1996 aprile 26 Qui nessuno mormora

1996 aprile 26 Qui nessuno mormora

Già ieri il nostro inviato Giuseppe Pietrobelli ne aveva anticipato il succo, ma oggi riteniamo utile
pubblicare integralmente la lettera-documento di Marilena Marin a Silvio Berlusconi. E’importante
la data: 5 dicembre 1995.
Allora i sondaggi non lo dicevano, anzi ad Arcore si sfregavano le mani per le sortite di Boso e
Borghezio, “Fatti e misfatti” non ne lasciava passare una, Fede si divertiva un mondo, Sgarbi
tempestava, da un bel pezzo “Il Giornale” – come l’altra sera ha ammesso Vittorio Feltri –
considerava la Lega Nord morta e sepolta. Allora i sondaggi lo trascuravano, ma l’elettorato leghista
non aveva affatto smobilitato, come invano segnalava da Nordest la neo-forzista Marin al suo leader,
indicando percentuali profetiche, il 20%, il 30%…
Lettera vana la sua perché i grandi partiti, le grandi centrali culturali, lo schematismo intellettuale,
tutto porta invariabilmente al centro. I centri burocratici come il centro politico ignorano l’Italia dei
Comuni e delle autonomie, non hanno letto nemmeno Ghandi e Mao per capire che i destini di un
Paese – medio o sterminato che sia – di solito non abitano nelle capitali. Molto spesso prendono a
formarsi in periferia, da dove lanciano ultrasuoni: i veri animali politici sanno captare ciò che ai più
risulta impercettibile.
La Marin mandava segnali di fumo dal veneto, ma non poteva essere presa sul serio perché il Polo
ritiene, ieri oggi e domani, che gli bastino Berlusconi e Fini in tv. Al Polo mancano tanto
l’organizzazione della sinistra quanto la presa sul territorio della Lega: Forza Italia ha esasperato la
personalizzazione del leader quando, forse, si comincia a considerare la “cosa” più del “chi”. La
“cosa”, cioè le riforme.
Sta di fatto che il Polo, non soltanto Alleanza Nazionale, hanno offerto al Nordest – con rare eccezioni
– la seguente sensazione: il federalismo è l’ultimo pensiero del centrodestra, pura decorazione del
monumento al presidenzialismo, questo neo-centralismo (personale) calato sul vetero-centralismo
(statale). Su questo scenario, ha ragione la Marin, il nostro giornale ha giocato un ruolo.
Ruolo politico, non partitico, solo se per politica si intende ciò in cui abbiamo fermamente creduto in
questi anni: la nozione di Nordest, il federalismo come soluzione non come magia, il riformismo
senza trucchi, la radicale contestazione di questo Stato ostile al cittadino, la battaglia per
l’amministrazione assieme ai sindaci, con i Comuni, senza distinzioni tra regioni né all’interno né
all’esterno del Nordest, favorendo la cultura del lavoro e dell’impresa, qui capillari, diffusi, economia
sociale di mercato, tutt’altra storia dal liberismo con la fanfara, molto “ismo” e poco liberale.
Mi permetto di correggere soltanto un verbo (“ si mormora che…”) e un sostantivo
(“autopromozione”) usati da Marilena Marin per spiegare il “Gazzettino” a Berlusconi.
Tutto si è svolto esclusivamente sotto gli occhi dei nostri lettori nel tentativo – soltanto una speranza
– di autopromuovere il Nordest, attraverso le sue voci più innovative: la Lega, l’Ulivo di Cacciari, il
solidarismo cattolico alla Martini. Lo stesso Galan per le cose che promise fin dal primo giorno,
segnalando in pubblico e in privato il fastidio per quell’ampia parte del suo Polo sorda al federalismo
anche al Nordest.