1996 febbraio 01 D’accordo presidente, ma il vero problema è il Nordest

1996 febbraio 01 – D’accordo presidente, ma il vero problema è il Nordest
Caro Presidente, sono io che ringrazio lei perché mi dà l’occasione di ritornare su un argomento che –
almeno credo – interessa all’intero Nordest. Non una questione personale di Marzotto, ma il peso e il
ruolo di un’area che gli stessi osservatori stranieri qualificano di punta.
La presidenza della Confindustria non è una poltrona come tante. Se conserva la sua totale apartiticità,
conta il doppio e garantisce al mondo produttivo una funzione di prima grandezza soprattutto oggi,
quando il centro del problema è economico, di politica economica e di equilibrio nella distribuzione
della ricchezza, del peso fiscale e dei sacrifici.
Dalla presidenza della Confindustria si possono influenzare un sacco di cose, anche nomine di vario
tipo. Tuttavia, affido la precedenza a quell’idea di ceto dirigente, che tiene in prima linea il mondo del
lavoro: la sola idea che possa saldare il profitto capitalistico all’equità sociale.
Chiarito questo, le do la parola d’onore che sono immune da campanilismo (del Nordest) e da culto
della personalità (di Marzotto)! Nel commento di domenica, ho piuttosto sottolineato quella che a me
sembra perlomeno un’incongruenza, cioè il fatto che a quest’area manchi il coraggio di trarre tutte le
conseguenze della sua forza. Anche attraverso una candidatura, altrettanto forte, a presiedere
Confindustria.
Pur mancando di ogni esperienza in proposito, ritengo che una candidatura di tanto spessore vada
preparata per tempo, con puntiglio, senza complessi verso nessuno. Lo so, lei ha sempre avvertito con
chiarezza di non avere il tempo sufficiente per guidare sia il suo gruppo sia Confindustria, ma ho la
vaga impressione che il Nordest non abbia fatto tutto il possibile per candidarsi alla leadership del
mondo imprenditoriale italiano.
Con una postilla. Lei incarna un grande Gruppo re il Nordest ha esaltato il portentoso modello della
piccola e media impresa. Si dà però il caso che l’uscita dello stato del debito e l’ingresso nel mercato
richiedano anche la fine della cultura delle agevolazioni.
Ebbene, da quando la conosco, l’ho sempre sentita combattere questo assistenzialismo che corrompe il
mercato ingrassando la spesa pubblica. Mi auguro che anche Giorgio Fossa se ne faccia bandiera. Se
non dal Nordest, almeno su delega del Nordest.

febbraio 1996