1996 marzo 17 Da Motta a Paese
1996 marzo 17 – Da Motta a Paese: è ancora burocrazia assassina
Fra poco più di un mese andremo, se andremo, a votare sul nulla. L’Italia reale, le cose serie, i problemi
quotidiani, le aspettative dei cittadini, resteranno lontani dai seggi. Dal voto politico continuerà a uscire
sempre  la  stessa  Italia,  mai  riformata,  mai  aggredita  nei  suoi  cronici  punti  neri,  a  cominciare  dalla
burocrazia, che tutti li sintetizza e che spesso è anche assassina. Come l’anno scorso al semaforo di Motta
di  Livenza,  atteso  invano  per  undici  anni;  come  l’altro  ieri  a  due  passi  da  Treviso,  dove  un  deposito
chimico  palesemente  e  ufficialmente  pericoloso  aspetta  da  dieci  anni  di  essere  trasferito  in  un’area
disabitata. Ho cercato di capire, anche se capire non si può. Anzi, più i cosiddetti “responsabili” cercano
di  spiegare  perché,  più  l’accertamento  risulta  volatile.  Non  si  riesce  ad  afferrarne  il  senso.  Ci  sono  il
ministero dell’Industria, quello dell’Ambiente e quello degli Interni, la Protezione civile. Poi la Regione
Veneto, la Provincia di Treviso, il Comune di Paese, le commissioni regionali, i vigili del fuoco, il Ctr
ma non chiedetemi cos’è, la solita foresta amazzonica di competenze, di richieste per “delocalizzare” il
deposito di gas dal centro abitato, di incontri tecnici, di piani attuativi che non si attuano mai. Anche
questa una storia lunga dieci anni, con una popolazione più previdente degli stessi tecnici, più allarmata
delle Istituzioni, ma inascoltata. Gente che lavora, paga le tasse, continua nonostante tutto a votare e a
sperare, senza riuscire ad ottenere in tempi umani – non burocratici – ciò cui ha diritto: la prevenzione
nel nome della sicurezza collettiva. Non so nemmeno se sia formalmente giusto rivolgersi a lui, ma per
comodità mi permetto di chiedere al presidente della Regione Veneto Galan se sarà possibile in tempi
brevi capire come sono andati perduti quei benedetti dieci anni e se sarà possibile porvi rimedio in pochi
mesi. Mica per fare un favore al  sottoscritto; soltanto  per rispondere ai  familiari dell’operaio  Claudio
Mardegan, bruciato come un fiammifero, ai numerosi feriti, agli altri operai miracolosamente scampati
a un incidente che poteva trasformarsi in catastrofe, a tutta la comunità di Paese. I politici fingono di non
capire che il cancro d’Italia è la sua non-amministrazione. I cittadini invece lo capiscono benissimo, ma
non so fino a quando manderanno pazientemente giù tutto. 
17 marzo 1996