2001 luglio 6 La prosperità

2001 luglio 6 – La prosperità

Rina Biz, cattolica doc che guida una straordinaria cooperativa di donne, mi dice: “i veneti
dovrebbero fare più figli. Oramai non è neanche una questione demografica, ma addirittura
antropologica: di questo passo, voglio dire, chi saremo?” Quesito più che fondato, il suo.

Ex sindaco, ex deputato leghista, ora candidato a rilanciare “Veneto Innovazione” in regione,
Giuseppe Covre sostiene – lui piccolo imprenditore del mobile – che produrre non è tutto nella vita,
non deve esserlo, e che dunque sarebbe ora di investire sulla qualità del prodotto. “A testa bassa –
osserva contro ogni fatalismo – non si va più da nessuna parte”.

La Biz vorrebbe più bambini, Covre meno capannoni. Pur partendo dall’economia, il secondo
finisce con il porsi la stessissima domanda della prima: a forza di importare lavoratori e di esportare
aziende, alla fine chi saremo? Domanda tutt’altro che scema, e che è di tanti.

In proposito, ho una sola opinione ferma, e cioè che indietro non si torna. Il capitalismo frena
soltanto quando va in crisi, nera, come nel 1929 con il crollo della Borsa di New York che
scombussolò il mondo. Tocco ferro.

Il sistema capitalistico si lecca democraticamente le ferite e riparte, mancandogli tra i suoi geni
quello della regressione. Già una stagnazione dello sviluppo suscita panico, e di massa.

Altra sistemi mancano all’appello della realtà, la sola, che conta. Del comunismo, sappiamo; quanto
alla “terza via” vagheggiata ciclicamente dalla Chiesa, risulta da tempo dispersa. Non resta che
lavorare nel capitalismo, che ha il pregio di elaborare gli anticorpi: si rimette ogni giorno in
discussione, per relativismo congenito.

Ovunque arrivi il benessere, lì diminuiscono le nascite. Particolarmente in questa fase storica, il
benessere si fonda poi sulla competizione dei capitali e del lavoro, beninteso, ma ancor più delle
tecnologie e dei saperi. A della del tedesco saggista H. M. Enzensberger tutti gli scolari dispongono
oggi di strumenti di calcolo che, una quarantina d’anni fa, nemmeno la Cia si sognava!

Lungi dal calmarsi, la competizione ci terrà sempre più sulla corda. Non chiedete a me fino a
quando, ma aumenterà ancora, e alcuni studiosi affermano anzi che siamo soltanto agli inizi.

Scendere dalla macchina è impossibile; si tratta di guidarla con senso forte del futuro. Il quale,
secondo un sociologo illuminato come Ralf Dahrendorf, si sintetizza in due termini: “Prosperità e
libertà” (da “Repubblica”).

Nemmeno i bimbi di Rina Biz e i capannoni di Bepi Covre sono una variabile indipendente. Solo
questo volevo dire.