1995 ottobre 29 Leader o Mr Fininvest

1995 ottobre 29 – Leader o Mr Fininvest

Silvio Berlusconi si è paragonato a Biancaneve e a madre Teresa di Calcutta. Se continua di questo passo,
riscriverà presto il Cantico dei Cantici. La politica italiana gira da un anno e mezzo attorno al signor
Fininvest ma sembra avergli insegnato troppo poco. E più Berlusconi rifiuta i conti con la realtà, più
butta al vento anche quel che fece di buono. Val la pena di ripetere per l’ennesima volta che, dopo lo
sfacelo di Dc & Psi, Berlusconi ebbe un lampo di genio nel capire al volo che gli si era spalancata una
voragine elettorale: 1 italiano su 4 si sentiva orfano di partito. Forza Italia evitò che l’Italia finisse
governata dal Pds di Occhetto. Con tutto il rispetto, sarebbe stata una sciagura, tant’è vero che la sinistra
s’inventò l’Ulivo con un leader post-democristiano come Prodi. A riprova che lo stesso Pds di D’Alema
considerò insufficiente la svolta di Occhetto: per candidarsi a governare occorreva allentare l’egemonia
di Botteghe Oscure, allearsi con il centro, sbiadire via via la “diversità” per adottare senza esitazione la
“normalità”. Storia di questi giorni. Ma Berlusconi si è fermato a quello schema, forse rimpiange
Occhetto che gli consentiva un gioco rozzo quanto semplice: il (presunto) “nuovo” contro i (presunti)
“comunisti”. A spiazzare Berlusconi è stato Dini. In politica, se si vuol essere coraggiosi, bisogna fare i
conti fino in fondo, non a metà. Quando accusa Dini di essere diventato “di sinistra”, il Polo dovrebbe
domandarsi perché. Questo il punto decisivo. Chiedersi perché l’ex-ministro del Tesoro del governo
Berlusconi, l’uomo del rigore, il più detestato da Rifondazione Comunista, abbia potuto realizzare questa
mutazione genetica. Il fatto è che oggi Berlusconi finisce con il cementare il centro-sinistra più dello
stesso centro-destra! Nonostante l’apparenza, funziona ancora come bersaglio, meno come leader. È
impensabile che Berlusconi possa affrontare una normale carriera politica (capo del governo) o
istituzionale (capo dello Stato) finché continua a usare il suo polo televisivo come arma del suo polo
politico. O sceglie la strada dell’uomo di Stato o quella di Fede, Liguori, Ferrara, Sgarbi: in una
democrazia moderna questo matrimonio non s’ha da fare. Per buon gusto. Il conflitto irrisolto rende
patologica l’atmosfera politica. Per il centro-sinistra Fini rappresenta un avversario, agli antipodi
politicamente ma un avversario. Berlusconi no, resta il Nemico, simbolo di un clan aziendale, di un
privilegio televisivo, della fuga dalle regole. Dini sta dimostrando che la statura politica si può costruire
anche senza gli spot, senza le reti in servizio permanente effettivo, senza i consigli per gli acquisti
elettorali. Ma proprio perché uomo che viene dal Polo, rende più palese ciò che si può e ciò che non si
dovrebbe. Qui nessuno è Biancaneve e, per favore, lasciamo in pace Teresa di Calcutta, se non vogliamo
bestemmiare. Questa è politica e Silvio Berlusconi deve decidersi a farla alla pari togliendo agli avversari
il pretesto per non riconoscerlo. O sarà così o non ci libereremo più di questa malattia.

29 ottobre 1995