2001 Marzo 25 Etica e schèi

2001 Marzo 25 – Etica e schèi

Non si dice Nordest, ma “ricco Nordest”. Ricco funziona come un prefisso telefonico, oramai
obbligatorio.

Si scrive Veneto, si pronuncia “schèi”. Cinque anni fa, il fortunato libro di Gian Antonio Stella usò
“schèi” come titolo e marca di fabbrica.

L’ultimo gene del Nordest è: lavoro ergo sum; se lavoro è la prova che esisto. I schèi sono il frutto
maturo, anzi tardivo, buon ultimo al Nord.

Non poteva che essere così, dati i punti di partenza. Porto un esempio: ancora nel 1960, un comune
trevigiano come Sernaglia aveva 1240 emigranti su 5000 abitanti, cioè quasi l’intera popolazione
maschia adulta attiva. No comment.

I schèi sono orizzontali, tutto fresco del capitalismo dell’uomo qualunque. Questa è una ricchezza
capillare; prima era verticale, secondo ordine borghese: dai pochi di ieri ai tanti di oggi.

Di fronte ai schèi si fronteggiano due fondamentalismi. O i schèi sono tutto, il nuovo logo, il verbo,
il pensiero dominante. Oppure restano lo sterco del diavolo, la scorciatoia dell’inferno, il prototipo
del cinismo diffuso.

Nel primo caso, la tentazione è vecchia. Un secolo fa lo diceva già il citatissimo sociologo tedesco
Max Weber: il denaro è diventato uno “scopo a sè stesso”.

Nel secondo caso, la morale sembra riportare al vangelo, che al ricco concede pochissime aspettative
di paradiso. Sarebbe più semplice che un cammello passasse per la cruna di un ago.

Neo-utilitarismo e vetero-moralismo: stretti fra questi due ” ismi” senza sbocco, i schèi non fanno
cultura sociale. Alla lunga finiscono per sbiadire anche l’autostima che meritano in quanto risultano
di una fatica di massa.

La Fondazione Nordest segnala che oggi un quarto abbondante della popolazione attiva del Nordest
(28, 6 per cento) è un imprenditore o un lavoratore autonomo. Per dare senso al dato, basti ricordare
che la stessa percentuale è del 15 per cento in Europa e del 20 nei paesi industrializzati.

Bene. Un grande economista austriaco, Joseph Schumpeter, sosteneva che l’imprenditore è
naturalmente innovatore. E che, anzi, più un ordine sociale era in fermento o traballava, più
l’imprenditore aveva successo nel cambiare.

Se tutto questo resta vero, qui ti voglio, soprattutto a Nordest, perché qui i schèi sono nati ieri, non
saltano fuori da una consolidata tradizione di ricchezza. Di tipo californiano o renano, per dire.

Ai nostri schèi manca un’etica; Né la società né l’economia riesce a innovare il senso del benessere,
sicchè i schèi valgono tantissimo ma sono orfani di un valore che non si misuri con una sfilza di zeri.

E’ possibile un’etica dei schèi? A me sembra la questione più concreta e meno retorica, che tocca la
vita di tutti i giorni e che riguarda anche il grado di felicità sociale.

A qualcuno toccherà fare da cavia: l’esperienza insegna che, come laboratorio, il Nordest fa scuola.
Se i schèi non sono dio né il diavolo, andrebbe abbandonato questo binario morto. Subito.

A scanso di equivoci, i schèi non sono troppi; sono ancora pochi. Sono ancora pochissimi per troppa
gente della porta accanto, nuovi poveri più poveri dei vecchi poveri.

I vecchi poveri contavano almeno sulla consolazione di una società pauperistica, che faceva convivere
la pellagra con il buon Dio. Nella società del benessere, fondata sul reddito pro-capite e sul Prodotto
interno lordo, la povertà pesa dieci volte tanto, perchè esclude. Quasi ti fa sentire colpevole; di sicuro
non è mai consolatoria, anche se più sommersa, meno visibile ad occhio nudo.

I schèi non sono troppi, ma la ricchezza va distribuita meglio, dall’asilo fino alla casa di riposo.

Un premio Nobel per l’economia (l’indiano A. Sen) consiglierebbe di conciliare gli interessi
dell’efficienza con quelli dell’equità. Un professore di Princeton (l’americano W, Moore) avrebbe
suggerito limiti sociali alla razionalità dell’economia.

Non so; che ne so io? Credo di sapere almeno che un’etica dei schèi deve riuscire ad investirli nella
società, per organizzare servizi, nuova ricchezza delle Nazioni.

Proprio perché meritatissimi, i schèi meritano di reinventare uno stile di vita. Altro che Wall Street:
ci guadagneremmo tutti e a colpo sicuro. I schèi giusti.