla svelta il
ricupero, non si spiegano ma subito pretendono di essere capiti.
Un avvocato difensore di Erika di Novi Ligure dichiara a tutela della sua nefanda cliente:”I testi
psichiatrici dicono che una persona normale quando compie un fatto così anormale non è più
normale.” Sarà. Di questo passo, se tutto fosse malattia, tanto varrebbe eliminare codice penale,
processi e sentenze.
Nella società di massa, la normalità della porta accanto inganna. Senza dare nell’occhio, può covare
anche il presunto raptus del “non so perché” nell’ambiente più familiare.
Il caro amico uccide.Il familiare stretto ammazza. E il compagno di scuola, il vicino di casa, il
conoscente del pianerottolo, l’infoiato amicone che offre un passaggio in auto o l’ex collega di
lavoro di Bovolenta che si fa precedere dai messaggini affettuosi sul cellulare. Nel milanese, un
inquilino di 28 anni ha fatto a pezzi il padrone di casa di 44 per 3.000 euro di affitti arretrati.
Questa normalità non merita attenuanti: normale il delitto, normale la pena. A ciglio giusto ma
asciutto, nel nome della legge e delle vittime.
Secondo lo scrittore Vincenzo Cerami, nessuno è mai riuscito a spiegare ad esempio perché a Roma
i grandi “delittacci” o “fattacci” si consumino di solito in estate, preferibilmente d’agosto. Di fronte
alle tante oscurità del delitto, che resti chiara almeno la nozione di responsabilità
L’esatto contrario del “non so”.

GIOVEDI’ 17

Pianisti

La prima Repubblica era ipocrita; la seconda impudica.
In Parlamento, una volta imperversavano i franchi tiratori, adesso prevalgono i pianisti. I primi
votano segretamente contro il governo sostenuto dal loro stesso partito. I secondi usano le tastiere
elettroniche votando a più mani anche per altri deputati o senatori non presenti.
Il franco tiratore é clandestino, al massimo un sospettato, senza volto; pugnala nell’ombra la
disciplina di partito. Il pianista è un esibizionista, che si mostra ai colleghi, ai fotografi, alle
telecamere. Lui rende plateale la cialtroneria.
Il prof. Manlio Cortelazzo insegna che l’espressione “franco tiratore” esordì sulla Gazzetta di
Venezia nel 1870, e che stava a indicare un guerrigliero. I primi franchi tiratori della partitocrazia

risalgono invece all’inizio degli anni ’50, ed ebbero per generosa badante soprattutto la
Democrazia Cristiana.
Adesso, con la tecnologia elettronica in aula, i pianisti sono trasversali anche se il centrodestra
dimostra una particolare propensione per la musica. La diaria di un parlamentare è di 400 euro,
sicché c’è anche chi lascia in aula il tesserino di presenza e poi se ne va a spasso per i fatti suoi.
Magari fatti politici, chissà, ma altrove.
In Senato a 41 anni e vice-presidente del gruppo di Forza Italia, Lucio Malan è stato l’Arthur
Rubinstein della legge sul legittimo sospetto. Alla fine, sorridente e biondo, il senatore di Pinerolo
ha ammesso:”Sì, ho ostentato.”
Al servizio del popolo, beninteso.

VENERDI’ 18

Ulivo sss!

L’Ulivo, secondo me, non ha bisogno di un’assemblea, né di un vertice e tanto meno di un
portavoce. All’Ulivo servirebbe soltanto il silenzio. Sss! La terapia del silenzio.
Come sanno anche i sassi, manca per ora un leader. Ci sono soltanto tanti segretari, oltre che
correntine e correntoni all’ingrosso.
Nessuno può portare il pensiero di altri o farne le veci. Nessuno può portare la voce di nessuno.
Ognuno parla per sé, senza delega né rappresentanza.
Alcuni invocano, questo sì, un programma da cui partire. Ma come si fa a buttar giù un programma
comune partendo da idee del tutto incompatibili fra loro e senza un leader?
Nello stessissimo giorno in cui esce il primo numero del quotidiano “Il riformista”, vicino al
presidente dei Ds D’Alema, Sergio Cofferati dice a “Repubblica” che il riformismo è “malato”,
tanto da far pensare al “suicidio” dell’Ulivo. Un caso da manuale di depressione politica.
L’Ulivo ha da decidersi una buona volta su una linea ( di centro-sinistra) o sull’altra (di sinistra-
sinistra), ma una linea. Secondo quel praticone di Cofferati, le decisioni a maggioranza sarebbero
però masochistiche.
Non so. Forse, intende “confrontarsi” fino a quando il voto sarà unanime nell’Ulivo come nella
vecchia Bulgaria o, come l’altra settimana in Iraq, quando registrerà il cento per cento dei sì.
Silenzio per l’Ulivo, non vedo altra soluzione. E’ dimostrato che oggi chi parla fa e si fa del male.
Con il silenziatore sull’Ulivo, ogni partito della non-coalizione farebbe opposizione a sé e potrebbe
preparare in proprio, proporzionalmente, le sue elezioni Europee del 2004. Quanto al leader, è roba
da 2005, con un anno di anticipo sul voto politico.
Sss! Silvio Berlusconi ti ascolta.

SABATO 19

La citazione

Franco Amatori e Andrea Colli da “Impresa e industria in Italia dall’Unità a oggi”, editore Marsilio
1999.
“Il record della produzione automobilistica italiana d’anteguerra era stato di 77 mila unità all’anno.
In un quasi continuo crescendo dal 1950, la Fiat ne produce più di un milione nel 1963.
Nel 1955 la casa torinese presenta la prima vera utilitaria al prezzo di 590 mila lire, la “600”.Un
evento anche più importante in questa direzione è l’uscita nel 1957 della “nuova 500” a un costo
inferiore al mezzo milione: in 15 anni se ne vendono 3.678.000.
Alla fine degli anni sessanta circolerà in Italia una vettura ogni 5,4 abitanti, un esito che negli anni
fra le due guerre veniva considerato un miraggio, un traguardo raggiungibile solo oltreoceano.

Nel 1961, anno del centenario dell’Unità d’Italia ma che segna anche il record di incremento annuo
del reddito nazionale con l’8,6%, 240 mila lavoratori meridionali si trasferiscono al Nord.”