2002 novembre 18 Calcio caos

2002 novembre 18 – Calcio caos

Qualunque cosa accada, il 2003 – 2004 vedrà l’esercizio provvisorio del calcio italiano, come
quando lo Stato é costretto a mandare avanti la baracca anche senza che il parlamento abbia
autorizzato entrate e uscite. In queste condizioni, il calcio dovrebbe temere di continuare a tutti i
costi; invece ha paura soltanto di fermarsi!
Non vuole ragionare e prendere tutto il tempo che servirebbe per ristrutturarsi a fondo. Sogna
solo di dimenticare, fino al prossimo risveglio legale.
Valli a capire quelli del calcio. Dicono che fanno tutto per passione e trattano soltanto di euro.
Eleggono i loro dirigenti all’unanimità, come non si usa più nemmeno in Bulgaria, ma bastano
pochi mesi per declassarli al rango di “deficienti”. Hanno debiti per almeno 15 anni, ma quasi
tutti continuano a vivere oltre i propri mezzi finanziari, dai dilettanti () fino alla nascente
SuperSerie A che loro amano chiamare “prima lega” sull’esempio inglese.
Nel rappresentare il Milan di Berlusconi e la Lega delle società, Galliani ha almeno il pregio di
non fare l’ipocrita: lui chiama il calcio un “prodotto” da destinare al “mercato”. Il fatto é che
questo nostro calcio sembra ora solo un mercato, non ancora un prodotto organizzato in base a
qualche regola di buon senso.
Sere fa, premiato a Grado, un campione come Gianfranco Zola ha confessato di essere molto
felice dei suoi sei anni appena giocati in Inghilterra per la “cultura” che ne ha ricavato. La chiave
sta tutta qui.
E’ chiaro come il sole che, da quando si é quotato in Borsa come fabbrica di spettacolo, il calcio
non può che far girare una montagna di soldi, come in Inghilterra o in Spagna del resto. E che
dunque ha sempre più fame di sponsor, di diritti televisivi, di telespettatori a pagamento, di
commercializzare il marchio, di abbonare il maggior numero possibile di spettatori allo stadio,
cioè di tutte entrate sicure.
Ma anche un fenomeno economico può esprimere una sua cultura, soprattutto se fatto economico
a naturale base popolare. Quando una partita diventa sistematicamente un problema di ordine
pubblico, significa invece che manca cultura di fondo. Ma se lo stesso organismo federale che
dovrebbe controllare a Roma la correttezza dei bilanci dei Club é sospettato di marciarci sopra,
vuol dire che anche il calcio comincia a puzzare dalla testa come i pesci.
Vogliono pensarci sopra seriamente? Forse qualcosa combinerebbero di duraturo. In caso
contrario, altro che Tar! Come giusto, i campionati li deciderà la Guardia di Finanza. E il peggio
lo troverà dalla B, compresa, in giù. Tempo al tempo e vedremo.
Eppure scommetto che la serie A 2003 – 2004 tirerà fuori un grande campionato. La follia italiana
– e mia – é proprio questa, di riuscire spesso a separare il campo da tutto il resto: a volte il gesto
calcistico scongiura perfino il becerume di certo pubblico. In una frazione di secondo sa gettare
nell’oblio anche Carraro & Matarrese. Se sia un bene o un male non so, ma così é.
Oggi occorre puntare tutto sui giocatori per una reazione a una fase tanto svergognata
dell’organizzazione cui prestano l’opera dei loro baciatissimi piedi. Voglio dire che, in una
congiuntura come questa, un pezzo del calcio deve per forza farsi carico di tutto il calcio.
Prendersi insomma sulle spalle la peggior annata dal 1946 in poi e gestire almeno la transizione
del tifo.
Questa operazione può riuscire soltanto ai calciatori, giocando meglio, simulando meno,
dimostrando di aver capito il momento anche a chi non l’ha capito. Sarebbe lo scudetto per tutti.