2001 maggio 13 Normali

2001 maggio 13 – Normali

Il presidente Ciampi definisce “matura” la nostra democrazia, a riprova che il voto del 13 maggio
2001 non ha portato gli Unni a Roma. È cambiata maggioranza non repubblica, come sostiene lo
stesso D’Alema rifiutando la sindrome sinistra dell’“arrivano i barbari”.

Se il segreto della buona democrazia è l’alternanza, allora eccola: va al potere il centro (di destra)
dopo la sinistra (di centro). Fra cinque anni, si vedrà.

Piuttosto, è stramba un’altra faccenda. Il fatto che siano scesi in campo parecchi “intellettuali” con
una serie di appelli, petizioni, allarmi rossi da ultima spiaggia che, rispetto a Ciampi, incarnavano
tutt’altra filosofia.

Per quanto sincero, un atteggiamento questo più viscerale che intellettuale, anche molto datato e
consumato. Quasi si congedasse un mondo, non un assetto politico.

Oddio, Pier Paolo Pasolini dava per esaurita già nel 1968 la figura dell’intellettuale come guida
spirituale, soprattutto del popolo della sinistra. Ma non voglio perdermi in questo labirinto.

Mi limito a rimarcare la mancanza di sano disincanto in tanti intellettuali, per di più in un Paese
disincantato come il nostro.

Franati muri e ideologie, ristrutturati i termini “destra” e “sinistra”, modificati radicalmente i rapporti
tra politica ed economia, non si capisce bene come un voto politico avrebbe potuto riguardare anche
il grado di “civiltà” politica.

Da parte mia la vedo così. Anche quando, come domenica, vota con passione, l’italiano ben presto si
cautela e si prepara, né storico né illuso, a misurare i primi cento giorni di governo.

Machiavelli ci avrà pur insegnato qualcosa.

Anche se mai frigido politicamente, l’italiano compensa con lo scetticismo. Il senso tragico del voto
politico è morto nel 1948.

Almeno in questo, siamo normali da un pezzo.